Citazioni tratte da: Una giovinezza inventata
«Carissima Andrèe,
rispondo subito, perché lo desideri. Tu sei triste, perché senti l’amarezza di ciò che è passato; io comprendo questo, sai; il mio cuore che è talvolta freddo, sente il rimpianto e la nostalgia… Ma vedi come sono io: sento intensamente il dolore del distacco eppure vorrei che si compisse senza rimedio, del tutto e per sempre. Ti pare strano? È cosi. Ecco: se io guardo dentro di me (e ci sono avvezza) vedo tante cose strane: ferve dentro di me la vita molteplice, inquieta, mista di reale e di immaginario, tante cose che non comprendo, che non so se più mi destano noia o interesse. Quando scrivo alle persone che amo e che credo un po’ intelligenti, almeno in un certo modo che intendo, io parlo di me; per un bisogno e anche per una certa debolezza di carattere. Ma con te che pur mi sei cara, non voglio dire queste cose: tu non ami ciò che è tortuoso e inafferrabile, non è vero? Ma se tu mi volessi come amica, io accetterò di seguirti nella tua vita, finché tu vorrai; mi sarà caro di farti seguire anche la mia vita, non quella tormentata, oscura, che nessuno conosce, ma quella che già un poco forse ti è nota. Vuoi? Se una di noi si annoierà tutto finirà e… beli’e fatto!»
«mia cara Andrée, sono sola stasera, Giuseppina è andata a ballare. Sorrido a cotesta piccola antica Lindau, che sento tutta piena di silenzio e poesia semplice e severa, alla tua stanza in stile fiammingo aperta verso i monti lontani. Io sono sempre indegna a sostenere l’ideale che ci affratella, un po’ romantico e cavalleresco, che vorrei difendere come don Chisciotte! Io osservo ora con curiosità quasi benevola, senza tormentarmi, la strana forma del mio spirito, lo lascio fiorire cosi come può: sa respirare solo in un’atmosfera di semplicità e di libertà. Quindi amo il silenzio; e forse tu capisci quante cose pure e forti e dolci io vi comprenda. Solo mi fa paura dentro di me un non so che di morbido e torbido e pesante, qualcosa di tepido che mi avvolge dolcemente e poi mi cinge a poco a poco di gelo ».
«Mia buona Andrée,
sai perché ti voglio cosi bene? Perché penso che tu mi vuoi bene. Cosi è: quelli che non mi amano non mi interessano.
Ma che penserai di me che non ti parlo che del mio male, io che sento il mio corpo fiorire gioiosamente ad ogni ora nella vita serena di ogni giorno, come una giovane pianta…»
«Mia cara,
sentimi vicina a te ogni volta che può sembrarti dolce il mio affetto. Poiché tu sei un poco me stessa, per ciò che conosco di te. Cosi è la mia natura: io sento stranieri a me alcuni aspetti di me ed intime certe esperienze altrui, di cui avverto spesso un peso di responsabilità. Allo stesso modo mi è intimo un viso strano d’ignoto incontrato per la via, o il canto degli alberi e del vento, mentre mi è straniero il suono del mio passo o della mia voce stessa».
«Mia cara,
avrei voluto vederti prima di partire perché mi turba¬va un’idea che mi parve grave allora; qui, dove l’immagine tua non è familiare, mi sembra d’una cosa passata, assai lontana. Ti dico ad ogni modo che ho pensato molto a te quell’ultima sera e a quella governante, e mi pareva cosa certissima che non ti avesse incontrata a caso, ma ti avesse cercata per ingannarti e farti del male. Non so che peso avrebbe avuto la mia idea, né se la mia amicizia potrà mai esserti veramente utile. Io temo di entrare nella vita altrui, perché sento che tra gli uomini corre miseramente l’inganno anche senza malizia di alcuno.
Io spio ciò che fiorisce nell’orto chiuso del mio cuore: dove la natura ha largo respiro di venti e di orizzonti, esso è il cuore stesso del mondo! Strano destino il mio, di essere infelice, disperatamente fino alla vergogna, ma senza sofferenza. Bevendo il gran silenzio di una notte serena io tremo di felicità perfetta, al di là d’ogni confine di gioia e di dolore. L’occhio puro e gli astri nel loro moto perfetto sono uno spirito solo; e le mie mani sono lievi alla frescura notturna. Ma se toccano il corpo tepido, lo sento vivo, aconosciuto; enorme, mi soffoca: ahimè, non sono sola nell’Universo!
Penso a te che sei cosi dolorosa; io sento sfuggire il tempo della giovinezza e mi ferisce il pensiero del mio vano dolore e della mia gioia che è simile al divino e vano riso dei cieli e delle cose che non hanno conoscenza.
Qui, in una chiesa trecentesca al limite dei boschi è affrescato un Cristo doloroso. Io lo guardo standomi inerte, come da una sponda opposta: una vasta corrente ci divide. Immagino la tua testa stanca sulla spalla del Cristo.
Scrivimi come vivi, se vuoi. (Ti spedirò presto il ritratto della tua Mamma)».
«Cara Signorina R.,
è drammaticissima la mia situazione.
Io sono in una stretta dove s’alzano due muraglioni che non si toccano: da una parte sta il mio senso morale, dall’altra la mia libertà animale. La passerella che li congiunge non è più stabile. Cinico la passeggio in un senso o nell’altro; pauroso la scorro dal basso in alto senza riposo. E sempre tali rimangono i muraglioni. Pauroso o cinico, io? Tutti e due.
Filosoficamente parlando: eccole i miei problemi attuali, da qualche tempo:
Il senso morale
Il libero arbitrio
La conoscenza
La natura
L’essenza
Dio
Il mondo Perché Che cosa
Dove
Quando
Come
e ne avrei altri, ma non vengono a mente.
Le spiegherò un’altra volta il come della mia crisi religiosa, della mia risoluzione e del mio senso del divino.
Ma preferisco farlo a voce. Mi piace vederla sorridere».
(sulla busta aveva scritto Da Caraffi mie mani).
Avrei dovuto sentirlo fraterno. Ma la cosa non ebbe seguito, perché non gli risposi. Il «mi piace vederla sorridere» mi turbò: non provavo attrazione per lui.
«… eccomi: io spio intorno a me con un senso di odio, quelli che temo superiori a me e m’è dolce quando scopro in essi qualche volgarità, qualche segno di mediocrità: mentre sento una noia infinita per la maggior parte delle persone con cui devo perdere tanto del mio tempo.
Il mio orgoglio è cieco e vano: è esso il mio nemico, perché rende timido il mio spirito e la mia mano davanti ad ogni opera ch’io sogni di tentare. Il vile ha paura della prima sconfitta; mentre non vuole limiti alla sua esperienza. Eppure anche i grandi spiriti le hanno incontrate nel loro cammino. — Bisogna molto sbagliare e spesso ingannarsi mi ha detto un filosofo. E ho un altro nemico: — Davanti alla filosofia c’è una cosa più forte: la tua bella bocca! – mi ha detto un pittore.
Ed è così che dall’amore e dall’odio di me io sono tor-mentata. A Dio non so che dare dolore, cioè brandelli di sentimento; ma non voglio chiedergli di dimenticare il mio superbo sogno».
Titolo: Una giovinezza inventata
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi tascabili
Data di Pubblicazione: gennaio 1997
Prezzo: € 11.00
ISBN: 8806139029
ISBN-13: 9788806139025
Pagine: VI-273
Reparto: Narrativa