Lo chiamai amore
Lo scorsi in un giorno di afa,
traboccare dal lago scuro, dei tuoi occhi.
Lo chiamai Amore.
Dopo mi accorsi che era veramente il suo nome.
Mi bastava possederne una goccia, solo una.
Che fosse pura, trasparente.
Come il rubino della tua bocca.
Una coppa vermiglia mi dissetò.
Trangugiammo, insieme, a baci ardenti,
una, cento, mille gocce d’amore.
Sapevano di acqua cristallina e di vino fruttato.
Profumavano di mare in tempesta e resina di pino.
Nella magia della passione
Intrecciammo i nostri fluidi
con alghe marine e con nastri di nuvole.
Ubriachi ci addormentammo,
in mezzo a boschi di larici e betulle.
E continua la sua corsa il ruscello,
nell’oceano dei giorni, ancora e ancora.
Talora gonfio e d’acqua ricco.
Talora filo minuscolo d’argento.
Ed incessante erode la sua roccia
e la trasforma in ciottoli sottili.
E noi spinti dal vento del tempo
nel lento e svelto fluire della vita
ci ritroviamo in verdi praterie
dove cogliamo frutti d’oro e bianchi fiori,
ed in deserti infiniti dove per sopravvivere
irrighiamo la siccità col nostro amore.
Adesso in questa triste stagione
dal sapore amaro come fiele.
Attingiamo dolcezza da questo prodigioso calice,
che ad ogni tuo tenero sguardo
e ad ogni carezza, si riempie d’ambrosia.
SERENELLA MENICHETTI