Recensione film “Nico, 1988”, per la regia di Susanna Nicchiarelli
Donna e musa Il senso di una vita
Da “Gandhi” di Attenborough al “Pasolini” di Ferrara, da”TheDoors”di Stone alla “Jackie” di Lorrain il risultato di una fiction sulla biografia di personaggi celebri in due ore di film si decide nel punto di vista e nella scelta del mattatore per il ruolo. Ma Nico chi era? Una irripetibile voce generata da una bellezza più che afflitta torturata da una visione del mondo non proprio luminosa, carica di scuotimento, abbandono, ribellione, vedi ogni sua canzone. Smontando i cliché (sacerdotessa delle tenebre, musa di Warhol), la coinvolta, ma non abbagliata, Nicchiarelli sceglie a tagli netti gli ultimi due anni, ’86-’88, quando Nico è la somma di un grande, perduto passato di élite culturali underground e insieme la madre tossicodipendente di un ragazzo suicida senza padre (era Alain Delon). Scansati gli equivoci del biopic e del ritratto d’artista, con la performance immersiva della Dyrholm (canta lei) l’insieme tende al senso di una vita, che decide anche il senso di una morte, e si avvicina all’idea che il corpo è il senso. Vincitore di Orizzonti a Venezia.
Silvio Danese
Titolo originale: Nico, 1988
Nazione: Italia, Belgio
Anno: 2017
Genere: Drammatico
Durata: 93′
Regia: Susanna Nicchiarelli
Cast: Trine Dyrholm, John Gordon Sinclair, Anamaria Marinca, Sandor Funtek II, Thomas Trabacchi, Karina Fernandez, Calvin Demba, Thomas Trabacchi