Le pillole di Nietzsche


Il superuomo

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(« Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! »)
Il 12 gennaio 1883, a Rapallo, Nietzsche, scrive di getto la prima parte di “Così parlò Zarathustra”, un libro “totem” , che avrà un’eco vastissima in ogni ambito (la morte di dio, la volontà di potenza, il superuomo, etc, ma è da vedere soprattutto come presagio poetico di una nuovissima balenante inquietudine , di una tragica crisi e di un profondo rivolgimento  della cultura europea . Chissà come, quel libro mi capitò tra le mani a diciotto anni ,e me lo tenni nascosto, come qualcosa di proibito e pericoloso , in uno stipetto di Gruppo Nul La Spezia, la mia prima destinazione da marinaio appena uscito dalla Scuole CEMM. Lo lessi e lo rilessi, come un vangelo, poche righe alla volta, da meditare ogni sera prima di andare a letto: lo suggevo come un ape i fiori, ma in realtà non è che ci capissi molto più di nulla. Ero affascinato , sedotto, ma impreparato a tale cimento. Alla fine si rivelò una buona pillola per conciliare il sonno, diversamente dai romanzi di Cronin e quelli americani ,che allora prediligevo: Caldwell, London, Hemingway, Anderson, Faulkner, soprattutto Steinbeck. Tuttavia quando ,qualche anno dopo, fui imbarcato su Nave  Etna, fu uno dei pochi libri che portai con me, anche perché quasi tutti gli altri che avevo letto li prendevo alla Biblioteca Marinai.

Il Battaglione San Marco

La nave su cui m’imbarcainel 1965 era una di quelle immense vecchie carcasse che ci avevano regalato gli americani, e su cui erano stati imbarcati vent’anni prima , nel 1944, i marines del “Soldato Ryan” per lo sbarco sulle spiagge della Normandia , carne da macello per le batterie dei tedeschi. Era una nave ausiliaria , con tutti i suoi gloriosi “mezzi da sbarco” , composta da un equipaggio variegato e  mostruoso, (eravamo più di mille su quella bagnarola) , che la Marina utilizzava in massima parte, per le esercitazioni  dei nostri marines, ovvero i marinai del “Battaglione San Marco”  , tutti molto “fisicati” (l’altezza minima era un metro e settantasei , e allora era una bella misura) , e molto motivati, per non dire “montati”. Mi ricordo in particolare di un maddalenino, con il quale ci ritrovammo qualche anno dopo in Accademia Navale, a Livorno, entrambi Ufficiali, che si sentiva un po’ John Wainee  un po’ Rambo . Lui mi ricordava ,per dedizione fanatica alle regole della disciplina, “Zarathustra” , il superuomo nietzchiano, che ora tenevo sotto il cuscino, al terzo piano delle cuccette del dormitorio marinai , insieme ai “Fratelli Karamazov” di Dostoevskij: erano due opposti, due totem della letteratura mondiale , che io continuavo a leggere con sempre maggiore interesse e passione.

La morte di Wagner

Il primo febbraio 1883 FriederichNietzsche annuncia al suo amico Gast la stesura del suo “Vangelo”, che sarebbe durata dieci giorni senza sosta, chiuso in una cameretta di una pensioncina di Rapallo. Pochi giorni dopo, il 13 febbraio , mentre stava scrivendo il saggio “Sull’elemento femminile nella specie umana”, Wagner viene colpito da infarto e muore improvvisamente a  Venezia, destando un enorme stupore in tutta europa. Nietzsche apprende la notizia il giorno dopo, mentre si trova occasionalmente a Genova, in una libreria; si sente venir meno, quasi sviene. Corre subito in albergo e per l’agitazione gli viene un febbrone, si mette a letto per qualche giorno, poi il 19 febbraio scrive di nuovo a Gast:”Io credo addirittura che la morte di Wagner sia stato il miglior sollievo che potesse toccarmi in questo momento”. Sembrava una bestemmia, tenuto conto di quanto egli avesse “adorato”, nella sua giovinezza, il grande, immenso  Richard Wagner, la nuova luce dell’arte occidentale . Invece ,il 22 febbraio 1883 , scrivendo a Overbeck, gli confida che Wagner gli aveva fatto un’offesa mortale , definendolo un “pederasta”, e da quel momento il suo amore si era tramutato in odio.

Chi era “Zarathustra”?

Un primo riferimento ci porta sulle tracce dell’antico riformatore, o pensatore , o sacerdote persiano Zoroastro, presumibilmente del VI° secolo a.C, di cui si hanno pochissimi riferimenti storici precisi, ma che sarebbe stato perseguitato da alcune caste sacerdotali ( un po’ come Cristo) perché portatore di idee nuove. Nietzsche  ne parla ne “La Gaia Scienza” , nell’aforisma 342. (“Compiuti che ebbe i trent’anni, Zarathustra abbandonò la sua patria e il lago di Urmi e andò sulle montagne”. All’ inizio, Nietzsche  dubitò di questo suo libro,  che ne avrebbe fatto il padre del “Superuomo”. Disse a Overbeck, Sono curioso di sapere se ha qualche valore. Non si può fare nulla di buono; non farò mai più nulla di buono. Del resto, perché fare ancora qualcosa? Questo mi ricorda la mia ultima follia, voglio dire lo Zarathustra, forse è meglio che scompaia dalla faccia della terra, tanto non servo a nulla. Overbeck gli consiglia di riprendere l’insegnamento di filosofia , ma Nietzsche  gli dice, realisticamente:Dopo l’uscita di Zarathustra nessuna autorità al mondo mi vorrà come educatore della gioventù. Ma Gast è entusiasta dell’opera che ha ricevuto e lo conforta. Gli chiede: Friederich, sotto quale voce va propriamente annoverato Zarathustra? – Starei per credere sotto la voce “sinfonie”, risponde il filosofo. Gast reitera la domanda: sotto quale voce devo annoverare Zarathustra? E Niezsche stavolta è più deciso: Sarei per credere LE SACRE SCRITTURE. Solo oggi , 23 aprile 1883, a quarantanove anni di età, ho appreso per caso che cosa significa Zarathustra: STELLA D’ORO , e questo mi ha reso felice . Si potrebbe pensare che l’intera concezione del mio libro affondi le radici in questa etimologia: ma fino ad oggi, onestamente, caro Gast, non ne sapevo proprio nulla.

L’uomo è qualcosa che deve essere superato

Scrive a Overbeck: Senza gli scopi del mio lavoro , e l’inesorabilità di tali scopi, non sarei più in vita. Da questo punto di vista il mio salvatore si chiama Zarathustra, mio figlio Zarathustra. Vive in un periodo di grande depressione , ha idee di suicidio e fa abuso di sonniferi (Il singolare pericolo di quest’estate – scrive all’amico Gast – per me si chiama follia).
A maggio del 1883 era stata pubblicata la prima parte di Zarathustra, Nietzsche  sta lavorando alla seconda che uscirà nel corso dell’anno , e prepara la terza parte. Nello Zarathustra avviene una svolta di Nietzsche  che non riguarda solo i contenuti (“l’eterno ritorno” e “superuomo”: Io vi insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo?), ma anche lo stile è diverso: non è un trattato o un saggio, e nemmeno più una raccolta di aforismi, o poesia in senso stretto, tutte forme usate da Nietzsche  nel passato. Il tuo “Zarathustra”, – gli scrive Rodhe, – mi ha fatto un effetto molto più benefico dei tuoi ultimi lavori, che erano “catene di sentenze”. Hai trovato una forma più libera di espressione, direi la tua forma più vera. E ciò dipende dal fatto che hai usato il saggio persiano per comunicare le tue opinioni personali senza esprimerle direttamente: meglio creare un personaggio ideale che le esponga come sue, così come fece Platone creando il “suo” Socrate. Ed è più giusta la scelta del poema didattico, poiché, contrariamente ai filosofi – i poeti hanno il grande vantaggio di poter esprimere le idee e le intuizioni più splendide e profonde senza doversi lambiccare il cervello per fornire la “dimostrazione”.
Un poema in prosa, dopo Lutero e Goethe.
In effetti “Così parlò Zarathustra” è un poema in prosa dove non si argomenta, ma si predica e si enuncia: la forma profetica si rifà ai modelli religiosi, in particolare al Nuovo Testamento . Nietzsche sembra ossessionato dall’efficacia storica del proprio pensiero, e si autoesalta: Zarathustra è una sinfonia!, è una specie di abisso del futuro, è una cosa che fa rabbrividire , soprattutto nella sua beatitudine. Tutto quanto vi è dentro è mio, senza modelli, raffronti, precedenti. Amo immaginare di aver portato con questo Zarathustra la lingua tedesca alla sua perfezione. Dopo Lutero e Goethe c’era un terzo passo da fare. Io l’ho fatto. Pochi giorni dopo va a trovare Overbeck a Basilea, che dirà alla moglie: L’ho visto in uno stato di tale disperazione e smarrimento, di angoscioso isolamento, che, sinceramente, ho temuto per la sua vita. E in effetti Nietzsche  versava in una situazione allarmante, davvero preoccupante.

L’abbraccio al cavallo di Torino

Il 3 gennaio 1889, a Torino, dove era ospite del giornalaio Davide Fino, nell’appartamento di via Carlo Alberto n. 6, mentre passeggiava in Corso Vittorio Emanuele, nei pressi della stazione, Nietzsche vide un cavallo adibito al traino di una carrozza, che veniva fustigato a sangue dal cocchiere; si portò verso l’animale, l’abbracciò e pianse, poi gli parlò come ad una persona e lo baciò. Subito dopo cadde a terra urlando in preda a spasmi. Per molti è un episodio leggendario, per altri Nietzsche si sarebbe piuttosto limitato a fare vistose rimostranze e schiamazzi per i quali venne fermato e ammonito dalla polizia municipale. Comunque sia il raccapriccio per un cavallo frustato a sangue dal suo padrone era un tema già trattato da Dostoevskij – autore che Nietzsche stimava molto– in alcune pagine di “Delitto e castigo”. Inoltre in “Schopenhauer come educatore” , Nietzsche aveva affrontato il tema della crudeltà contro gli animali: “Gli uomini più profondi hanno sempre provato compassione per gli animali […].Pochi giorni dopo , avrebbe manifestato altri segni di euforia e stravaganza.Erano i primi passi della sua inarrestabile follìa, che l’avrebbe condotto nel manicomio  di Basilea dove morì un sabato del 25 agosto 1900, a mezzogiorno in punto, per un impressionante serie di colpi aplopettici (come si chiamavano allora gli ictus) , tanti quanti non s’erano mai visti prima.

Roma, 3 gennaio 2018
Augusto Benemeglio

 

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