di Serenella Menichetti
Rita dormiva nel suo letto. Il volto sereno come quello di una bambina chissà cosa stava sognando in quel momento….suo malgrado si svegliò.
Il sole entrava dalle feritoie delle finestre, il suo bagliore rifletteva nelle gocce del lampadario scomponendosi in una miriade di luci colorate, che formavano sulla parete un prezioso luminoso ricamo. Rita come ogni mattina si soffermò a guardare quegli affascinanti ghirigori che le ricordavano le decorazioni dei vasi cinesi.
Il sogno aveva lasciato in lei una gioia immensa, ed una dolcezza, che non assaporava da molto tempo.
In un attimo grigi nuvoloni coprirono il cielo e la luce si spense. L’angoscia tornò ad albergare nel suo animo. Ricordi neri, le sfilarono davanti come fotogrammi.
Tutto era precipitato, quando Rita aveva scoperto di aspettare il bambino.
Doveva abortire, non c’era altra via d’uscita tutto poi sarebbe tornato come prima.
Si ricordava quando aveva salutato Tatumi, il cui sguardo disperato le era rimasto nel cuore. Le aveva dato quel pacchetto incartato con tanto amore che lei non aveva nemmeno guardato.
Si era diretta in quel laboratorio in uno dei vicoli di Bangkok, senza pensare. Era entrata come un automa, ciò che era accaduto dopo, non le apparteneva. Poche ore e si era liberata per sempre.
Il giorno seguente aveva preso l’aereo ed era tornata in Italia. Lasciando tutto alle sue spalle.
Si infilò frettolosamente la vestaglia, scacciando quei pensieri e rabbrividì Poi accese la Moka aspettò che la bruna aromatica bevanda, suonasse la musica di sempre, si versò due tazze di caffè bollente, si cambiò, mettendo un paio di jeans e la felpa glicine. Subito dopo si mise al lavoro. Il pennello intriso di colore, accarezzava la pura seta bianca, rianimandola. disegni armonici uscivano da quei pennelli, per entrare nella delicata trama di quella preziosa stoffa, facendola brillare di una luce magica.
Rita doveva terminare, alcuni scialli da sera che le erano stati commissionati, da una famosa casa di moda da consegnare indiscutibilmente quello stesso pomeriggio.
Lei, amava moltissimo il suo lavoro, che svolgeva senza grossi sacrifici, anzi quel rapporto con il colore, le forme l’armonia, contribuiva a rilassarla. Mentre era occupata nelle rifiniture suonò il campanello della porta. Lalla, la gatta acciambellata sul cuscino si svegliò di soprassalto emettendo un miagolio scomposto, i peli le si drizzarono sul corpo, facendola assomigliare ad un grosso riccio. Rita, guardò dall’occhio della porta e notando che era la vicina di casa aprì. Emy la giovane ragazza asiatica che viveva nell’appartamento di fronte era leggermente agitata, diceva di aver fatto un brutto sogno. Rita intenerita dalla sua aria smarrita la fece entrare offrendole un succo di frutta, che Emi bevve tutto di un fiato, poi si mise a parlare del sogno che l’aveva sconvolta. Raccontava di draghi, di creature capaci di trasformarsi in animali, di stregoni, di maledizioni e di lupi mannari. Rita la ascoltò, notando il lato comico che emergeva da quella strana conversazione, soprattutto mentre Emy raccontava confusamente il sogno, con il suo buffo accento . Pensava di scoppiare in una grossa risata da un momento all’altro, ma il terrore che le lesse negli occhi la trattenne dal farlo e lasciò che la ragazza si sfogasse. Quando finalmente i suoi occhi si acquietarono, Rita, tirò un sospiro di sollievo. Le propose di rimanere a farle compagnia, mentre lei dipingeva. Quindi riprese i pennelli mentre Emy si mise ad osservarla tranquillamente. Appena terminate le rifiniture al disegno su uno scialle di seta, Rita lo mostrò ad Emy, era venuto un bellissimo lavoro, di cui essere fiera, il fiore fantastico da lei creato era una meraviglia così circondato da arabeschi dorati, sembrava un grosso medaglione decorato. “Allora Emy, che ne dici, ti piace?” Chiese Rita mostrandole, lo scialle terminato. Emy fissava l’oggetto in modo curioso, poi impallidì, dalla sua bocca uscì un grido soffocato, si buttò sul divanetto a righe gialle e respirò. I suoi occhi a mandorla erano ancora più terrorizzati di quando era arrivata. Rita non riusciva a capire per quale motivo adesso fosse così ulteriormente spaventata. Emy poi, ammiccando lo scialle, disse: “ E’ uguale, è identico a quello che indossa la ragazza del sogno. “Ancora quel brutto sogno”disse Rita.” E’ venuta a trovarmi avvolta da quello scialle e la cosa spaventosa è che in braccio teneva un feto. Ho ancora le sue urla nelle orecchie e quello scialle con quello strano fiore non lo dimenticherò mai.” Rita era un po’ scossa, da tutto ciò e continuò ad esserlo mentre Emy aggiungeva nuovi particolari. Diceva che la ragazza le narrava di essere vittima di una maledizione ad opera di uno stregone taoista e la implorava di aiutarla, però subito dopo svaniva mentre il suo scialle volava in alto nel cielo, rimanendovi come un aquilone, senza filo.” Infine, Emy si svegliava, sudata e piena di agitazione, rimanendo per tutto il giorno nell’angoscia per non aver saputo dare un aiuto a quella ragazza. Un incubo che si ripeteva, lasciandola spossata.
Due occhi verdi intanto, assistevano sconvolti alla scena, leggendo ‘inquietudine e disperazione negli occhi di Emy e sconcerto in quelli di Rita.
All’ora di pranzo, la giovane decise di tornare a casa, salutò l’amica e se ne andò. Rita si mise a fermare la stampa dei dipinti, era in preda all’inquietudine, ma doveva terminarli.
Gli occhi verdi fissavano i suoi movimenti, con astio e rabbia, “ Come era stato possibile sopprimere freddamente una vita.” pensava la creatura dallo sguardo magnetico. Come la odiava! La sua rabbia era dovuta soprattutto al fatto di non essere stata in grado di procreare.
Era riuscita però a trovare il modo di placare la sua ossessione, di raggiungere quello che era diventato l’unico scopo della sua esistenza. Riuscendo a raggiungere quel barlume di felicità, pagato, poi così duramente.
“Lei che in fondo aveva dato il suo aiuto ad una moltitudine di ragazze, “di sciagurate” lei così definiva coloro che le si rivolgevano, per liberarsi di quelle potenziali creature definite, niente altro che delle palle al piede.
Era riuscita a farsi impiantare nel suo utero quell’embrione. Per questo, poteva ringraziare lui, Jeff, suo collaboratore in quel laboratorio. Impianto riuscito.
“Dove non arriva la chirurgia, arriva la magia” soleva spesso ripetere quel mago/chirurgo.
Lei era nata: splendida creatura, bella, sana. Un anno di enorme felicità insieme. Finché quel mostro di jeff, era intervenuto…. Un sortilegio l’aveva ridotta così, solo perché si era rifiutata di condividere un’esistenza sentimentale con lui.
Così, quando la piccola ebbe un anno, dovette lasciarla…. Aveva assistito a quella scena, affranta, invisibile e impotente. Gli assistenti sociali, erano venuti a prelevare la sua bambina, strappandogliela dalla culla, avvolgendola nel suo scialle di seta.
Rita, intanto piegava i capi pronti, quando si diresse nell’altra stanza per prendere la carta ed impacchettarli, la creatura si sedette sulla sedia vicino al tavolo e vide lo scialle, con dipinto quel talismano. Era sul tavolo davanti a lei! Ebbe un sussulto, la fessura dei suoi occhi si spalancò e ricordò le parole di Jeff:- “Solo quando ritroverai lo scialle riprenderai le tue sembianze.”
Come avrebbe fatto a sottrarlo a Rita? Pensò. Capì che era quello il momento di agire, quindi con un balzo lo tirò giù dal tavolo. Lo scialle cadde a terra adesso, assomigliava ad un grande uccello con le ali spalancate. Così lo trovò Rita. Esso aveva perduto la sua freschezza, quindi lo raccolse e lo pose sulla spalliera del divano decidendo di consegnare solo gli altri.
Quella circostanza favorì la creatura che, appena Rita uscì di casa, approfittò per saltare sul divano. Lo scialle le cadde sul corpo, avvolgendola interamente. Pochi minuti di attesa ed il sortilegio svanì e finalmente tornò, nei suoi panni, così, uscì per sempre da quella casa.
Rita, dopo aver consegnato i lavori tornò a casa. L’accolse un insolito silenzio. ” Dove si sarà mai nascosta quella birba di gatta” si trovò a pensare. Dopo aver ispezionato in lungo e in largo, le stanze interne, decise di rivolgersi ad Emy. Suonò il campanello ma anche la vicina non sapeva niente dell’assenza della gatta. Rita colse l’occasione per invitarla a cena, Emy non se lo fece ripetere più di una volta. Pranzarono insieme in armonia, come si conoscessero da sempre. Emy era molto simpatica e Rita altrettanto contenta di averla come vicina di casa. La giovane amica riuscì a distoglierla anche dal pensiero della mancanza della sua gatta che, sicuramente sarebbe tornata. Si salutarono, con la promessa di rivedersi l’indomani.
Rita, passò nel laboratorio per chiudere le persiane, lo scialle di seta bianca, da lei dipinto attirò la sua attenzione, disteso così sulla spalliera del divano, evidenziava tutto il suo splendore, il grande fiore di loto dipinto al centro sembrava vivo, tanto che a Rita parve di coglierne il delicato profumo.
Ed in un attimo decise che l’avrebbe tenuto.
Serenella Menichetti