Non ci sono regole in pittura […] l’obbligo servile di far studiare o seguire a tutti la stessa strada è un grande impedimento per i giovani che professano quest’arte difficilissima, che più di ogni altra si avvicina al divino.
Non trovo mezzo più efficace per far progredire le Arti, né credo ce ne siano altri, che premiare e proteggere coloro che eccellono in esse […] e lasciar correre in piena libertà il genio dei discepoli che desiderano impararle, senza opprimerlo e senza distorcere l’inclinazione che essi manifestano verso questo o quello stile pittorico.
(14 ottobre 1792, relazione sull’insegnamento delle arti da Francisco Goya all’Accademia di Belle Arti)
Francisco José de Goya y Lucientes, semplicemente un genio. Al Maestro spagnolo dalla lunga vita (Fuendetodos, 30 marzo 1746-Bordeaux, 16 aprile 1828) dedica, sino al 3 marzo, una splendida mostra il Palazzo Reale di Milano.
Dipinti e incisioni disegnano un affascinante percorso espositivo (suddiviso in sette sezioni tematiche), potendo esplorare e ammirare l’evoluzione dell’artista sia dal punto di vista formale che da quello dell’approccio ai grandi temi del suo tempo. Un’era che fu travagliata e, allo stesso tempo, feconda: guerre rovinose, ma anche i germi e i semi dell’Illuminismo, l’affermarsi della luce critica sugli eventi sociali e contro gli invalidanti e ingessati sistemi (di governo e di pensiero).
Goya passò dai dettami di una formazione nel solco della tradizione e da canoni mai posti in discussione a una rottura nel segno della libertà creativa e intellettuale. I suoi modi divennero quelli di un precursore della modernità e, in primis nelle tecniche incisorie, di uno sperimentatore ante litteram.
In lui il lavoro e l’arte finiscono per cementarsi in un tutt’uno. Dalla fine dell’Ancien Régime e, come detto, dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione Francese alle guerre napoleoniche e alla Restaurazione, sino all’esilio, alla sordità e ai tanti dolorosi lutti familiari (sei dei suoi sette figli non riuscirono a superare le soglie della giovinezza).
Goya fu anche un superbo ritrattista. E autoritrattista… In mostra sono esposti l’Autoritratto al cavalletto (1785, olio su tela, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid) – l’unico ritratto di lui a figura intera, mentre dipinge nel proprio studio, in un uno stupendo effetto di controluce – e l’Autoritratto del 1815, quando l’artista era ormai sessantanovenne e la morte dei tanti suoi cari l’aveva già segnato. L’artista è tuttavia circonfuso di un’aura di insopprimibile forza e autocoscienza.
Fra i tanti altri ritratti citiamo Carlos IV (1789, olio su tela Archivo General de Indias, Sevilla) e Mariano Goya (o Marianito, 1813-1815, olio su tavola), il nipote, figlio di Javier, l’unico figlio sopravvissuto all’infanzia.
Davvero ogni opera, persino banale dirlo, si configura come un capolavoro: le scene popolari, i giochi dei bambini (Bambini che giocano con l’altalena, circa 1777-85, olio su tela: l’altalena come simbolo “dell’instabilità o della transitorietà”); Le giovani donne (1810-12, olio su tela, Palais des Beaux-Arts, Lille); Suerte de matar (1793, olio su tela, sul tema delle corrida che tornerà in tante incisioni); La casa de locos-Il manicomio (1808-12, olio su tavola, dalla serie Cuadros de fiestas y costumbres). In quest’ultimo dipinto compaiono un re con lo scettro, un ecclesiastico e un ufficiale d’alto bordo, un capotribù. Goya visitò più volte il manicomio di Saragozza dove erano ricoverati una zia e un cugino di sua madre. Ne ricavò una fortissima impressione e non poche riflessioni. E, ancora, Processione di flagellanti (1808-12, olio su tavola), Scena di Inquisizione (1808-12, olio su tavola, dalla serie Cuadros de fiestas y costumbres. Inquietante, pauroso…), Il colosso (post 1808, olio su tela, Museo Nacional del Prado, Madrid).
E poi le incisioni La famiglia Chinchilla, il celeberrimo Il sonno della ragione genera mostri, Non ne saprà di più il discepolo? dai Caprichos, una serie di ottanta lavori (1797-99), descriventi vizi, deviazioni e superstizioni sociali (con didascalie) – La pittura (come la poesia) sceglie tra gli universali ciò che è più appropriato. Riunisce, in un unico essere immaginario, circostanze e caratteristiche che in natura si presentano in molte persone diverse (annuncio di Goya relativo alla pubblicazione dei Caprichos in Diario de Madrid, 6 febbraio 1799); Stragi di guerra dai Desastres de la guerra, altre ottantadue incisioni (1810-14), un vero e proprio atto di accusa contro la guerra e contro qualsivoglia forma di violenza. E altre incisioni dalle serie Disparates, estremamente enigmatica, e Tauromaquia. Un magister nell’arte del bulino, acquaforte e acquatinta.
La tragicità della vita, i drammi individuali e storici, gli spazi onirici, l’incubo, i demoni, “una espressività sordida e angosciosa” caratterizzano la pittura di Goya, ma anche un invincibile senso etico e di partecipazione a eventi e casi umani. Finissimo interprete e acutissimo osservatore psicologico.
E di guai ne ebbe… Dal momento che Don Francisco de Goya è l’autore delle due Majas […] il suddetto Goya dovrà presentarsi davanti a questo Tribunale e confermare che esse sono opera sua, per quali ragioni ha fatto, su richiesta di chi e a che scopo, da un documento della Camera Segreta del Tribunale dell’Inquisizione, 1815. Ma… Era straordinariamente coraggioso quando si trattava di dipingere, Miloš Forman dixit.
Continuando con il florilegio delle citazioni… Dato che lavoro per il pubblico, devo continuare a divertirlo (lettera all’amico Martin Zapater, 1784); Ho ormai stabilito uno stile di vita invidiabile, e se qualcuno vuole qualcosa da me deve venire da me (id., 1786); Sua Eccellenza il generale Don José Palafox mi ha convocato a Saragozza affinché vedessi ed esaminassi le rovine di quella città per poi dipingere l’eroismo dei suoi abitanti, e non me ne posso esimere poiché si tratta della gloria della mia terra natale (lettera al Segretario dell’Accademia di San Fernando). Dulcis in fundo, quella maggiormente famosa, autentico manifesto… La fantasia senza la ragione genera mostri impossibili; insieme alla ragione, invece, è madre delle arti e origine delle sue meraviglie (iscrizione manoscritta dallo stesso Goya su una copia tarda del Capricho n. 43).
“Sarà possibile scoprire come l’artista seppe trasformare la pittura in un linguaggio rivoluzionario, in grado di rompere sia con le regole e i sistemi plastici stabiliti sia con l’imitazione dei modelli. La pittura degli anni della maturità di Goya è una pittura senza modelli, è l’espressione intima e irripetibile di un artista che crea l’arte rivoluzionandola, al tempo stesso, con un linguaggio nuovo”. Goya. La ribellione della ragione. Mai nulla di più vero e potenzialmente salvifico. Nel segno del bello e dell’utile.
Alberto Figliolia
Goya. La ribellione della ragione. A cura di Victor Nieto Alcaide. In collaborazione con la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando e con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia e dell’Istituto Cervantes di Milano. Fino al 3 marzo 2024. Palazzo Reale, Piazza Duomo, Milano.
Info e prenotazioni: sito Internet palazzorealemilano.it; tel. 0254912; Ufficio Gruppi e-mail ufficiogruppi@ticket24ore.it.
Orari: lunedì chiuso; da martedì a domenica 10-19,30; giovedì 10-22,30. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.