LA MATERIA OSCURA DI MUTTER COURAGE 3


A cura di Augusto Benemeglio

Tre passeggiate narrative nei versi di Anna Maria Curci

1. I versi e la parola

E’ una delle tante domeniche di pomeriggi invernali , a Roma-Eur , e rivedo ancora una volta , Lei, Anna Maria Curci, una delle meraviglie del nostro tempo: il “faro del Pentatonic” . Non è quello di Alessandria , né certamente… il colosso di Rodi. Del resto non siamo a Efeso , nel tempio di Diana, né nei giardini di Babilonia. Anna Maria non è la Sfinge , né il mausoleo di Alicarnasso, e neppure il labirinto di Creta , e tuttavia qualcosa di labirintico e criptico c’è nei suoi versi fasciati, allo stesso tempo, d’immagini modernissime e antiche Si fanno talora lievi e trepidi , salgono come foglie d’edera rampicanti, grappoli di glicini e di memoria , ma poi diventano flauto e tamburo, scintilla e tuono , iperonti graffianti, ragnatele a cielo aperto , emozioni vaganti , terra chiusa, materia oscura, buio, grida e tremiti di pianto:
Sovverte, nonchalante,
la cascata di note.
Sorprende a grappoli
e sprigiona il ricordo.
Pare facile, dici,
dispensare bellezza
da una corda di basso
Ma il drappeggio è salato.
Alle stelle si urla il prezzo:
di armonie irridenti
è mercato nero.

Sono versi che avvinghiano e sconcertano : sottili, duri , fatti d’amara ironia , d’oscura ferita, di lacerazione , ma anche di tensione, carboni ardenti e avversione a tutto ciò che sa di retorica , di mieloso lirismo , di evasione , pur nella rigorosa griglia metrica dell’endecasillabo-settenerio. Questi e molti altri versi di Anna Maria – che denunciano in modo inflessibile tutti gli orrori quotidiani che si consumano in ogni angolo del mondo e nei labirinti della storia, con una cadenza da basso continuo , – non hanno niente a che vedere con la consueta sonorità italiana . Sono forme essenziali di linguaggio , epigrammi , quartine, sonetti , versi rampicanti, musicali, danzanti , con una scansione interna , materici, fonici, talora con impasti dissonanti e una tessitura intensamente contrappuntistica. Insomma sono composizioni nuove i, originali, sperimentali , diverse di una che sa che Pitagora aveva una gamba d’oro e nelle notti stellate ci giocava contento , con la teosofia e la poesia, ma senza prendersi mai sul serio , senza farsi illusioni: “la poesia e la bellezza non offrono soluzioni a buon mercato, non salvano il mondo” , ripete spesso Anna Maria , e i versi non servono a chi li scrive, e forse neanche a chi li legge, come ripeteva il vecchio Montale, ma sono comunque una forma di resistenza. A che cosa? A rivalutare la parola e il suo inarrestabile andare da qualche parte, dove c’è – forse – il mare del Silenzio.

Incide la parola, taglia, esplora,/ ad altre si congiunge spudorata./ È sensata? È sensuale e non s’arresta/ il moto natatorio che la spinge.

Certo la filologia non salverà il mondo, dice la Curci , perché la sua ragion d’essere è, semplicemente, quella di “ permettere, allo sguardo, di oltrepassare la cortina di fumo rancido delle parole-paravento, e, forse, alla coscienza, di districarsi tra cartapesta, spigoli e muri di gomma”.

Ma la radice del linguaggio – scrive Borges – è irrazionale e di carattere magico. La poesia vuole tornare a quell’antica magia senza leggi prefissate , essa opera in modo esitante e temerario, come se camminasse nell’oscurità, a tentoni. Misterioso gioco di scacchi , la poesia, la cui scacchiera e i cui pezzi cambiano come in un sogno. Ma il “clandestino” rimane, immutabilmente, l’ultimo pezzo fuori della scacchiera, o il pedone subito abbattuto .”E’ uno – come dice Marilena Cataldini – che fa un buco nella rete ed entra “al di qua” del recinto”.

Sta dalla parte dei respinti
e non l’ha scelto. Il tedesco
lo chiama nero, se lavora,
a bordo passeggero cieco.
Il francese lo bolla senza
carte, per l’inglese è immigrante
illegale. Soliti ignari,
qui, rispolverano il latino.
Eppure, “di nascosto” era “clam”:
cosa c’è di segreto in chi,
nell’angolo, prega che lingua
non taccia o copra il suo destino?

Ed eccola Anna Maria, ancora vicino a me, per “Rocco Scotellaro” al Pentatonic , con quell’umiltà piena di fervore e d’intelligenza nel dar voce alla “Madre” del poeta . E’ una creatura che sa essere dolce, solare, gentile , disponibile, coraggiosa , con forti radici mediterranee. Ma la sua mente è sicura, efficiente , lucida, luminosa, nobile, chirurgica , un laser che incide tutti i bubboni che si trova ad incontrare sulla sua strada, e non senza dolore . Ma non ammette ipocrisie, perbenismi, compromessi , falsità, indifferenza , ballate kitsch , tutte cose ormai ampiamente diffuse nei nostri iper mercati del vivere ; lei è stata educata e si è formata man mano sullo studio “alto” dei grandi autori tedeschi, Goethe, Schiller , soprattutto Bachmann e Brecht, tanto da assimilarne la la storia, il pensiero , la lingua fino a farla diventare sua, insieme a tante altre lingue come l’yddish , l’inglese, il romanesco, il pugliese e il tursitano di Albino Pierro , insomma usa un plurilinguaggio che le conferisce una dimensione diciamo cosmopolita , da cittadina del mondo . Al di là della cortina di fumo della menzogna verbosa , ecco che la sua parola, anzi “la cura della parola, la sua flessione, mai violenta , né forzata”, si fa di vetro e aria , trasparenza, scultura improvvisa, oppure eco che moltiplica, musica d’organo che allaga gli spazi e si disperde , che viene da altro tempo, da altri spazi , da altre galassie , per tornare , infine, illusione , albero rosso di cartapesta e di vento, incanto che oscilla , che trema, che si perde lontano, lontano:

Ascolta, non fuggire, non temere/ presa rapida o lenta gestazione/ del vento muto che avvolge e sospinge./ Ascolta, prendi il ritmo e cogli nota.// Gli occhi abbassati sulla tela grezza/non scorgono altri cenni d’intesa/ mentre esamina lembi e suddivide/ toppe e rinforzi di primo soccorso./La schiena scricchiola senza spartito/ precipita la suite della speranza/ nel duetto di farsa e illusione/ perso per sempre il notturno d’incanto”.

2. Il mattatoio di Testaccio e l’io poetico

Mentre leggevo le sue ultime poesie , “Neo nomenclature”, mi ponevo delle domande: quanto ha inciso Brecht nella sua formazione?…(Con Brecht, Santa Giovanna dei Macelli,/ pensavo al mattatoio di Testaccio./Sociale, sale ancora a narici/ marchiate squarto di macelleria./ In cella frigorifera hanno messo/ quel ricordo di garretti recisi.).
Lei ci si recava davvero , di tanto in tanto , al Mattatoio , per raggiungere il padre nel suo ufficio di medico veterinario, e in quei viali l’odore della macellazione era una tortura indelebile.
Ed ecco che d’improvviso – magie, deliri circolari dell’immaginazione – mi son trovato , idealmente , mano nella mano con la bambina Anna Maria , e insieme nuotavamo nel sorriso , quando anch’io –ragazzino di dodici anni – passavo spesso da quelle parti , all’ingresso del vecchio Mattatoio , in quel tunnel infinito di muggiti terrificanti e fiumi di sangue , che ti rimangono negli occhi dell’anima per tutta la vita. Andavo a scuola presso l’Istituto per l’Avviamento Professionale Edmondo De Amicis che stava nelle vicinanze. Dalla Stazione Trastevere ce la facevamo a piedi fino a lì, per poi giocarci i soldi del tram a battimuro .Ma a quel tempo non c’era spazio alcuno per le femmine, né, soprattutto, per le “fanciulle dinamitarde” come sarebbe diventata lei, piena di forza, d’ironia, di plastiche sospensioni, smantellamenti e sgomberi farseschi di una “Roma grande farsa ininterrotta, in cui si è sballottate tra farsa ridicola e arroganza, schiacciante, tra le spranghe e le purghe dell’indifferenza e le parate della spartizione…, tra violenze e prevaricazioni” .

Bürgermeister di cruenta memoria
diramano dispacci.
Disambigua
chi sa che la maieutica s’è fatta
badante, presidia il fiocco di neve.

Bürgermeister di cruenta memoria
dispensano interviste, blaterano di set a cielo aperto, pur sventrando
il lavoro e la storia sotto abete.

Bürgermeister di cruenta memoria
diramano dispacci, sgomberano.
Protesta chi sa che altro è ricchezza:
diversità, non laida spartizione.

Per fortuna che “Mutter Courage” , come si firma Anna Maria , ha quella solarità tutta mediterranea che mitiga “il freddo dei boschi della foresta nera che si portava dietro il poeta e drammaturgo tedesco ( “Fino a che non morirò ,quel freddo non m’abbandonerà!”). Poi , in realtà, si venne a sapere che Brecht era nato ad Augusta (sic|), città piena di luci e di fuochi , come la Curci, che è nata a Roma-testaccio, dov’è il Monte dei cocci, milioni di frammenti , un puzzle millenario per ricomporre una verità storica e umana – che viene continuamente lacerata, fatta a pezzettini , e si può farlo solo con una buona dose d’ironia, come tentò di fare Ingborg Bachmann, poetessa austriaca (tradotta e molto amata da Anna Maria Curci ) , che per tutta la vita trattò , ironicamente, il problema della verità, l’idea della impossibile ricostruzione , il fallimento , in cui “l’io poetico suona la morte sulle corde della vita”.

Ho sognato stanotte/di un filo non più teso/ a scongiurare il vuoto/ eterno agguato al gioco./Già mi prefiguravo/ lo slancio spensierato/che affrontava di petto/l’esito capovolto./Continuavano il gioco /sulle terrazze al sole,/neanche lo sguardo alzava/ al grido chi era assorto./ Che cosa vuoi acchiappare/ nel campo di segale?

In Brecht è chiara l’avversione ad ogni retorica, la satira , la parodia , l’ironia, la provocazione, pur nella sua nascosta liricità, e la lacerazione del rapporto io-mondo ( il mondo è inabitabile) dove l’uomo è condannato a vivere deprivato di tutti i valori, il rifiuto di qualsiasi evasione , anche sotto forma di prospettiva utopistica; la presa di coscienza realistica, e la denuncia inflessibile dei mali del mondo così’ com’è, sono tutte cose che , in qualche modo, si trovano anche nella poesia di Anna Maria Curci , come il tema della rivolta degli oppressi e tartassati ( che siamo un po’ tutti noi in questo Stato-Dracula , perennemente allo sfascio) che troviamo in poesie che hanno una tessitura compatta e sferzante ,sottile e potente. Posta di fronte a una realtà imperfetta , la Curci la definisce immediatamente , enumerandole i lati negativi, impiegando al massimo grado i mezzi parodistici come ad es. in “Flessibilità”:

Ammirami: sono bella e scattante,
disse la corda tesa all’infinito.
Sinuosa quanto basta, son capace
di ogni acrobazia del tempo pieno.
Ho attraversato sale e corridoi,
indugio in open space, che vanno tanto.
Inarcava la schiena, la vezzosa,
sfoderava tronconi propulsori.
Ammutolii di botto, quando scese
lo sguardo su ganasce di cemento.

3. Il mondo può essere cambiato.

Anna Maria guarda molto alla sostanza delle cose, l’abbiamo visto, ma è anche una che privilegia l’architettura formale della pagina, la scelta , la cadenza e la collocazione di una parola che possono pesare più del suo significato. Ogni opera – diceva Borges – affida al suo scrittore la forma che cerca : il verso, la prosa, lo stile barocco o quello piano. Le teorie possono essere ammirevoli e stimolanti , ma nel contempo possono generare mostri o semplici pezzi da museo . La modesta e segreta complessità delle cose è alla base di ogni racconto. Ogni verso dovrebbe avere due doveri: comunicare un fatto preciso e toccarci fisicamente , come la vicinanza del mare . Ma in genere un libro di versi altro non è che una successione di esercizi magici eseguiti con un mezzo modesto, la parola, la quale è incapace (il linguaggio è rigido) di riflettere l’universo che è fluido e cangiante.
“La sferza dell’ironia unita al gioco linguistico – scrive Marzia Alunni – riesce a colpire al centro! Spesso accade che il linguaggio della poesia risulti oscuro, sebbene denso d’implicazioni e suggestivo, ma in questi affascinanti saggi di scrittura, gli aspetti sperimentali sono ben integrati con il senso del messaggio e le sue sottigliezze. L’effetto d’insieme è arioso, divertente e, nello stesso tempo, profondamente serio, per il contesto cui allude. Si scoprono sempre nuovi spunti che definirei, più che eminentemente sociali, etici in senso globale”.

Lo sento dire e lo ripeto, così,
schiacciato beneficio d’inventori:
serpeggia, incede, non incontra inciampi
un diserbante vuoto di valori.
Ma c ‘è mai stato un pieno? Il quesito
solletica le froge stupefatte
di cavalli a motore a scoppio tardo.
È aria fritta che sniffano, con blatte.
c’è la fila alla pompa di benzina,
scarseggia il carburante d’ideali
e il vagheggiar d’aedi impavesati
prende quota, è in rialzo, frulla ali.

Anna Maria , – ha scritto Lucia Tosi – “ non è una che le manda a dire , non è sacerdotessa, né tacita ancella dal gesto femmineo che consola , anzi è piuttosto un fuso, un proiettile, un cuneo, una lancia infuocata, ma anche una carezza “, una sorta di messaggera alata che reca un messaggio molto chiaro : questo mondo d’oggi così com’è può essere descritto dagli uomini solo a patto che lo si descriva come un mondo che PUO’ ESSERE CAMBIATO. Il suo motto è:
Resistere, desistere.
Nello scarto iniziale
arde (ora) quieta passione.

Convertire l’oltraggio degli anni in una musica , un rumore e un simbolo, l’innocenza in intensità, la magia in trasparenza , l’ambigua e polivalente materia dei sogni in arte, questa è la poesia. E’ anche il ritmo , il balenio dei coltelli , le ombre bibliche , il colore locale , le apparenti tematiche del dettato che si mescolano a sciabolanti inattese interrogazioni sapienziali , il gioco serrato e ironico sulla scacchiera della immaginazione, le avventure della fantasia, la fabulazione , un prologo ad un libro inesistente , la satira , la parodia , ma soprattutto l’ironia prezioso sale di questa labile materia letteraria.

Il gioco forsennato benedice,
lo sporgersi dal sé e al sé il rientro;
nuoto sincronizzato pure apprezza
che di stilemi ha coraggio e contezza.

Anna Maria ha voluto indossare i panni della Madre Courage brechtiana ,vivandiera che vive di guerra e in guerra perde tutti i suoi figli, questa madre avida e dura, ma anche calda di cuore, che rappresenta la ricchezza epica di tutti gli elementi umani…il suo impegno sociale e culturale , il suo plurilinguismo, la sua conoscenza di tutti i segreti dell’arte della metrica e dei giochi di parole insieme alla Shoa, la cattedrale di Ruvo e i versi Pierro , ‘A terra d’u ricorde, ( avìje ‘a ‘ricchie/ addù i’érete u sòue – avevo l’orecchio /là dov’era il sole) , un Pascoli della Lucania, ma più petroso e veemente.., ha voluto offrire la fedeltà di una donna che è madre e sorella di tutte le creature del cosmo , che sa offrire il ricordo d’una rosa gialla vista dal tramonto rosato di Ruvo di Puglia , strade sassose , lune perfette per lupi e cani malinconici , cenciosi sobborghi di tutte le città del mondo; ha donato a tutti la propria solitudine , le sue tenebre , la fame e la sete del suo cuore, l’incertezza , il rischio , la sconfitta della parola negata alla lingua del faro, il fallimento di se stessa , come la vita che disfa e ritesse la sua stanca storia , disfa e ritesse la sua anima . Anche lei, come Albino Pierro, forse vorrebbe essere “ una pietra /lanciata nel buio” . Ha giocato con la poesia : – “ sorrisi e lacrime , partitura musicale e movimento in sostanza mutevole e liquida, notazione, forse natazione”
Ha dubitato, dubita, talora irride e fa merletti su questa sorta di “materia oscura” del cosmo che rimane ancora oggi un mistero della fisica moderna. “Quali ragioni , a volte mi domando/ , mi muovono a studiar senza speranza, mentre il buio avanza? Al di là di quest’ansia / e del mio verso / mi attende l’insondabile universo. Ma io so che il mondo un giorno potrà essere cambiato/ magari con una parola , un solo verso, un grido unanime”. :

Roma, 3 gennaio 2014 Augusto Benemeglio

Share This:


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

3 commenti su “LA MATERIA OSCURA DI MUTTER COURAGE

  • cristina bove

    poesia che nasce dalla consapevolezza che tutto, in fondo, è stato già detto, ma che attraverso un metalinguaggio che appartiene alla parte più profonda dello spirito, tutto può rivelare ancora altro significato e diventare manifesto.

  • Anna Maria Curci

    è nel senso più pieno del termine che esprimo la mia riconoscenza ad Augusto Benemeglio: sì, agli occhi dell’anima è incancellabile quel ricordo di immagini e sentori, ma la durezza è mitigata dal ritrovarsi nello sguardo acuto altrui; grazie, pertanto, Augusto, per le tue passeggiate, grazie, Cristina, per il tuo commento.

  • augusto 43

    Grazie a te, cara Anna Maria, che mi hai consentito una molto stimolante e intrigante passeggiata nei labirinti della poesia.
    Un abbraccio