A cura di Gordiano Lupi
I due pericoli pubblici è un film scritto e realizzato in tempi rapidi da Fulci, con la collaborazione di Castellano e Pipolo. La pellicola cita le vecchie comiche del muto, inserendo diversi numeri d’avanspettacolo, gag visive e mimiche con le quali Franco Franchi si trova a suo agio. Trovata divertente per i titoli di testa che scorrono con il sottofondo di una canzone interpretata da Franco e Ciccio, mostrando ritagli di giornale che raccontano le imprese criminali dei protagonisti. Fulci cita Il Dottor Stranamore (1964) di Stanley Kubrick e imbastisce la parodia di un genere, raccontando storie di piccoli imbrogli finiti male.
Franco e Ciccio sono i fratelli Introlla, due sprovveduti truffatori che vorrebbero cambiare vita ma sono di nuovo coinvolti nel giro del malaffare dopo aver mandato a monte una truffa organizzata da una baronessa durante una festa all’ambasciata marocchina. I nostri eroi riconoscono Riccardo Garrone come un vecchio compagno di galera, lo fanno arrestare, mentre la complice Margaret Lee riesce a fuggire. La baronessa, con l’aiuto del Mancino, un energumeno tutto muscoli, obbliga Franco e Ciccio a lavorare per lei fino a quando non le avranno rimborsato la perdita di un milione di lire. Da qui parte il canovaccio comico che manda avanti una sorta di film a episodi basati su truffe finite male. Vediamo Franco e Ciccio nei panni di improbabili frati che cercano di estorcere un’eredità, imbranati ladri di quadri nascosti in pesanti armature, inetti truffatori assicurativi in un finto incidente stradale, finti poliziotti che dovrebbero fare irruzione in una bisca, vigili urbani che tentano di rubare i regali per la befana, finti generali e infine ladri che mentre tentano di scassinare una cassaforte fanno esplodere la bomba all’idrogeno sul Ministero della Difesa. Finiscono in Paradiso grazie alla truffa di due ali finte che inganna San Pietro, ma non perdono il vizio e nell’ultima sequenza Franco tenta di rubare l’aureola d’oro al custode celeste.
Molte parti divertenti rendono I due pericoli pubblici un vero e proprio gioiello nella sterminata produzione di Franco e Ciccio. La sfilata di Franco stile modello presso l’agenzia di collocamento, Franco che lecca i tramezzini prima di servire gli ospiti e la messa in scena dei padri Carmelitani con le scarpe sono soltanto l’inizio di una girandola di situazioni esilaranti. La preghiera dei due finti frati è un pezzo da antologia. Ciccio: “Fiat voluntas dei”. Franco: “Fiat Alfa Romeo”. Franco vede che il morto ha sopra di sé la bandiera comunista e afferma: “Faceva il doppio gioco!”. Comincia a recitare il Padre Nostro alternando le note di Bandiera Rossa. La truffa non riesce, i familiari offrono ai frati al massimo cinquemila lire per cambiare la campana (“Invece della campana faremo un campanello!”, dice Franco), poi li scoprono come ladri. “Prego, truffatori!”, è il leitmotiv dell’impassibile Ciccio.
La comica delle armature ricorda il cinema muto e alcuni episodi interpretati da Stan Laurel e Oliver Hardy: il sigaro che fa bruciare Franco, il custode che vede mangiare il panino e bere il vino ma non sa da chi, il fornello del caffè che riscalda Franco, infine la spedizione fuori dal museo in direzione Russia e la fuga nel centro cittadino. La tecnica dello spleetscreen separa uno sketch dall’altro, introduce la truffa assicurativa che vive il suo momento più esilarante in sala operatoria, dove Ciccio (finto medico) vorrebbe operare Franco (finto infortunato). “A schifio finisce!”, è la considerazione del povero Franco. Ricordiamo anche Ciccio e Franco che si fingono matti nei panni di Napoleone e Paolina Bonaparte. In questa parte Fulci mostra lo stile del futuro regista horror e thriller perché inserisce numerosi elementi di tensione narrativa.
I tempi comici sono perfetti, il montaggio è rapido ed essenziale, la fotografia è resa in un nitido bianco e nero che si presta a raccontare avventure in forma di comica. Interessante una parte onirica dopo aver fumato sigarette drogate che porta i nostri poveri truffatori a vedersi come donne. Cammeo di Lucio Fulci, nei panni di un marinaio che grida in romanesco: “Ah, sonati!”. Margaret Lee è l’elemento erotico conturbante della pellicola, mostra lunghe gambe e seno florido in diverse occasioni, restando in slip e reggipetto, ma per i tempi è abbastanza. Protagonista anche di uno streep poker interrotto (purtroppo) dall’arrivo della polizia. Linda Sini è ottima come baronessa, così come Riccardo Garrone è un abile trasformista truffatore. Franco Franchi supera se stesso nello sketch militare, quando imita Charlie Chaplin ne Il grande dittatore (1940) e impersona un comico Von Franken in un assolo da tedesco che ricorda Hitler. Battute come Mizzigen, Alla faccia del kazzen sono epocali, fanno venire a mente Bonvi e le sue Sturmtruppen.
Una stella e mezzo per Paolo Mereghetti: “Pallida eco del Dottor Stranamore con visione antievangelica del Paradiso”. Morando Morandini conferma il giudizio appena sufficiente: “Vagamente orecchiato il Dottor Stranamore di Kubrick”. Pino Farinotti alza a due stelle, ma non spreca giudizi critici. Tre stelle per il pubblico, ed è pure il nostro giudizio, sarà perché in fondo quello siamo: pubblico d’un cinema indimenticabile e non critici dimenticabili.
Regia: Lucio Fulci. Produzione: Aster Film (Roma). Soggetto e Sceneggiatura. Castellano & Pipolo, Lucio Fulci. Ispettore di Produzione: Dino Di Salvo. Montaggio: Ornella Micheli. Fotografia: Alfio Contini. Musiche: Piero Umiliani. Operatore alla Macchina. Maurizio Scanzani. Scene, Arredamento, Costumi: Nedo Azzini. Aiuto Regista. Emilio Miraglia. Assistente: Giorgio Gallizio. Organizzazione: Renato Jaboni. Produzione: Stabilimenti Incom. Negativi e Positivi: Spes, diretta da E. Catalucci. Interpreti: Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Margaret Lee, Linda Sini, Riccardo Garrone, Poldo Bendandi, Mino Doro, Gianni Dei, Luciana Angiolillo, Franco Morici, Corrado Olmi, Salvo Libassi, Nino Nini.
L’indimenticabile sequenza del generale Von Franken: http://www.youtube.com/watch?v=Ah_4duVTq8U
Gordiano Lupi
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