ArteRecensione: Jimmy Nelson-Humanity


Per tutta la vita sono stato spinto da una curiosità insaziabile e da una passione inarrestabile di esplorare il mondo. Come fotografo il mio viaggio ruota attorno al soggetto delle mie opere: i popoli indigeni. Radicato in un profondo senso di empatia, il mio lavoro mira a connettermi con persone di diverse culture e a ispirare gli altri ad abbracciare la bellezza dell’umanità, riconoscendo che siamo tutti un solo popolo.(Jimmy Nelson)

Isole Marchesi, Messico, Ecuador, Perù, Ciad, Sudan, Angola, Namibia, Etiopia, Kenya, Tanzania, India, Nepal, Tibet, Cina, Bhutan, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Australia, Nuova Zelanda, Isole Vanuatu, Siberia, Canada, Argentina. Mongolia… Non è uno sterile elenco pescato casualmente da un atlante geografico, bensì una sorta di lista sentimentale compilata dai viaggi e dalle esplorazioni di Jimmy Nelson, fotografo e umanista. Maori e Himba, Huaorani e Wodaabe, Mundari e Samburu, Masai e Lopa, Huli e Kaluli, Korafe e Tolai, Yakel e Iatmul, Bardi e Mowanjum, Ngalop e Sharchop, Rabari e Brokpa… Non una sterile sequela di nomi esotici, ma una fascinosa sinossi, emblematica e neanche esaustiva, di genti disperse nelle più varie plaghe e rotte del pianeta. Genti impegnate a difendere la propria identità, per quanto in evoluzione, e le loro millenarie tradizioni, resistendo all’onda  (nel senso meno benevolo) della globalizzazione e dell’omologazione.
Credo fermamente nel potere trasformativo della bellezza. Quando le persone sono incoraggiate ad abbracciare le proprie identità e valori unici, diventano più sicure ed appagate, e si genera un effetto a catena di trasformazione positiva delle proprie vite. Dipinge con la luce Nelson, senza artifici. Queste immagini vanno oltre la documentazione antropologica. Sono piuttosto istanti congelati, perservati attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica analogica 10×8, mentre l’otturatore fa immergere la pellicola in un bagno di luce e, con la nitidezza penetrante di un occhio immobile, registra l’essenza dell’animo umano. L’uso di grandi lastre facilita la cattura dei dettagli, di toni ricchi e dà profondità alle immagini. La grana, la gamma tonale e la resa dei colori si allineano alla mia visione artistica, evocando una sensazione di nostalgia senza tempo. Difatti i ritratti sono sfolgoranti, ma totalmente genunini e di una immediatezza felicemente sconvolgente. Ci si perde con la vista, il cuore e l’intelletto.
Le immagini di Jimmy Nelson nella mostra Humanity, fino al 21 gennaio 2024, al Palazzo Reale di Milano, colpiscono per la bellezza che è sia del mezzo utilizzato con arte e maestria sia dei protagonisti ritratti, un tutt’uno con l’ambiente (qualcosa che è ben di più del semplice elemento “paesaggio”), un radicamento speciale, meraviglioso, antico, sentimentale e culturale.
I cori dei canti in un matrimonio samburu. Andini in marcia nell’atmosfera rarefatta, vicinissimi al cielo, parte del cielo stesso, fra nubi e monti (La comunità Q’ero con cui ho lavorato è considerata l’ultimo autentico popolo inca ancora in vita. I Q’ero prosperano nelle alte vette delle Ande, a un’altitudine di circa 4500 metri. Ho faticato a tenere il loro passo, vergognandomi quando ho realizzato che stavano percorrendo i sentieri innevati ad alta quota con sandali di platica). Riti religiosi nel cuore dell’Asia e luci, intrise di una sorta di misticismo, a disegnare i corpi dei cacciatori in marcia nell’atavico splendore della Nuova Guinea. La corsa di un gaucho nella pampa e i cavalieri dell’Altai con le proprie aquile reali. Una sfilata arancione di giovani monaci buddhisti. Foto di gruppo ai piedi di grandi alberi, un fiume, quasi atemporale, sullo sfondo e maschere che evocano altri e invisibili mondi. Una madre e un bambino chukchi – vivono in uno dei luoghi più freddi e meno ospitali del pianeta: 1500 km a nord del Circolo Polare Artico – che si abbracciano amorevolmente. Un fiero guerriero masai. Nomadi dal volto scarificato e decorato, gli occhi come specchi. Qapiq, una donna inuit di 99 anni, le rughe sul suo viso come “profondi solchi del tempo […] una mappa di saggezza e antichità”.
Un approccio, quello di Jimmy Nelson, effettuato con il massimo rispetto, mai scevro di ammirazione per il superiore stato e stadio di coscienza ecologica di questi popoli, autentiche sentinelle della salute (e salvezza) della Terra. Un messaggio per tutti noi, da cogliere assolutamente. E con un impagabile marchio di bellezza, quella che, forse, salverà il mondo.

Alberto Figliolia

Jimmy Nelson-Humanity. Fino al 21 gennaio 2024. Palazzo Reale di Milano.
Orari: da martedì a domenica, 10-19,30; giovedì, 10-22,30; lunedì chiuso. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.
Info e prenotazioni: palazzorealemilano.it, jimmynelsonmilano.it.

 

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