A cura di Augusto Benemeglio
MATILDE
Alla prima moglie, Delia del Carril, dama dell’alta borghesia argentina ,raffinata pungente intellettuale , Pablo Neruda faceva credere che lo aspettavano i suo amici del partito comunista per l’ennesima riunione. Mentiva spudoratamente. Uscito di casa , s’infilava nelle stradine di “Bellavista” , quartiere bohèmien di Santiago , su per le viuzze che salgono al Cerro San Cristobal ; in una casa ancora piccola , nascosta, alla fine di un vicolo cieco, lo aspettava Matilde Urrutia , semplice donna del sud cileno, figura misteriosa, la donna dai capelli rossi e scompigliati , la “chascona”, ossia la spettinata , alla quale Pablo dedicò i “ cento sonetti d’amore”:
Se non fosse perché i tuoi occhi hanno color di luna,
di giorno con argilla, con lavoro , con fuoco,
e tieni imprigionata l’agilità dell’aria….
Bugie e sotterfugi andarono avanti dalla fine degli anni quaranta e la storia era continuata anche quando lui era in esilio ( i versi del capitano , scritti a Capri , Pablo non li firmò proprio per rispetto alla moglie:
“E lì il nostro amore fu la torre invisibile
che trema nel fumo…
Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell’erba
LA CHASCONA
E anche dopo il suo ritorno in Cile, nel 1952, fino a quando l’autista di donna Delia , che era all’oscuro di tutto, fece la spia, la moglie, orgogliosa com’era, volle subito tagliare i ponti con Pablo, e lo mandò ” a scoa’ el mar!” . Allora Neruda si trasferì definitivamente alla CHASCONA , la casa dove Matilde ha lasciato la sua impronta , con tanti oggetti del design degli anni cinquanta e sessanta,ma anche i suoi odori, i suoni gli echi di una grande passione.
…da sud a sud alza i tuoi occhi indelebili, /
da sole a sole suoni la tua bocca di chitarra
Non voglio che vacillino il tuo riso né i tuoi passi,
/non voglio che muoia la mia eredità di gioia,
ISLA NEGRA
Per il centenerio della nascita di Neruda , le Tre case di Neruda son divenute musei, gestite dalla Fondazione Pablo Neruda .Infatti , oltre alla “Chascona”, Neruda aveva altre due case: la “Sebastiana”. a Valparaiso , la città portuale , sita ad un centinaio di chilometri da Santiago, la città dei poeti e dei marinai, che sempre lo aveva affascinato. Si perdeva nei mercatini di Valparaiso , comprava aste e maschere di prua delle navi, polene , che adorava. Infine la casa di “Isla Negra “ , la più celebre , sita in un villaggio di pescatori sulla costa, più o meno alla stessa distanza dalla capitale, era una casa scenografica , dinanzi al pacifico , come una nave in attesa di essere varata , costruita in pietra pino e eucalipto; e qui la poesia venne a cercarlo :
“ Io non sapevo che dire, la mia bocca/
non sapeva /
nominare/
i miei occhi erano ciechi
/ Qualcosa batteva nella mia anima
/febbre o ali perdute…”
Qui Neruda scrisse la maggior parte delle sue poesie; qui visse gli ultimi mesi drammatici della sua vita, quando era malato di cancro e dovette ascoltare dalla televisione il giorno del golpe di Augusto Pinochet , l’11 settembre 1973.
IL COQUELON
Ma le tre case di Neruda non rappresentano solo lo spunto per curiosi aneddoti, sono parte viva dell’immaginazione del poeta, sono luoghi in cui Pablo scrisse la maggior parte delle sue poesie.
Tutte e tre in comune hanno il bancone del bar , dove Neruda , travestito da barman , preparava per gli amici il mitico “Coquelon” , a base di cognac, cointreau , champagne e succo d’arancia. A Neruda piaceva giocare e diceva che l’uomo che non gioca ha perso il bimbo che viveva in lui e questa cosa è grave, gli mancherà molto nel corso della vita:
Io me la rido
/ sorrido dei vecchi poeti/
che dicono come dev’essere la poesia/
io adoro tutta la poesia/
tutta la rugiada/
luna, diamante, goccia/
d’argento sommerso.
Augusto Benemeglio
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