Favole raccolte, curate e riadattate da Simone
C’era una volta un ciabattino così povero che dovette lasciare la moglie e la casa ed andarsene in città a guadagnare il denaro necessario per comperarsi un po’ di cibo per l’inverno. In città se la cavò abbastanza bene e in breve tempo guadagnò tanto da comprarsi un buon ciuco da poter raccogliere, in un sacchetto legato alla cintura, una bella manciata di monete d’argento.
Mentre se ne andava a casa, vide avvicinarsi una banda di briganti, e disse tra sé “sono perduto! Che posso fare ? Mi deruberanno di tutti i miei averi e tornerò ad esser più povero di prima”.
Ma era un ometto sveglio e in un istante dopo aveva già escogitato un trucco: svelto tirò fuori una po’ di monete d’argento e le nascose sulla criniera del ciuco. Poi seguitò per il suo cammino fino a quando i briganti non lo fermarono e gli imposero di consegnare tutti i suoi quattrini, proprio come egli si aspettava.
Allora esclamo:
– Amici miei, non sono che un povero ciabattino e non ho niente al mondo se non questo ciuco.
Mentre parlava, il ciuco scosse la testa su comando e dalla criniera gli cadde una pioggia di monete.
– Che cos’è questo ? – chiesero i briganti.
Il ciabattino si mise a piangere ancor più forte di prima e disse:
– Ahimè ! avete scoperto il mio segreto. Questo è un ciuco magico che una volta al giorno scuote la testa, facendo cadere una pioggia di monete d’argento.
I briganti esclamarono:
– vendicelo e ti daremo cinquanta monete d’oro !
Dopo averli lasciati insistere per un po’, e ricordandosi che si stava giocando anche la vita, il ciabattino vendette loro l’asino. Ma, prima di andarsene disse:
– Ricordatevi una cosa. Il ciuco deve appartenere ad una sola persona. Fate perciò a turno e tenetelo una notte e un giorno per ciascuno.
Poi tornò a casa tutto contento, si comprò una buona vigna sulle falde dell’Etna e prese a vivere comodamente. I briganti ritornarono nelle loro caverne sulle montagne ed il capo della banda prese il ciuco per sé per il primo giorno e per la prima notte. Non una sola moneta d’argento piovve dalla criniera dell’animale ed il brigante si rese conto che Mastro Giuseppe, il ciabattino, l’aveva preso in giro. Non disse niente ai compagni e consegnò l’asino ad un altro brigante con queste parole:
– ha lasciato cadere tante monete quante ce n’era da aspettarsene; non una di meno !
ma quando tutti i briganti ebbero tenuto il ciuco per un giorno e per una notte e nessuno di essi ebbe ricavato una sola moneta d’argento, la banda si riunì al completo; si confidarono la loro delusione e decisero di andare a punire Mastro Giuseppe.
Quel furbone li vide arrivare da lontano, certamente se l’aspettava, ed ebbe tempo sufficiente per preparare loro una nuova trappola, con l’aiuto di sua moglie. Le appese infatti al collo una vescica piena di sangue di maiale, nascondendogliela sotto agli abiti e le dette precise istruzioni.
Ben presto giunsero i briganti tutti arrabbiati, minacciando di tagliare a pezzi Mastro Giuseppe, ma questi esclamò:
– Che cosa stana ! Quel povero ciuco deve aver perso i suoi magici poteri, Forse vuole usarne solo in mio favore. Ma non bisticciamo per così poco ! restate a cena con m. Dopo, vi renderò le vostre 50 monete d’oro.
– Dacci prima l’oro ! – gridarono i briganti, sempre minacciandolo.
– Ma certo, se così volete ! – assentì Mastro Giuseppe e si volse a chiamare la moglie. Quando essa entrò nella stanza, le disse:
– Moglie, va’ subito a prendere dallo scrigno cinquanta monete d’oro. _ La Donna rispose:
– No ! ora ho da fare, devo preparare la cena, ci andrò più tardi !
– Vacci subito ! urlò Mastro Giuseppe, ma poiché la moglie non dava segno di volersi muovere, tirò fuori il coltello e la colpì al petto. La poveretta cadde a terra come morta, mentre il sangue le sgorgava fuori a fiotti.
I briganti esclamarono:
– Che cosa hai mai fatto ? La donna si meritava un po’ di busse, è vero, ma non di più !
– Forse sono stato troppo precipitoso – ammise Giuseppe – ma si rimedia presto – Così detto, prese la chitarra appesa vicino ai fiaschi di vino e cominciò a suonare. Sua moglie si destò come da un sonno, si alzò in piedi e cominciò a danzare allegramente. I briganti a quella vista esclamarono:
– Mastro Giuseppe ! Puoi tenerti le monete d’oro, ma vendici la tua chitarra meravigliosa !
– Impossibile ! – rispose Giuseppe. – vedete: tutte le volte che vado in collera con mia moglie. Le trapasso il cuore con una coltellata, così la punisco e sfogo la mia rabbia. Se vendo la chitarra posso ucciderla come al solito, ma a quanto farla resuscitare, non se ne parlerebbe più.
I briganti seguitavano ad insistere che volevano comperare la chitarra – avevano mogli veramente impossibili, come un brigante si può meritare – Giuseppe alla fine accettò di separarsene per cento monete d’oro. Il capo dei briganti fu il primo ad usarla; quella sera, tornando a casa, chiese alla moglie cosa gli avesse preparato per cena:
– Maccheroni ! . rispose la donna.
– T’avevo detto di prepararmi pesce lesso ! – gridò il capo dei briganti ed estratto il coltello la colpì al petto e la stese a terra morta. Poi suonò la chitarra, ma aveva un bel suonare sempre più forte. La moglie non si mosse più.
– Quel maledetto ciabattino ci ha truffato di nuovo ! – gridò il capo dei briganti, ma non volendo sembrare l’unico sciocco di tutta la banda, non fece parola della moglie morta e la mattina dopo passò la chitarra ad un altro brigante, dicendo: – E’ una chitarra fantastica: funziona proprio come c’era da aspettarsi che funzionasse.
Quando tutti i briganti ebbero ucciso le proprie mogli senza riuscire a riportarle in vita, si riunirono di nuovo e decisero che questa volta, Mastro Giuseppe non sarebbe sfuggito ad una morte crudele.
Questi li vide giungere da lontano come al solito, e preparò i suoi piani con cautela. Quando arrivarono i briganti, Mastro Giuseppe non era in casa.
Sua moglie disse:
– E’ nella vigna: manderò il cane a chiamarlo. Anzi: dirò al cane di fargli portare a casa un fiasco di vino per ciascuno di voi. Così detto impartì i suoi ordini all’animale e quello partì come un razzo verso la vigna.
Poco dopo giunse Mastro Giuseppe, con il numero esatto di fiaschi di vino necessari e disse:
– Ebbene signori, il mio cane mi ha riferito che volete vedermi e mi anche comunicato l’eccellente suggerimento di mia moglie, cioè che vi portassi del vino per stare allegri tutti insieme.
I briganti gridarono:
– Sicuro che vogliamo vederti ! Abbiamo ucciso le nostri mogli e la chitarra non ne ha portata in vita nemmeno una!
E Mastro Giuseppe di rimando:
– Guarda un po’ che caso ! Ma forse avete suonato la musica sbagliata, è stata colpa vostra, ma dopo tutto, potete prendervi delle mogli nuove, se proprio ne avete bisogno, rimediando all’accaduto.
– E’ vero, aggiunsero i briganti – e non ne parleremo più, se ci vendi immediatamente il tuo meraviglioso cane che porta le ambasciate.
Mastro Giuseppe vendette loro il cane per duecento monete d’oro ed essi se ne andarono. Ma tutte le volte che cercavano di mandare il cane a fare un’ambasciata, esso si limitava a correre da Mastro Giuseppe e ben presto i briganti si resero conto che l’astuzia del ciabattino li aveva giocati ancora una volta.
Decisi a farla finita per sempre, lo catturarono e lo misero in un sacco, poi si avviarono verso il mare per gettarvelo dentro. Ma la giornata era calda e passando di fronte ad un’osteria, lo lasciarono fuori un momento per ripararsi al fresco.
Su una collina lì vicina c’era un guardiano di maiali piuttosto sempliciotto che fischiava per radunare le sue bestie. Non appena Mastro Giuseppe lo udì, cominciò ad urlare a squarciagola:
– Non voglio ! Vi dico che non voglio ! fate quel che vi pare, ma io mi rifiuto !
Il guardiano dei maiali si avvicinò e domandò:
– Che cos’è che non vuoi ?
– Non voglio sposare la figlia del Re ! – Vogliono darmela in moglie, ma io mi rifiuterò in tutti i modi, perché voglio bene a un’altra donna !
– Perdi una bella occasione però ! soggiunse il guardiano dei maiali.
– Per amor del cielo, se vuoi sposarla tu, fammi uscire di qui ed io ti lascerò il mio posto. Vai al palazzo reale e di’ che sei Mastro Giuseppe. La principessa non m’ha mai visto e non si accorgerà della differenza.
Il guardiano aprì il sacco, ci mise uno di suoi maiali e corse al palazzo reale, abbandonando il branco di cui Mastro Giuseppe si impossessò subito.
Quando i briganti si furono riposati, uscirono dall’osteria, raccolsero il sacco e lo gettarono da un alto dirupo sul mare profondo, dove si inabissò immediatamente. Poi se ne tornarono a casa, ma per la strada, incontrarono Mastro Giuseppe che si spingeva innanzi i maiali. Rimasero a guardarlo a bocca aperta ed egli gridò loro:
– Non so come ringraziarvi per questi animali ! Se sapeste quanti ce ne sono in fondo al mare ! Potreste fare fortuna in un batter d’occhio ! E più in giù si va e più maiali si trovano.
– Ce n’è ancora rimasto qualcuno? – chiesero i briganti.
E il ciabattino, senza esitare, rispose:
– ce ne sono a migliaia, più di quanti se ne possano contare ! Venite con me e vi mostrerò il punto esatto, qualora ve ne foste dimenticati.
Così li riportò in cima al dirupo e aggiunse:
– Badate bene di legarvi al collo delle pietre molto pesanti prima di tuffarvi: i maiali che ho trovato io sono proprio in fondo.
Tutti i briganti si legarono ad una grossa pietra al collo e saltarono in mare e da allora in poi non si seppe più nulla di loro.
Mastro Giuseppe si portò i maiali a casa, si comprò un’altra chitarra e fu ricco per tutta la vita.
Simone
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