Incontri celebri: Hemingway si rompe le balle di Montale 1


123A cura di Augusto Benemeglio
Incontri celebri

1-Abbrucciacchiato ma felice

L’unico incontro tra Montale e Hemingway avvenne a Venezia nella primavera del 1954, con il poeta nella vesti di giornalista del “Corriere della Sera” , inviato dal proprio direttore a fare un’intervista allo scrittore americano più famoso del suo tempo , che Eusebio considerava un suo buon amico, avendo tradotto alcuni suoi racconti in italiano negli anni fiorentini subito dopo il licenziamento dal Viesseux, con tanto di lettera di ringraziamento da parte dello staff di Ernest. L’incontro avvenne subito dopo l’esito molto contrastato del suo romanzo veneziano “Across the River and into the Trees» , pochi mesi dopo la falsa notizia della morte di “Papa” , diramata da tutte le agenzie di stampa , a seguito della caduta e dell’incendio del suo aereo in Nigeria nel gennaio dello stesso anno. Ed era stato lo stesso Montale a scrivere il necrologio dello scrittore. Perciò quel 24 marzo il vecchio Hemingway era ancora “abbruciacchiato ma felice” per averla scampata ed essere tornato per l’ennesima volta nella “sua” amata Venezia.

2. Tanfo di scampi fritti/ e qualche zaffata
Montale a Venezia c’era stato diverse volte , aveva scritto anche delle prose veneziane , in uno stato di reverie con note amare d’ironia , ma anche di puro divertimento, che ogni tanto i suoi versi si portano dietro, indulgendo anche in certi giochi di gusto barocco. Era quella del ’26 una Venezia che “ domanda turisti e amanti anziani” , inadatta, inospitale per due che mostravano già gusti e favori così diversi: “ Lei che amava solo/ Gesualdo Back e Mozart e io l’orrido/repertorio operistico con qualche preferenza /per il peggiore”. Una Venezia senza senso , vista per di più da un albergo; dalle finestre che si affacciavano sul vicolo maleodorante “ tanfo di scampi fritti,/qualche zaffata di nausea dal canale.

3.Accozzaglia di avvenimenti contrari
Il direttore del “Corriere” contava sullo “scoop” montaliano, fidando anche su una vantata presunta amicizia tra di loro, ma in realtà il vecchio Hemingway aveva completamente dimenticato il traduttore “italiano” di gran parte dei suoi “49 racconti”. Tutto sembrava infrangersi in un’accozzaglia di avvenimenti contrari: “ l’orologio che segna le cinque e sono le quattro”, “l’uscita intempestiva”, “il Caffè Florian ancora deserto” la trattoria Paganelli inospitale , il caldo terribile fra i fotografi ambulanti, l’assurdo “peso di un catalogo biennale/ mai consultato e non facile da sbarazzarsene.” E il rituale turistico, quello d’obbligo “ comprando keepsakes e cartoline, occhiali scuri sulle bancarelle” . Una città e un’evasione inadatte per due che evidentemente erano distanti ed estranei in tutto, o quasi.
Ed ecco allora un Hemingway montaliano intravisto come in un siparietto carico di colore. .Certo, non gli fu affatto facile avvicinarlo. Ci vollero un’infinità di astuzie da parte sua per superare lo sbarramento del portiere, ligio agli ordini, e una vantata (ed esagerata) amicizia con Ezra Pound. E anche qualche bottiglia di Merlot. “L’accesso all’Orso era sbarrato” . Ma alla fine riuscì a salire in camera dello scrittore. “Era ancora a letto, e dal pelame sbucavano / solo gli occhi e gli eczemi.”

4.Sembrava assai più vecchio della sua età
Scrive Montale sul “Corriere del 26 marzo 1954: “Hemingway mi ricevette stando a letto e sgocciolando ciò che restava di una bottiglia di whisky. Parlammo, più che altro, “del nostro tempo” […]. Del nostro colloquio – suggellato persino da un abbraccio – non ricordo altro. Hemingway sembrava allora assai più vecchio della sua età; soppressa la grande barba tolstojana, i peli del suo viso sparso di eczemi erano spuntati alla meglio […]. Selvoso, arruffato era anche il suo discorso, multilingue, con prevalenza di un italiano immaginario». E l’uomo confermava la schietta umanità dei suoi libri migliori. Al whisky si accompagnavano alcune bottiglie di Chianti (nei versi di Satura si tramuteranno in Merlot, n.d.r.) e, sul pigiama color cannella, Hemingway aveva indossato un pullover. La porta era stata aperta dalla «signora Mary che mi pare sia la stessa da me conosciuta anni fa: so che non è la prima moglie, e nemmeno la seconda o la terza».

5. Un elenco di amici comuni
Montale ci scriverà , molti anni dopo , una poesia , raccolta in “Satura”, un libro pieno di morti. «Il Farfarella garrulo portiere ligio agli ordini / disse ch’era vietato disturbare / l’uomo delle corride e dei safari»: (Tortorella, il portiere dell’Hotel Gritti di Venezia ha preso il nome di un diavolo dantesco, n.d.r.) «Lo supplico di tentare, sono un amico di Pound / (esageravo alquanto) […] ed ecco che / l’orso Hemingway ha abboccato all’amo. È ancora a letto, dal pelame bucano / solo gli occhi e gli eczemi. / Due o tre bottiglie vuote di Merlot / avanguardia del grosso che verrà». Parlano «dei ruggenti anni trenta / e dei raglianti cinquanta», fanno un elenco di amici comuni a Montale ignoti. «Quasi piangendo m’impone di non mandargli gente / della mia risma, peggio se intelligenti». Infine, il famoso abbraccio di colui che «morendo due volte / ebbe il tempo di leggere le sue necrologie”.

1. Si è rotto le balle di Montale
In realtà pare che le cose siano andate più o meno così. Hemingway , ancora sofferente per le ferite riportate a seguito dell’incidente , riceve Montale dopo varie insistenze e solo perché si dichiara amico di Pound. Non lo conosce , né lo ricorda minimamente . Per lui è un giornalista da terza pagina , “un intellettuale” , e lo riceve standosene a lungo sul letto, in mutande; con la solita bottiglia di wisky in mano, ma poi si alza, si mette qualcosa addosso e vanno sulla veranda. Cominciano a parlare in una lingua strana, una sorta di esperanto. Hemingway è leggermente balbuziente, parla a voce bassa ed usa un miscuglio di inglese, francese, tedesco e spagnolo; con qualcosa di veneziano ; ogni tanto si posa un dito sotto l’occhio e sorride di sbieco, alla Clark Gable. Il discorso è strampalato, surreale , corre sul filo dell’assurdo: si fanno nomi di gente e luoghi, critiche di tempi e di stagioni sociali, si parla della vita , scontentezza e disillusione. “Ecco l’uomo delle corride e dei safari / che si dispera. Niente caccie in palude, / niente anitre selvatiche, niente ragazze”, come negli anni passati, quando veniva a Venezia e tutta la nobiltà gli faceva ressa… Montale capisce che gli viene negata qualsiasi possibilità di fare un bel pezzo , o quantomeno scrivere qualcosa di interessante. Allora comincia ad insistere su altri argomenti che riguardano alcuni libri di Hemingway , ma l’americano , a questo punto, inopinatamente, all’improvviso, tra un mah e un bah, gli dà il brusco alt e lo congeda, lo manda letteralmente a quel paese. E dice , in inglese, al portiere Farfarella che “si è rotto le balle” di questo tizio che non sa chi sia , che vuol restare solo. E si raccomanda , sempre a Tortorella , di non mandargli altra gente della sua risma, ovvero intellettuali di cui ne ha piene le tasche e non da ora.
Quello fu l’unico incontro e fu anche l’addio fra due futuri premi Nobel della letteratura , così completamente diversi, così decisamente opposti l’uno all’altro.

Roma, 16.10.2013 Augusto Benemeglio

 

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Un commento su “Incontri celebri: Hemingway si rompe le balle di Montale

  • giovanni

    E’ abbastanza strano che due scrittori del loro livello nono riescono a dialogare normalmente (anche perchè Hemingway era ubriaco e ancora doveva riprendersi dal suo incidente sull’ aereo). povero Montale, che era stato mandato dal Corriere Della Sera a intervistare quello scrittore famosissimo in tutto il mondo ed è stato anche mandato a quel paese perché non voleva vedere nessuno.