L’ultima corsa di Cristiana Romboli


Festa di mezza estate, un sole già alto infiammava Livorno fin dall’alba, ora in cui, come al solito Giovanni metteva in moto il suo taxi, il numero otto, e partiva alla volta del porto, direzione “i vapori”. Con questo nome un tempo si usava chiamare le grosse imbarcazioni, le odierne navi da crociera. Ogni mattina sbarcava un flusso enorme di turisti accaldati ma pronti a visitare le più importanti città d’arte toscane. All’imbarco quello che si consumava tra i tassisti era una specie di rito, ognuno metteva su un foglio di carta il proprio nome per poi estrarre di volta in volta chi sarebbe stato il primo a “caricare”, il secondo, il terzo… Era uno spettacolo vedere questo brulicare di uomini che al mattino presto, sotto un sole già alto, “trattavano” tra loro per decidere a chi spettasse la “corsa” migliore, la più remunerativa. Discutevano animatamente,poi tornavano a ridere e far pace, insomma, c’era vita . Spesso per l’occasione ricorrevano anche a portafortuna che avevano funzionato in passato o addirittura mettevano in pratica riti scaramantici come il lavare l’auto prima dell’imbarco. Il molo in realtà era anche il luogo dove i tassisti socializzavano prima di prendere il largo per le più diverse direzioni. Spesso si raggruppavano su una unica auto dove in attesa di imbarcare ascoltavano musica, cantavano insieme sulle note di qualche canzone di successo. Tanti uomini dai vestiti variopinti ed estrosi, tante storie di vita che avevano poche occasioni di incontrarsi e confrontarsi se non in rari momenti come quello dell’attesa di clienti. Si conoscevano per lo più da molto tempo, c’era chi discendeva addirittura da una generazione intera di tassisti e conoscevano sommariamente anche le proprie vicissitudini. Giovanni era reduce da un matrimonio quasi ventennale finito male, si diceva per le distrazioni della moglie. Separandosi aveva portato via non solo un carico di oggetti personali ma anche tanta paura di rimettersi in gioco nella vita privata, preferendo un’esistenza solitaria e tanta incertezza verso il futuro. Roberto, invece era più giovane e, chiusa una parentesi sentimentale sfortunata si preoccupava principalmente di aiutare una figlia difficile che sembrava spesso prendere strade sbagliate . Lui stesso del resto avrebbe avuto bisogno di aiuto, era un uomo in difficoltà assalito spesso dall’ansia del futuro. La vita dei tassisti non era certo appagante in quanto oltre al ruolo di autisti pronti a partire di corsa ad ogni chiamata c’era ben poco di altro se non sostenere carichi familiari pesanti. Non si concedevano certo grandi svaghi o divertimenti se non talvolta soste in luoghi piacevoli dove, aspettando un cliente, si fermavano per un pranzo più ricercato e un’ occhiata al paesaggio. Quel giorno di ferragosto non era diverso dagli altri, dopo aver atteso ciascuno il proprio turno anche Giovanni caricò sul suo taxi un gruppo di turisti americani che volevano visitare Pisa città d’arte famosa nel mondo. Così, inserita la marcia,il gruppo vociante partì entusiasta .Per Giovanni tutto quel frastuono era abituale visto che ripeteva quasi ogni giorno in estate questi itinerari ed era solito controbattervi con una guida silenziosa immergendosi nei propri pensieri. Il percorso era per lui ben conosciuto, giro della città, lungarni e poi puntualmente la sosta più lunga nella celebre piazza. Talvolta aspettava anche per ore Spesso c’era tempo per una pausa pranzo anche per lui o un gelato all’ombra di un brulicare di persone di passaggio. Entusiasmo e gran movimento sotto un caldo torrido. Finalmente il ritorno verso Livorno dove scendevano non senza trattare per il prezzo della “corsa” . Gran parte della giornata era passata così anche per Giovanni, immerso nel rumore, nella curiosità, nelle voci. Quella sera infatti, stanco, era incerto se tornare direttamente a casa. Era ormai l’imbrunire, quando dal radio taxi colse al volo una corsa facile, così sembrava; un cliente chiedeva di essere portato direttamente ad una destinazione. Giovanni partì e arrivato all’indirizzo trovò un uomo sui sessanta anni,vestito in modo curato, in uno stile passato la giacca scura un po’ ingrinzita e una camicia chiusa fino all’ultimo bottone. Pantaloni in tinta ,pettinato con cura, solo le scarpe erano molto consumate e un vecchio modello di borsello scolorito dove teneva appunti e indirizzi. Salì sul taxi con l’aria svagata di chi è assorto nei suoi pensieri e indicò a Giovanni una destinazione. La zona era un po’ fuori mano, non facile da trovare, fuori dalla città e poco frequentata, richiesta insolita. Arrivarono comunque velocemente ad un gruppo di case fino a che l’uomo indicò di fermarsi ad una specie di casolare semidiroccato e lo fece con una voca roca, quasi radiofonica, caratteristica di chi ha subito interventi alle corde vocali e fa sforzo a parlare. Probabilmente, pensò Giovanni, quella maglietta bianca che si intravedeva sotto la camicia copriva le tracce lasciate dalle mani del chirurgo. Arrivato di fronte alla casa l’uomo chiese di attenderlo, che avrebbe pagato il tempo di sosta . Scese e con andatura sicura andò incontro ad una anziana signora che lavorava in giardino, alla quale faticò non poco per far capire chi fosse e che in passato si erano conosciuti, anzi frequentati con le reciproche famiglie. Per tutta risposta la donna dopo averlo ascoltato rimase interdetta dispiaciuta di non poterlo aiutare, lo salutò gentilmente ma con diffidenza. Un po’ deluso l’uomo salì di nuovo sul taxi deciso a non abbandonare la insolita ricerca di persone appartenute al suo passato. Per qualche strano motivo aveva fretta di rintracciare, di salutare, di essere riconosciuto, quasi questo gli confermasse una identità che gli sfuggiva di mano. Chiese quindi di nuovo a Giovanni un indirizzo, volle fermarsi questa volta nei pressi di una palazzina stile liberti. Alla sua chiamata si affacciò un uomo, anziano anch’egli. Parlarono per un po\’ e anche qui il nostro mostrò foto e indicazioni a testimoniare la loro conoscenza questa volta con successo perchè dopo un ascolto interessato l’anziano si sciolse in un abbraccio. Evidentemente fu certo di aver riconosciuto questo amico del passato. Finito anche questo incontro, mentre il taxi aspettava pazientemente, l’uomo indicò l’ ultima meta, casa sua .In breve raggiunse infatti un palazzo un po\’ ai bordi del centro storico, stile insolito e architettura datata. Lì, dopo aver aperto a fatica un grande portone metallico a vetri scuri, Giovanni vide prima entrare e poi a poco a poco scomparire la sua figura su per le scale. L’insolito viaggiatore usciva di scena proprio quando il sole implacabile della giornata finalmente cessava di infuocare cose e persone . Insieme a una giornata che finiva si chiudeva anche l’ultima malinconica corsa del taxi, entrambi arrivati a destinazione, almeno per ora.

Cristiana Romboli

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