Prima visione: Menocchio


Recensione film “Menocchio” per la regia di Alberto Fasulo

UOMINI DI DIO TRA DOGMI E FEDE
«Quest’uomo dev’essere estirpato». Galera e catene nella luce di Rembrandt. La tenebrosa battuta di un santo inquisitore nella tenebrosa vicenda del mugnaio eretico Scandella detto Menocchio suona viva anche oggi, tempo forcaiolo per differenze religiose e razziali. Lucido e insieme istintivo istigatore di contraddizioni tra dogmi e fede, uomo, chiesa e dio, a fine ‘500 fondò una comunità smantellata dopo una prigionia qui sviscerata nella luce della persecuzione e dopo un processo ritratto dai documenti (efficace la scena nel refettorio). Bresson e Dreyer, Rossellini e Cavalier, e un’ostinata, giusta, essenzialità audiovisiva per ricreare tempo e spazio: con questo bagaglio Fasulo ha avuto merito e fortuna trovando un archetipo nel volto eremitico di Marcello Martini.
Sepolcrale e illuminante.

Silvio Danese

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Titolo originale: Menocchio
Nazione: Italia, Romania
Anno: 2018
Genere: Drammatico
Durata: 103′
Regia: Alberto Fasulo
Cast: Marcello Martini, Maurizio Fanin, Carlo Baldracchi, Nilla Patrizio, Emanuele Bertossi, Agnese Fior, Mirko Artuso, Giuseppe Scarfì, David Wilkinson, Roberto Dellai, Gino Segatti

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