Recensione film “Insyriated” per la regia di Philippe Van Leeuw
Vita di famiglia sotto assedio
Che cos’è il tempo nel mirino di un cecchino? Che cosa diventa il quotidiano nella semioscurità di un appartamento in un palazzo in una città in un paese da 8 anni in guerra civile? Come un western d’assedio, ma non arrivano i nostri. Una famiglia e i suoi ospiti barricati nella claustrofobica geografia di stanze, attese, allarmi e norme di
sopravvivenza è forse la sola via oggi per raccontare un conflitto in corso (ormai il Vietnam-movie è ridicolo) e risvegliare dall’ipnosi dei reportage tv e dal principio del “respingimento”. Una
madre severissima per difesa (la mai troppo lodata Hiam Abbass), i figli, il padre anziano, la domestica e una coppia con neonato affrontano il rischio di diventare carne da macello nelle lotte di clan di potere, di religione o chissacosa da un “fuori” imprecisato, perché, tra una fucilata giù in strada e una tremenda violenza in salotto non è dirimente sapere chi fa cosa. Un giorno, una notte: regole thriller, ma nell’ottima sceneggiatura il belga Leeuw estrae dai volti la cognizione del dolore e dalla geometria della casa una mappa di vita e di morte. Da vedere.
Silvio Danese
Titolo originale: Insyriated
Nazione: Belgio, Francia, Libano
Anno: 2017
Genere: Drammatico
Durata: 85′
Regia: Philippe Van Leeuw
Cast: Hiam Abbass, Diamand Bou Abboud, Juliette Navis, Mohsen Abbas, Moustapha Al Kar, Alissar Kaghadou, Ninar Halabi, Jihad Sleik