Il momento più laborioso per chi scrive versi, presumo non sia tanto – e non sia solo – quello di scendere con mente e cuore in piccole fosse inesplorate dall’io e lì stupirsi e attardarsi nelle proprie emozioni, quanto risalire e riproporre la magia di quel momento come si può, come si sa, restando il più possibile fedeli a una densità che va scemando.
L’abilità di coinvolgere, non uno, ma tutti e cinque i sensi è Grazia Procino col suo libro “Di albe e di occasi”. A tratti mi ha ricordato Roberta Dapunt: lo stesso passo lento e calibrato di un verso passionale che ama tanto la natura fino a farne una continua proiezione di sé.
Avviso ai naviganti che approderanno a questo libro: quel verso si allunga dove non crede: fino ai ricordi. E come succede con le snowball – le sfere di vetro che, a scuoterle, simulano neve sul paesaggio in miniatura – li smuove e li riporta vispi sulla pelle. Così, capita -a me è capitato !- e ti accorgi che, di tutto il tempo di cui sei ricolma, una fetta è rimasta senza tempo, come una stella polare sul cammino che resta.
È un libro che si legge con tanto tanto gusto e, ciò che più conta, lascia la voglia di rileggerlo.
Titolo: Di albe e di occasi
Autore: Grazia Procino
Prezzo copertina: € 12.00
Editore: Macabor
Collana: Quaderni di Macabor
Data di Pubblicazione: febbraio 2021
EAN: 9791280101129
ISBN: 1280101121
Pagine: 92
Testi tratti da: Di albe e di occasi di Grazia Procino
La veglia agli assenti
Non so più nulla di te
in quale casa hai riparato le tue fragili ossa
la tua mente occupata
a domare gli eventi
a classificare le cose
quali voli intessi
in quali veglie preghi
quel Dio cui affidasti
i timidi sorrisi.
In questa casa corone di rossi pomodori
secchi con le zanzare che frullano
nel fuoco dell’estate vigilano
come guerrieri scesi dai monti lucani.
Moriamo alla luce di ceri accesi
su finestre spalancate sulle sere che giocano intorno
riti di passione.
Non c’è più nulla che ti somigli.
Davanti al porto visitato dai gabbiani
Infine, aperte le danze dei pensieri,
sulla banchina del porto di Puglia,
gabbiani frettolosi intrecciano le reti
nel cielo che rabbrividisce
per le nuvole dense di tormenti.
Il tuo passo va col mio
nel gioco del mondo opaco
mi alzi il bavero del cappotto
– precario argine all’umore inclemente del tempo
– eppure mi protegge il gesto.
La tua voce prende il largo
naviga sull’acqua scura
e salva dal vuoto
Nulla ci appartiene
fino in fondo
stiamo qui a fissare
un cielo senza più stelle.
Passa il tempo
senza più cognizione
Non fa differenza
se i conti mai tornano.
Io appendo i sogni alla sera