Recensione: Kenneth Oppel – Il nido


Steve, il protagonista de Il nido è un bambino che racconta di come vive le preoccupazioni della sua famiglia dopo la nascita del fratellino che ha problemi di salute sin dalla nascita. Un libro quello di Kenneth Oppel per ragazzi, ma che io spero leggano in molti adulti per comprendere un mondo che spesso non ricordiamo più e di conseguenza non riusciamo a comprendere.
Steve non è un bambino comune, ha un disturbo ossessivo convulsivo, una malattia con la quale convive, come coabita con i piccoli angeli che si manifestano a lui, scoprendo poi che proprio di angeli non si tratta.
L’autore pone una domanda: che cos’è la normalità? Forse, sicuramente, la normalità non esiste poiché siamo esseri distinti e ognuno si differenzia dall’altro.
L’autore, nonostante la storia surreale, riesce a descrivere relazioni famigliari senza scadere nel sentimentalismo. Il rapporto di Steve con la sorellina è spettacolare, una complicità che li unisce nonostante ognuno abbia il proprio modo di essere e di vivere la famiglia.
Un plauso a Kenneth Oppel che è riuscito con estrema delicatezza a raccontare un problema come quello ossessivo convulsivo senza creare un personaggio con handicap, ma come di un bambino che delle proprie debolezze ne ricava una forza incredibile.
Il nido non è un libro facile, ammetto che inizialmente mi sono forzata nel continuarne la lettura perché non riuscivo a entrare nel dentro della narrazione, ma ringrazio la mia ostinazione perché davvero ne consiglio la lettura a tutti indistintamente.
Meraviglioso il tocco delle illustrazioni di Jon Klassen che accompagnano e rafforzano le parole.

Titolo: Il nido
Autore: Kenneth Oppel
Prezzo copertina: € 10.00
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Collana: Ragazzi Verdi
Illustratore: Klassen J.
Traduttore: Aterini G.
Data di Pubblicazione: maggio 2018
EAN: 9788817102896
ISBN: 881710289X
Pagine: 192

Citazioni tratte da Il nido di Kenneth Oppel

Le persone, dentro, sono molto complicate.

I nomi sono solo nomi. In fin dei conti, non significano nulla.

Un giorno mi avevano detto che se hai paura di essere pazzo, significa che non lo sei. Perché a quanto sembra, i pazzi non sanno proprio di esserlo: credono che sia normale andarsene in giro nudi a cantare yodel. E ora che avevo raccontato ad alta voce i miei sogni, sapevo quanto folli suonavano… ma me li ricordavo anche benissimo, e sembravano davvero reali.

A volte è meglio non essere quello che siamo davvero. Non ci fa bene. E alla gente non piace. Bisogna cambiare. Bisogna sforzarsi, e fare respiri profondi, e forse un giorno prendere pillole e imparare trucchi per far finta di essere più come le altre persone. Quelle normali. Vanessa aveva ragione, e anche quelle altre persone, tutte quante, erano guaste a modo loro. Forse passiamo tutti quanti troppo tempo a fingere che non lo siamo.

La mente degli adulti è così disordinata.

«”Si” è una parola molto potente. E’ aprire una porta. E’ attizzare un fuoco. “Si” è la parola più potente del mondo.»

La gente mente quando dice di non vedere la perfezione. In realtà la vuole eccome. Corpi e menti perfette, e comode poltrone, e macchine, vacanze, fidanzati e fidanzate, animali domestici e figli. Soprattutto figli. Perché mentiamo e diciamo di non vedere la perfezione? Perché abbiamo paura che gli altri possano pensare che siamo perfidi, vanesi e crudeli.
Ma tutti noi vogliamo, la perfezione. E io, io aiuto solo a realizzare quel sogno. Quantomeno sono onesta. Niente bugie, qui da noi, nossignore.

Katia Ciarrocchi
© Redazione Lib(e)roLibro

 

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