IL SENTIERO DI DOMINIQUE VILLA BALBINOT


Dominique Villa BalbinotA cura di Augusto Benemeglio

1.UN GIOCO DI SEDUZIONE
In questo racconto: c’è tutto il fascino di un racconto classico e quel che resta delle ombre e dei sogni. Diciamo pure un che di romanticismo gotico, anche se i protagonisti sono due cani da tartufo e la Natura , che è – come dice Baudelaire – un tempio ove i pilastri viventi/lasciano a tratti sfuggire confuse parole”.
Ma uno più che al grande poeta francese pensa al Th.Mann di “Padrone e cane” , e l’incantesimo della loro amicizia silenziosa ; o a David Herbert Lawrence, al suo famoso “Lady Chatterley”, (in questo forse arbitrariamente ), per l’idea sottesa di una seduzione quasi invisibile tra un uomo e una donna che nel finale del racconto si sfiorano appena, nel bosco , metafora di una certa oscurità sessuale e di un che di magmatico, ambiguo, melmoso (è il luogo dell’imprevedibile, del non conosciuto, degli spazi magici, in cui un notturno fiume d’ombre d’alberi , intrichi e foglie scorre dalla sua sorgente che è il domani all’eterno ).

2. UN QUADRO GOTICO
Ma se vogliamo Il Sentiero si potrebbe configurare come un quadro gotico dove non ci sono cavalieri streghe o maghi, ma – come detto – la Natura coi suoi “panorami contornati d’ azzurrino, i pendii declinanti …o scoscesi, …i molli declivi, gli sbalzi di un rivo d’ acqua e due cani dettagliatamente descritti , che vanno a caccia di tartufi ; un quadro stile romance fatto di richiami, odori, sentieri, suoni , latrati , seduzioni, rappresentato con estrema esattezza dei particolari , minuziosa , analitica ricostruzione del sentiero che si snoda con una celerità selvatica fino agli ori tintinnanti della campagna su cui rimbalza la luce che insegue l’ombra nell’intrico dei rami , della vecchia quercia, nei fiori, il ronzio degli insetti e nella sua stessa pelle che dilata gli spazi con le sue confusioni taciturne. Ed ecco i cani e la loro istintuale frenetica felicità di danza di code e giochi di zampe ,di scavi e delirio di nari , per la caccia alla preda, innocenti e voraci come i bambini , in quell’ora in cui la luce ha una finezza di sabbia e la memoria si fa declivio, nostalgia della propria infanzia , tenerezza di un qualcosa che forse non abbiamo mai vissuto che conferisce alla limpidezza del ricordo una lacrima d’argento di nobiltà .

3. STORIA DI DUE SOLITUDINI

Dominica Villa Balbinot in qualche modo, ci prende per mano e ci porta dentro il quadro, da lei stesso dipinto , con grande eleganza e finezza di dettato e cromatismo ( peraltro è anche un’eccellente pittrice che fa ritratti vagamente baconiani) ; ora i luoghi ci richiamano alla mente Cesare Pavese e le sue Langhe , il suo realismo simbolico , con la campagna vissuta come mito innocente e selvaggio di un mondo dell’infanzia ancora incontaminato . E seguiamo passo passo i due cani ( uno ha il nome di un imperatore, Tiberio, il vero specialista di tartufi ) che s’inoltrano nel bosco selva-mistero, seguiti dai rispettivi padroni, “tra rovi e arbusti spinosi con strani filamenti biancastri, per poi trovarsi totalmente immersi nelle ombre ancora folte dei carpini ramati”. Ed è lì, nel bosco, mentre Tiberio trova forse il tartufo giusto , che i due essseri umani che finora sono stati fuori dal quadro , ombre indistinte, un uomo che sembra piuttosto forte e rozzo , e una donna che si presume più raffinata e bella ( l’autrice non fornisce alcun tipo di dettaglio in merito) incontrano forse il loro destino. Anche loro , come i cani , sono forse “all’eterna ricerca di prede con cui sfamarsi , con cui appagare una fame in realtà inappagabile, una specie di arsura perenne?”. La donna scivola sul terreno vischioso e melmoso , cade, l’uomo l’aiuta a rialzarsi, il loro incontro dei corpi e tutto lì. Non c’è nulla di o-sceno ( “l’osceno – dice Baudrillard – è quando tutti gli enigmi sono risolti e le stelle si spengono… se ogni illusione è restituita alla trasparenza, allora il cielo diventa indifferente alla terra ). “Subito dopo, iniziò a piovere, e lei ebbe solo il tempo di guardare per un attimo gli occhi dell’uomo, occhi dall’ identico sguardo di un segugio in caccia”.
Il racconto finisce qui, ma paradossalmente è proprio ora che inizia, per il lettore , con quel gioco di seduzione che trascende l’attrattiva sessuale. La posta in gioco va oltre l’inganno del desiderio . Tutto è possibile ( “Cantando lo spazio/ci sono incontri/ e mi trasformo”) . Potrebbe nascere la lunga storia di un amore ( Piove una sciarpa nel bosco/ed io mi bagno) , ma anche la storia breve di due solitudini che non s’incontreranno mai più, ma vi sono solitudini per far innamorare lo scrittore della propria anima: “In quale profondità nasconderò la mia anima /perché non veda la tua assenza, /né ascolti le tue musiche d’organo e candelabri? / La tua assenza è tanto vasta / che mi circonda come un mare / è come un bosco tentacolare / con mille rami e lacci che mi strangolano./ Dovrò ricomporre i frammenti / della vasta vita che ancora adesso/ è il tuo specchio segreto infranto; / ogni mattina dovrò ricostruirla granello a granello,/ diamante a diamante ;/ da quando ti allontanasti,/ quei luoghi sono diventati / vani e senza senso / uguali ai lumi di ogni giorno.

Roma, 4 maggio 2016 Augusto Benemeglio

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