BRET EASTON ELLIS
“Oh Dio”, ha detto Donald con un gemito.
“Stai zitto prima che ti prenda a schiaffi”, gli ho detto. “Guarda. Non è morto”.
“Ragazzi, non c’è battito, niente pulsazioni. Pupille dilatate”. Il medico ha ansimato nello sforzo di tirarsi su, poi, indicando Harry, “Quel ragazzo è morto”.
Nessuno di noi ha parlato. Ho dato un’occhiata a Raymond, che non sembrava più tanto preoccupato, e lui mi ha lanciato uno sguardo che voleva dire questo-ciarlatano-è-un-lunatico-del-cazzo-andiamocene-fuori-dai-coglioni-via-di-qui. Donald’era ancora sconvolto, ci volgeva la schiena. L’infermiera stava guardando sulla scrivania, disinteressata.
“Non so che dirvi, ragazzi”, ha detto il medico. “Ma il vostro amico è morto. Semplicemente non è vivo”.
Harry ha aperto gli occhi e ha domandato: “Non sono morto, vero?”
Donald ha gridato.
“Sì che sei morto”, ha detto Raymond. “Stai zitto”.
Il medico non è sembrato troppo sorpreso per le condizioni di Harry e ha grugnito mentre si inginocchiava vicino a Harry per sentirgli di nuovo il polso. “Ve lo dico io, non c’è polso. Questo ragazzo è morto”. Diceva tutto ciò anche se gli occhi di Harry si erano aperti, con un battito di ciglia. Il medico ha usato ancora una volta lo stetoscopio. “Non sento niente”.
“Aspetti un minuto”, ho detto. “Uh, ascolti dottore. Penso che ci riportiamo a casa il nostro amico, okay?” Mi stavo accostando a lui con cautela. Sapevo che eravamo nell’inferno degli ospedali o qualcosa di simile. “Come dire, va bene per lei?”
“Sono morto?”, ha domandato Harry, tutt’a un tratto s’era riavuto, sembrava migliorato.
“Ditegli di star zitto!”, ha gridato Donald.
“Sono quasi certo che il vostro amico è morto”, ha grugnito il medico, un po’ confuso.
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