In copertina campeggia la fotografia di una piccina (di età) paffutella (Mara Faggioli a 2 anni) e mi chiedo se questa immagine sia strettamente connessa alla silloge, ma poi, leggendo, non mi sembra, e allora resta il mistero dello strano titolo, perché Dulcamara mi fa venire in mente la Morella rampicante, pianta non molto conosciuta dagli appassionati di floricultura, ma assai ben nota invece agli erboristi, viste le sue proprietà medicamentose, nonostante la sua elevata tossicità.
Quindi, sorge spontanea la domanda: perché intitolare questa silloge Dulcamara?
Il valore di un libro è decretato, ovviamente, dal suo contenuto ma credo che una parte importante sia rivestita anche dal titolo e dalla copertina essendo le prime cose che attraggono l’attenzione del lettore e, quindi, lo spingono ad esaminarlo.
Ma perché ho scelto “Dulcamara” che letteralmente significa “dolce-amaro”?
La Morella rampicante cioè la Dulcamara (Solanum dulcamara L.) é una pianta erbacea di grande pregio nella farmacopea tradizionale, pur essendo anche tossica, conosciuta fin dall’antichità. Il nome “Dulcamara” è dato dai suoi giovani rametti che, appena germogliati, hanno un sapore prima dolce e poi amaro.
Ecco perché ho pensato a “Dulcamara”: “dolce” e “amara”, come la vita. Questa vita che ci regala momenti dolci e amari, questa vita che merita di essere vissuta attimo dopo attimo, non dimenticando mai che ogni momento è prezioso perché unico e irripetibile in questo nostro cammino meraviglioso, anche quando lungo la strada s’incontrano ostacoli ed il percorso diviene irto e difficile.
Ho ritenuto che “Dulcamara” si adattasse bene alle poesie di questa raccolta, alcune dolci ed altre amare proprio perché “poesie di vita”.
E poiché Dulcamara (Solanum dulcamara L.) etimologicamente deriva da solanem (calmare, confortare, mitigare) alludendo, forse, alle sue proprietà sedative e curative, voglio sperare, quindi, che questa raccolta poetica rappresenti anche una confortante e piacevole lettura per tutti coloro che gentilmente vorranno leggerla.
Questo libro, più che una silloge tematica, è una raccolta di poesie di varia natura, fatta eccezione per Un anno di poesie abbracciate, una poesia per ogni mese, da gennaio a dicembre, quasi a scandire i tempi della vita. Prima sfogliandolo e poi leggendolo ho notato comunque che hai cercato di dare una certa continuità logica alle composizioni presenti, con stacchi a volte rappresentati da tue sculture, altre da versi senza titoli, oppure premettendo versi di altri autori, come in Ode al vino, in cui a latere citi un passo delle Metamorfosi di Ovidio. Al riguardo, e non è solo una curiosità, questi riferimenti al poema epico dell’autore di Sulmona mi fanno pensare a una tua recondita passione per la poesia latina, di cui l’epica costituisce una parte rilevante.
Se è così, non hai mai pensato di comporre versi epici, magari adattati all’epoca attuale, e senza ricorrere a formule metriche ormai obsolete?
Ho cercato di suddividere le poesie a seconda dei temi trattati: l’amore, gli affetti, la poesia civile, l’infanzia, alternandole con immagini di mie sculture o dipinti oppure con dei brevi versi che fossero in sintonia con le poesie stesse.
Anche se mi attrae molto mettere in ex-ergo versi di altri autori, e come nel caso dell’Ode al Vino citare un passo delle Metamorfosi di Ovidio, non ho mai pensato di scrivere poemi perché amo e preferisco la poesia breve, spesso anche lapidaria ma alcune volte attingo al mito perché rappresenta una fonte inesauribile d’ispirazione.
C’è una domanda che mi frulla nella testa da un bel po’ di tempo. Scrivere, dipingere e scolpire rappresentano concretizzazioni della creatività, i risultati di un processo che porta all’esterno ciò che matura in noi.
La domanda è questa: come nasce questa creatività, insomma l’idea dell’opera, sia che si tratti di una poesia che di una scultura? E il processo, o meglio il fenomeno, è uguale in entrambi i casi?
Principalmente scrivo a seguito di una profonda emozione tanto che, quando iniziai a cimentarmi con la poesia, ebbi momenti di grande difficoltà e disagio perché era necessario riuscire a superare un certo pudore nel mettere a nudo i propri sentimenti dato che “scrivere poesia” significa anche condividere con altre persone ciò che portiamo dentro il cuore.
Qualche volta ho scritto anche su specifici argomenti, magari richiesti in occasione di eventi o ricorrenze particolari ma, in questo caso, la poesia mi sembra costruita a tavolino e di conseguenza ho la sensazione che mi appartenga di meno.
Per quanto concerne la scultura e la pittura, alcune volte mi getto immediatamente nell’esecuzione dell’opera presa dall’emozione, altre volte, invece, devo effettuare anche un lavoro preliminare di ricerca e di studio che può essere più o meno lungo.
Ma, soprattutto per quanto riguarda la pittura e la scultura, il desiderio di creare è spesso influenzato dagli avvenimenti del mondo circostante perché ritengo che qualsiasi forma artistica non dovrebbe rimanere fine a se stessa ma dovrebbe servire anche come strumento per lanciare dei messaggi, per far pensare e riflettere, può divenire anch’essa uno strumento di pace e d’amore in un mondo assetato soprattutto di questo. Credo che ognuno, con i mezzi di cui dispone (il pittore con la tavolozza ed i colori, il musicista con la sua musica, lo scultore con la materia, lo scrittore con carta e penna), debba trovare il modo, attraverso queste espressioni artistiche, di arrivare al cuore degli uomini. Mai, come in questo momento storico, dobbiamo tutti quanti far sentire la nostra voce. Tutti abbiamo questo dovere, parlare di pace e d’amore perché l’uomo ne ha bisogno come dell’aria che respira.
Dunque è per lo più un fenomeno inconscio la nascita dell’idea, magari influenzata anche dall’ambiente circostante. Non si pensa, o si pensa a qualche cosa d’altro, e l’idea nasce spontanea, senza un percorso iniziale di ricerca. Ovvio, poi, che per la realizzazione ci sia anche uno studio, indispensabile perché il risultato sia il più possibile aderente all’idea stessa. Ritorniamo al libro, in particolare alla silloge Un anno di poesie abbracciate. Nel trascorrere dei mesi e quindi anche della stagioni rilevo un parallelismo fra la natura e l’esistenza umana, anche se Dicembre celebra una nascita, quindi un inizio, e non una fine. L’uomo, che nasce e poi muore, in effetti trova una rigenerazione in quella nascita in una stalla di 2.010 anni fa. Rigenerare vuol dire ritrovarsi in altra forma e in questo senso, secondo te, la poesia è una continua rinascita dello spirito, oppure è semplicemente la traduzione in parole di una sensazione interiore? Mi spiego meglio: con la poesia l’autore trova in se stesso qualche cosa di nuovo tale da dargli l’impressione che con la sua stesura è come se ogni volta fosse rinato a nuova vita? Del resto il pathos che accompagna la creazione induce a vedersi in una nuova veste.
Sicuramente il pathos che accompagna ogni nuova creazione è, comunque, non soltanto “emozione” ma anche “sofferenza” e, come tale, lascia poi spazio nell’animo ad una sensazione di rinascita e di appagamento.
Ogni poeta ama trattare prevalentemente pochi temi (il rapporto con la natura, l’amore, il senso dell’esistenza, il rapporto con la divinità, ecc.). Tu in questa raccolta ne affronti moltissimi, nel senso che è quanto mai variegata. Comunque, quali sono i temi principali con cui tendi a dare corpo alle tue poesie, in un’ottica, o messaggio, con la quale cerchi di partecipare agli altri ciò che matura e si sviluppa dentro di te?
Non ho argomenti più o meno preferiti nello scrivere poesia, quindi i temi trattati dipendono molto dal mio stato d’animo di quel momento, dalle emozioni suscitate dal mondo circostante, dalla gioia o dal dolore. Infatti, le poesie della raccolta poetica “Dulcamara”, sono alquanto varie e comprendono quelle dedicate all’amore, agli affetti familiari, all’amicizia nonché alla poesia di tipo civile e quella intimistica.
Credo che non riuscirei mai a scrivere un intero libro di poesie su un singolo argomento, ammiro coloro che riescono a farlo ma io, forse per il mio carattere volubile e irrequieto, non amo la “routine” e, di conseguenza, mi annoierei tremendamente a scrivere su un unico tema.
Poetessa, scultrice, pittrice, vincitrice di numerosi premi letterari, per non parlare poi dell’ultima onorificenza (Premio donna Città di Scandicci), insomma pratichi l’arte, ma ne ritrai anche soddisfazioni. Mai appagata, potrei dire, sempre più ispirata mi sento di aggiungere. Del resto anche questo libro è frutto di un tuo successo (il 1° premio al Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa “La Tavolozza”). Un’attività, quindi, frenetica, tanto che mi viene da chiedere se ogni tanto non subentri un po’ di stanchezza e, soprattutto, se non avverti la necessità di staccare almeno per un po’. E invece sembri proseguire imperterrita, come un treno sempre in corsa. Dove trovi tanta energia e quali sono le fonti di questa continua ispirazione?
Bravo Renzo! Indovinato…”come un treno sempre in corsa”…. infatti sono proprio così! Senza un attimo di sosta, insomma, un treno senza fermate! Ma, a parte gli scherzi, non riesco, davvero, ad immaginare la mia vita senza queste attività perché ne ho bisogno per vivere.
Anzi, in verità, ho fatto una bella “fermata” abbastanza lunga per motivi di salute e sono stata molto male, non solo fisicamente per ovvie ragioni, ma, soprattutto, perché mi mancava di affondare le mani nell’argilla o dipingere. Ma, superato il periodo più cruciale, ho avvertito che l’unica cosa capace di farmi guarire sarebbe stata quella di prendere una tela e dei colori e rimettermi a dipingere. E così è stato, ho dipinto freneticamente, come a voler riprendere il tempo perduto, ho ritrovato la forza, l’energia, la gioia di vivere.
Questo dimostra che anche la sofferenza fisica può essere una fonte d’ispirazione e, pur trovandomi forzatamente chiusa in casa, la fantasia mi ha fatto volare lontano. Un esempio emblematico è Frida Kahlo ed il calvario della sua vita durante la quale subì circa 32 interventi chirurgici e fu costretta a portare vari busti di gesso che la costrinsero a lunghi periodi di immobilità. Fu, allora, che iniziò a dipingere e la pittura divenne la sua battaglia per la vita. Si fece costruire un cavalletto, appositamente studiato per dipingere stando distesa, con sopra il letto un grande specchio dove poteva specchiarsi in modo da eseguire i suoi primi autoritratti.
Ovviamente, conciliare diversi impegni artistici, anche con quelli familiari, non sempre è facile, ma se esiste “un’ardente” passione non si avvertono né sacrificio, né stanchezza. Certamente, però, questa passione deve essere, davvero, “ardente”, deve essere un fuoco che brucia dentro, come una passione d’amore, deve essere un tormento che si traduce, poi, in estasi.
E credo sia proprio questo fuoco interiore che produce e alimenta l’energia necessaria per proseguire in questo meraviglioso, anche se spesso difficile, cammino.
Indubbiamente la passione aiuta molto, anche a superare le difficoltà che si possono incontrare ogni giorno. Ritorno, dopo queste interessanti divagazioni, a Dulcamara.Le poesie che compongono questo libro affrontano temi quanto mai diversi, ma in verità è presente una silloge tematica, Un anno di poesie abbracciate, in tutto dodici liriche, appunto tante quanti sono i mesi di un anno. Quindi, ti sei posta il problema di svolgere un tema ben definito, ripercorrendo in versi sensazioni e impressioni di stagione. C’è un motivo particolare, oppure si tratta di poesie nate senza un preciso scopo e poi riunite in un’unica silloge?
L’idea delle poesie dedicate ai mesi dell’anno mi nacque perché desideravo fare un calendario da donare agli amici, inserendo in ogni mese una mia opera di scultura o pittura e una poesia.
Però, scrivere poesie dedicate ai mesi, mi sembrava banale e fu così che escogitai “Un anno di poesie abbracciate”. Infatti, l’ultimo verso della prima poesia è uguale all’incipit della seguente e così via, fino all’ultimo mese che desideravo si chiudesse con la parola “amore”. Da qui il nome di “poesie abbracciate” proprio perché sono collegate l’una all’altra, quasi come si tenessero per mano.
Qualche volta, purtroppo, le idee non si traducono in realtà ed ancora non ho trovato il tempo e il modo di fare questo calendario ma prima o poi lo farò….spero per il 2012 !
Non mi resta che attendere il calendario 2012, con immagini di sculture, pitture, o testi poetici, al posto delle solite ragazze, più o meno svestite.
E in un periodo buio per il genere umano, contraddistinto da ipocrisie, dissennatezze, degrado morale, a cui poi si aggiungono anche eventi catastrofici, come il recente terremoto in Giappone e il relativo rischio nucleare, alle persone di buona volontà e di sani propositi è lasciato sempre meno spazio, così che un poco per volta vengono emarginate.
Secondo te, come può l’arte, intesa in senso generale, contrastare questa tendenza che sembra sempre più nichilista?
L’articolo 9 della Costituzione Italiana recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Attualmente il dettato di questo articolo non è proprio in linea con i recenti tagli operati dal Governo in tutti i settori della cultura, nonostante che, invece, investire nella cultura, significherebbe investire nella crescita sociale ed economica di un Paese. E, mai come adesso, sarebbe oltremodo necessario farlo proprio per il periodo che stiamo vivendo, dove troppo spesso hanno il sopravvento il degrado morale e barbarie di ogni genere nonché la perdita dei valori e di ogni etica, con l’aumento dell’ignoranza e dell’intolleranza. Quindi, le uniche armi a disposizione per combattere tale imbarbarimento sarebbero proprio le arti e la cultura, messe a dura prova dai recenti provvedimenti.
Credo, comunque, che nonostante tutte le difficoltà, dobbiamo continuare con perseveranza e determinazione a portare l’arte e la poesia a disposizione di un sempre maggior numero di fruitori e cioè andando al di fuori dei salotti e circoli letterari frequentati esclusivamente dagli “addetti ai lavori” e facendola veicolare anche in luoghi pubblici non espressamente preposti dove un sempre maggior numero di persone ne possa venire a conoscenza. Così come è necessario fare esposizioni di arti visive in qualsiasi luogo accessibile con più facilità dalla popolazione e non esclusivamente in gallerie d’arte. L’arte deve essere un bene di tutti e non esclusivamente di gruppi ristretti di cosiddetti “intenditori” perché l’arte è bellezza e la bellezza appartiene a tutti.
Tutto questo con la speranza che, continuando a gettare dei semi, questi possano germogliare in futuro. Certamente il male fa più scalpore del bene e occorre molta costanza e fermezza nel mettere in atto questi propositi anche perché spesso l’artista, che non dispone di particolari risorse economiche, non riesce ad emergere e trova molte strade chiuse.
Ciò che Giorgio La Pira aveva annunciato e previsto mezzo secolo fa si è avverato. Riporto una parte del messaggio che La Pira, grande profeta di pace, sindaco di Firenze dal 1951 al 1965, rivolse alla Comunità degli scrittori europei nel lontano 1962: “Siamo ormai sul “crinale apocalittico” della storia: in un versante c’è la distruzione della terra e dell’intera famiglia dei popoli che la abitano, nell’altro versante c’è la “fioritura messianica dei mille anni” (…) i popoli di tutta la terra e le loro guide politiche e culturali sono oggi chiamati a fare questa estrema scelta. Per non compiere il “suicidio globale” e per andare invece, nel versante della pace millenaria (…) bisogna trasformare i cannoni in aratri ed i missili in astronavi e non devono più i popoli esercitarsi con le armi”.
E, purtroppo, le nostre guide politiche e culturali sembrano non avvertire quali siano le loro gravi responsabilità…
In verità l’attuale governo dimostra di non conoscere la nostra Costituzione e, soprattutto, di non volerla rispettare.
Nella “Carta” vengono tutelati i diritti di tutti nell’interesse generale, mentre c’è chi lavora solo per interessi particolari e che non ama pertanto che ci sia una diffusione della cultura che porterebbe a un accrescimento dello spirito critico e quindi a un maggior controllo sull’operato dell’esecutivo e dell’intero parlamento.
E per finire una domanda che è possibile definire di prammatica: hai qualche cosa in cantiere, cioè hai in animo di pubblicare abbastanza a breve un’altra raccolta di poesie?
No, non penso mai di scrivere con l’intento di pubblicare, scrivo unicamente quando ho qualche emozione da lasciare sulla carta. Provo questo desiderio poiché il tempo passando spesso “scolorisce” i nostri ricordi e, pur non cancellandoli, comunque ci fa perdere le emozioni di quell’istante; scrivendo ho la sensazione di poterle fermare e lasciarle intatte anche negli anni futuri.
Grazie, Renzo, per questa intervista, grazie, per la tua generosità nel promuovere e divulgare le mie opere e quelle dei vari autori e artisti, per la tua costante attività di operatore culturale e promotore della cultura e per il tuo rigore e onestà intellettuale.
Grazie, Mara, per questa conversazione bella e interessante, che è andata anche oltre le notizie sul tuo Dulcamara, libro che ti auguro possa ottenere il successo che senz’altro merita.
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