Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, c’era un mondo piccolo piccolo, ma molto simile al nostro… pieno di persone che si volevano bene, che litigavano… chi si odiava, chi era triste, chi era stanco e chi era allegro.
Tutti avevano una ragione per vivere e una per morire.
C’era Martino, un bimbo pieno di gioia, con un babbo che faceva lo scienziato, e la mamma che gli voleva molto bene, La sera gli leggeva sempre le favole prima di addormentarsi… ma ogni tanto era triste… il babbo non sempre era in casa con lei… il babbo lavorava molto e qualche volta rimaneva al laboratorio a guardare le stelle per catalogarne il colore, il numero di raggi e studiare il sottile filo che le legava le une alle altre.
C’era il Signor Franz, che era sempre sospettoso, che aveva un giardino pieno di giunchiglie vicino alla casa di Martino, e che tutte le volte che lo vedeva giocare in giardino con la palla, gli diceva sempre di stare attento a non buttarla sui suoi fiori, altrimenti lo prendeva e lo dava in pasto a Birbo, un cagnaccio sempre ringhiante a guardia della sua casa.
C’era Benedetta, una bimba triste triste, non aveva un fratellino, non aveva un bambolotto… non aveva nemmeno un piccolo pupazzetto da coccolare; i suoi genitori erano poveri poveri… ma lei ogni tanto andava a giocare da Martino, e faceva finta che lui era il suo fratellino… Martino era l’unico bimbo che riusciva ogni tanto a farla sorridere. E siccome i suoi sorrisi erano così rari, erano anche tanto belli… così belli che quelle poche volte che sorrideva scomparivano tutte le nuvole dal cielo e il sole splendeva caldo su tutto il mondo.
Un giorno come gli altri, ma forse con qualcosa di nuovo nell’aria, Martino, al tramonto, prende Benedetta per mano e le dice : “Vieni con me Benedetta. Andiamo a fare un gioco. Andiamo nel bosco e giochiamo a fare i fratellini. Stanotte ci sarà la luna coperta dalle nuvole. Voglio vedere se ti faccio sorridere e riusciamo a fare andare via le nuvole anche la notte con il tuo sorriso, così riusciamo a vedere la luna e le stelle… e possiamo vedere se ci sono i fili che le legano, come fa il mio babbo”.
Benedetta quel giorno era particolarmente triste. Era tanto tempo che non riusciva a sorridere. Le mancava da morire un bambolotto. Non aveva voglia di giocare, ma una vocina dal profondo del cuore le disse “Vai Benedetta, Vai, che stanotte è una notte magica.” Benedetta non credeva alle voci del cuore, ma questa volta, chissà perché, le diede ascolto. Prese la mano di Martino e andarono insieme nel bosco.
Martino scherzava con Benedetta: le tirava le trecce come facevano tutti i fratellini alle sorelline, ma senza farle male… la prendeva in giro per le sue lentiggini, ma poi le diceva che le stavano bene… Quasi sempre era riuscito a farla sorridere in questo modo, ma stanotte Benedetta era particolarmente triste, e non riusciva nemmeno a piegare le labbra in un sorriso piccolo piccolo. Martino doveva trovare il modo di farla sorridere; le nuvole non andavano via, anzi, aumentavano sempre di più, e i due bambini rischiavano di trovarsi in mezzo ad un temporale e tornare a casa tutti bagnati. Dopo un po’, quando ormai disperava e pensava di tornare di corsa a casa, a Martino venne un’idea.
Prese un ramo dall’albero di Ciliegio. Poi si chinò a prendere un po’ di muschio. Il muschio era fresco, profumato e morbido in quella stagione. Raccolse un po’ di foglie da terra e le arrotolò intorno al ramo a tenere insieme il muschio. Prese anche due bacche di ribes, un ciuffo d’erba lunga, una castagna e tre pinoli. Poi andò da Penelope. Una ragnetta sua amica e le chiese: “Penelope, mi devi fare un piccolo favore. Mi devi legare con i tuoi fili così sottili ma così forti queste foglie attorno a questo rametto. Devo fare un regalo a Benedetta. Ne ha veramente bisogno.”
Penelope era una ragnetta comprensiva. Era amica di Martino, e agli amici non si nega mai un favore. Così, anche se era tardi e voleva andare a letto, salì sulle foglie e cominciò a tessere la sua tela, con dei fili sottili che manco si vedevano. E il regalo che Martino voleva fare a Benedetta prese forma. E venne così bene che Martino prese penelope su un dito e le diede un bacio su una zampetta, anche se gli faceva un po’ schifo…
Col suo dono, Martino corse da Benedetta, e glielo porse non dicendole niente… solo col sorriso migliore che lui poteva farle.
Benedetta non capì subito… Martino era sempre scherzoso, ma questa volta era stranamente felice. Cosa aveva in mano? Cosa mi vuol dare? … Vediamo cos’è … Appena Benedetta prese il dono di Martino tra le sue dita capì. Martino le aveva costruito un bambolotto con tutti i doni del bosco. Era un bambolotto forte come il legno di ciliegio, morbido come il muschio, colorato come le foglie di autunno, e saldo come il filo di ragnatela di Penelope che brillava alla luce delle stelle e allegro come il suo amichetto… Era il più bel bambolotto che Benedetta potesse immaginare. L’emozione per quel regalo fece avvenire il miracolo.
Il sorriso di Benedetta fu così bello, ma così bello che tutte le nuvole fuggirono via, e ci fu la notte più limpida che Martino e Benedetta ricordassero. Le stelle sembravano così vicine che poteva bastare salire in cima ad un albero per toccarle. La luna era così chiara che sembrava di vedere i topini che viaggiavano li sopra a mangiare tutto il formaggio di cui era fatta.
Quella era veramente una notte magica.
E quando c’è una notte magica, le magie non finiscono fino al mattino.
Le lucciole si risvegliarono, anche se non era più stagione e vennero a vedere quel cielo meraviglioso. E illuminarono tutto il bosco con una pioggia di gocce verdi di luce.
Un uccello notturno si levò in volo per vedere quella meraviglia da vicino.
Un silenzio magico invase quell’atmosfera. Nessuno osava fiatare per non rompere l’incantesimo del sorriso di Benedetta.
Anche il signor Franz smise di brontolare e Birbo smise di ringhiare.
E fu così che i fili sottili che legano le stelle si illuminarono.
E tutti gli abitanti, non solo il babbo di Martino, riuscirono a vederli.
E i fili si mossero.
E tirarono la luna spostandola piano piano… anzi, no… cosa stava succedendo?
E la più bella di tutte le magie di quella magica notte avvenne.
Dietro la luna splendente in cielo apparve un’altra luna ancora più splendente, che quei fili stavano piano piano tirando per mostrarla agli abitanti di quel piccolo mondo.
Era una luna ancora più bella della luna di formaggio che da sempre splendeva nel cielo. Più luminosa, più calda… così calda che riusciva a scaldare anche il cuore triste di Benedetta.
E la luna nuova si avvicinò. Sospesa nel cielo, tenuta dai fili delle stelle, arrivò vicino alla cima degli alberi e illuminò tutto il piccolo mondo.
E fu così che tutti fecero la scoperta.
Quella luna era abitata, abitata da persone come loro, che sorridevano felici e salutavano tutti gli abitanti del piccolo mondo.
Si potevano vedere due bimbi felici in un bosco, una mamma che preparava la cena, un babbo che salutava felice, un anziano nonno sorridente col suo cagnolino che faceva le feste.
La notte magica non era finita.
I fili delle stelle fecero un altro miracolo quella notte.
Ognuno degli abitanti della nuova luna allungò una mano, e un filo dorato di luce si svolse da ciascuna delle loro mani e volò fino a toccare un abitante del piccolo mondo.
Il filo lanciato dal bimbo della nuova luna toccò Benedetta, il filo della bimba toccò Martino, quello dell’uomo che salutava tocco’ la mamma di Martino… e così via… tutti gli abitanti della nuova luna avevano lanciato un piccolo raggio di luce verso gli abitanti del piccolo mondo.
Era veramente una notte magica!
E un’altra magia avvenne.
Martino prese il raggio di luce che quella bambina felice le aveva lanciato. Si accorse solo allora che non riusciva a vedere niente di quella bimba, se non il sorriso. Ne’ il colore degli occhi, ne’ come era vestita, se era alta, bassa, più piccola o più grande di lui. Vedeva solo il sorriso, un grande, caldo, meraviglioso sorriso.
E quel filo parlò.
E la voce non poteva essere che quella della bimba felice, così dolce e serena.
“Ciao. Io sono Spillina. E tu come ti chiami?”
“Io sono Martino. Ma come fai a parlare? Come faccio a sentirti così bene? Sei così lontana…”
“Non ti preoccupare Martino, Questa è una notte magica, Non sai che nelle notti magiche può succedere di tutto? E’ il filo di luce dorata che porta la mia voce direttamente al tuo cuore.”
“Sai, per me è una cosa nuova. Non avevo mai visto una notte magica. Non avevo mai parlato ad un raggio di luce.”
“Non ti preoccupare, Martino. E’ facile stare in una notte magica. Basta lasciarsi andare alle magie. Non può succedere niente di brutto in una notte così”
“E’ vero. Lo sento. E vedo che anche tutti gli altri stanno parlando con qualcuno di voi. E’ bellissimo. Ma quando finirà questa notte magica?”
“Come tutte le notti finirà col sorgere del sole, ma non avere paura. Potrà tornare tutte le volte che vuoi. Basta scatenare la magia del sorriso. E tu stasera ci sei riuscito benissimo.”
“Ma io non ho fatto niente, Spillina”
“Ti sbagli. Hai fatto la magia più grande di tutte. Hai fatto sorridere Benedetta. Devi sapere che Benedetta aveva un fratellino che quando era piccolo fu portato via dalla strega cattiva. Tu sei riuscito a costruire un bambolotto che gli somigliava. Sei riuscito a tirar fuori dai suoi ricordi più remoti quello del sorriso del suo fratellino. Il ricordo più felice di Benedetta, rimasto sepolto e dimenticato tra tanti ricordi tristi così a lungo. Ora il sorriso magico di Benedetta sarà sempre lì. Pronto per tornar fuori a mandare via tutte le nuvole minacciose che oscurano il sole e la luna. E noi potremo parlarci tutte le volte che vuoi.”
Martino era confuso. Spillina stava dicendo cose che lui nemmeno immaginava. Le sentiva vere, ma non sapeva come Spllina poteva saperle.
E glielo chiese.
“Spillina, ma come fai a sapere tutte queste cose di Benedetta?”
“Non hai capito ancora, Martino? Io sono la voce dell’anima di Benedetta. Sono tutti i pensieri felici e tutti i sogni che lei ha avuto e avrà per tutta la sua vita. E sono così serena perché tra i sogni non c’è posto per i pensieri tristi. Io sono la voce di tutti i sogni di Benedetta.”
Martino capì. Tutti nel piccolo mondo capirono. La nuova luna non era altro che la casa di tutti i sogni felici. Era un grande specchio che rifletteva solo le ragioni per vivere e lasciava andar via tutte le ragioni per morire.
La notte magica, come tutte le notti magiche, finì col sorgere del sole. Il giorno dopo la vita sul piccolo mondo continuò come tutti gli altri giorni, ma tutti ora avevano un pensiero felice in più che faceva sopportare loro tutte le amarezze della vita. Il pensiero che, ora, dopo che Martino aveva fatto la magia più grande, quando erano tristi, sconsolati, stanchi, una sera piena di nuvole si poteva trasformare nella notte magica dove tutti, ma proprio tutti, anche il signor Franz e Birbo, potevano essere felici tra loro e con gli altri.
Da quel giorno, tutti gli abitanti del piccolo mondo, ebbero qualche ragione in più per vivere qualcuna in meno per morire.
Veramente carina e piena di sentimento. Dietro favole così ci sta quasi sempre la penna delicata ( o il pensiero se preferite) di una donna.