Studi stilistici
Quando ho occasione di leggere le opere che un autore via via propone ho anche l’opportunità di verificare come si evolve lo stile e così è capitato anche con Giuseppe Carlo Airaghi, un poeta che ho incontrato con una silloge, edita da Fara, dal titolo Quello che ancora restava da dire. E’ stata una piacevole scoperta anche perché come ho evidenziato nella mia recensione si tratta di un’opera che di primo acchito instaura con il lettore un filo di empatia, frutto, soprattutto, al di là del valore intrinseco delle poesie, della pressoché immediata comprensione, circostanza non frequente oggi specialmente quando il contenuto è particolarmente profondo. Successivamente mi ha incantato il Monologo dell’angelo caduto, una raccolta ben diversa dalla precedente, perché in questo poemetto c’è un’evidente ricerca di un nuovo percorso espressivo che sia in grado di andare ben oltre l’esternazione del proprio “io”. Con Ora che tutto mi appare più chiaro c’è un ulteriore passaggio stilistico, peraltro a fronte di una eterogeneità dei temi svolti. In particolare ho riscontrato una ricerca visiva schematica volta a creare atmosfere e a esprimere riflessioni, come appare evidente nel Capitolo intestato Notti periferiche, laddove con i simboli di certe metropoli si evidenzia un’insoddisfazione esistenziale a cui fa riscontro, come palcoscenico, un degrado sociale (Al margine della lista delle immagini / appuntate per descrivere la notte / c’è una pozzanghera / folgorata dall’insegna di un bar / dove si inscenano / modesti calvari paesani, /…). E’ una tematica che ho notato nelle sue precedenti produzioni, ma che qui è esposta in modo capace di rendere tangibili determinate sensazioni. Dove però c’è un effettivo stravolgimento, più che stilistico concettuale, è con Autobiografia apocrifa. A tratti, come a creare un habitat poetico, c’è un certo afflato pascoliano, non fine a se stesso, ma ben raccolto e inserito in un discorso di cui la natura, nelle sue interazioni, è la vera protagonista ( Nel cortile lievita una parete / verde di gelsomino. Piantata / la primavera in cui di comune accordo / decidemmo di sfidare la sorte. / Ospitò in estate un nido di merli, / incauti. I gatti di casa / non gli lasciarono scampo. /….) E c’è chiara ed evidente una corrispondenza fra paesaggio e sensazioni, come per esempio in Una nevicata annunciata (Sotto una nevicata annunciata / da un’avanguardia di luce e di gelo / cammino lungo il percorso pedonale / dove d’estate seccano al sole i fichi non colti / e le merde dei cani. / Calzo scarpe inadeguate. / Mi gela il freddo dei bambini /a cui piace il freddo sulla faccia, / il suono dei passi in frantumi, / e lacrime di vento sul bordo degli occhi. /….). Questa affinità fra natura, che come sappiamo non ha coscienza, e sensazioni è riscontrabile anche nel capitolo L’estate perenne, e quasi a sottolineare questa connessione vi è anche addirittura un’Elegia (All’ora di cena cominciavamo a bere. / Oltre la cornice della finestra / tutto il disordine della stanza / si manteneva a malapena in equilibrio / sopra i rami spogli del pino marittimo in giardino. /…).
Considerato l’esito positivo di Monologo dell’angelo caduto, Airaghi si deve essere chiesto perché non replicare, non tanto gli angeli, ma i monologhi, ed ecco allora i Monologhi di scena, niente di eclatante in verità, ma comunque un utile esercizio che probabilmente è venuto prima di quello ben più valido dell’angelo caduto.
Mi piacerebbe dire altro, soprattutto cenni su quei capitoli che non ho qui citato, ma ahimè il tempo è tiranno ed è necessario pertanto che arrivi a una conclusione.
Come già scritto c’è stata una variazione dello stile, più che altro un affinamento e anche una ispirazione che talora è frutto di studi pascoliani, talaltra, più moderna, ma meno frequente e ironica, ricorda per certi aspetti Bukoski, più presente questa, a mio avviso, in passato. In ogni caso, l’impressione che ho ritratto da questa raccolta è che per Airaghi il poeta è sempre schiavo di se stesso, incapace di trovare una nota lieta dell’esistenza, vista invece come un progressivo sprofondamento nel nulla, come a dire che se dal nulla veniamo, nulla siamo e nulla diventiamo.
In parte sono d’accordo, in parte no, perché nel mondo l’unico essere pensante è l’uomo e sta a lui cercare e trovare un senso della vita. Ciò nonostante, credo che nei versi di questa raccolta sussista uno spiraglio per una salvezza dell’essere umano, perché altrimenti non si spiegherebbero i riferimenti, altamente espressivi, alla natura.
Da leggere.
Titolo: Ora che tutto mi appare più chiaro
Autore: Giuseppe Carlo Airaghi
Prezzo copertina: € 15.00
Editore: Puntoacapo
Data di Pubblicazione: 6 dicembre 2022
EAN: 9788866793823
ISBN: 8866793825
Pagine: 112
Giuseppe Carlo Airaghi è nato e vive in provincia di Milano. Ha pubblicato le raccolte di poesia Quello che ancora restava da dire (Fara Editore, 2020), La somma imperfetta delle parti (Ladolfi Editore, 2021), il poemetto Monologo dell’angelo caduto (Fara Editore, 2022) e il romanzo I sorrisi fraintesi dei ballerini (Fara Editore, 2021). È stato finalista o vincitore dei concorsi letterari “Lorenzo Montano”, “Europa in versi”, “Terre di Virgilio”, “Città di Monza”, “Poesia a Napoli”, “Versante ripido”, “Città di Arcore”, “Prestigiacomo” e “Lago Gerundo”.