Giovanni Moscatiello – Per altri versi


CONTRASTI,Alessia e Michela OrlandoA cura di Alessia e Michela Orlando

We have no past we won’t reach back
Keep with me forward all through the night
And once we start the meter clicks

And it goes running all through the night
Until it ends there is no end

Non abbiamo passato non torneremo indietro
Trattieniti con me per tutta la notte
E una volta che iniziamo i versi suoneranno

E correranno per tutta la notte
Finché non finisce non c’è fine

All through the night

cover per altri versiPER ALTRI VERSI

La reiterazione ciclica degli amori, non vacui e non casuali, forse, giacché pare che il caso non esista; la poesia e la silloge come assieme di flash back costanti che rivisitano, attribuendo sensi ai propri viaggi e alle proprie sofferenze, alle proprie fortune, talvolta inattese (la nascita di un figlio potrebbe esserlo?); i desideri (la voglia di amare, a esempio) che ricordano il sogno nel sogno di un altro sogno in una sequenza che al risveglio non ricorderai più, ovvero il myse en abyme come precipitato impalpabile, sostanza  di passioni e amori di vario genere in una commistione che appare come una matassa mai inesplicabile…  Ti accorgi ben presto che ci  sono molteplici capi: uno per ogni diverso piano di scrittura e quindi di lettura. Vi troverai il livello intimistico/sofferto come altra faccia di quello intimistico/gioioso, quello etico, quello progettuale, quello storicizzato, quello dei desideri, quello onirico (San Lorenzo che suona come eccelso modello di mise en abyme)  … Questo appare essere in una inarrestabile prima lettura per altri versi , silloge di Giovanni Moscatiello, Guida, lettere italiane.

Se ripensi alla esperienza di lettura e ti lasci condurre dall’equilibrio dei vari fili che intessono la trama, quando ti accorgi della ispirazione cristallina che emerge in filigrana (accade già alle prime parole lette), sei  in uno slargo dove i sensi si dilatano. Puoi immaginare un orologio senza lancette, una clessidra senza sabbia … o vivere le suggestioni vellutate di altre visioni sorte come acqua fresca da singole parole e dall’equilibrio dell’assieme. Si ha la sensazione di essere rapiti da una inattesa voglia di assimilare le sue esperienze alle tue, mentre nella pelle si incrostano lunghezze d’onda che sanno di salsedine, di battaglie epiche combattute sotto il sole cocente. Non accade sempre e mai immediatamente giacché, di solito, si legge con la giusta deferenza rispetto alle parole dell’Autore. Non è una eresia farlo. Talvolta è necessario per la natura stessa delle parole poetiche: il lettore è chiamato a dare fondo alla propria sensibilità per riempirle di significati immediati e anche sorprendenti. Altrimenti sarebbe necessaria la spiegazione autentica che nessuno mai fornisce. Può accadere anche più in là della prima poetica quando, a esempio, ricordi che hai visto anche tu volare un gabbiano, hai respirato lo stesso Portogallo, lasciandoli con un groppo in gola, con la voglia di startene ancora lì, almeno un altro po’, ad ammirarli. Non hai avuto il lampo poetico di salutarli come Giovanni Moscatiello (Che vi sia amico il sole/come i miei pensieri). E che fa? Non è mai troppo tardi …

È lì, forse proprio leggendo Oporto, che ti accorgi come non ci sia il passato, affermazione logicamente sostenibile essendo ormai un insieme di attimi del vissuto, quindi già trascorsi, ma non c’è neppure il futuro, altrettanto logicamente. Nel procedere in maniera lineare, la vita offre sono solo attimi da cogliere  comunque, anche per narrarli. Sembrerebbe che l’Autore voglia suggerirti di riconciliarti con essa, di coglierla pienamente. Anche nel sogno, che non è certo meno vero del reale, ammesso questo esista univocamente, indiscutibile e obiettiva Verità con la maiuscola.  È così, attraverso la regola aurea, ovvero la traslucida lealtà, implicita nell’intelligente chiarezza concettuale racchiusa nelle parole, posta a base dell’ordito poetico, che l’Autore può motivare l’esistenza di ogni cosa e coinvolgere nell’ascoltare il tempo alla ricerca di qualcosa. Seguendo le tracce dei motivi, forse anche delle ombre che le parole disegnano, si giunge a un quadrivio. Uno dei sentieri ti induce a chiederti chi sia l’Autore, quale la sua storia e perché la quarta di copertina lasci emergere il dramma del terremoto. Non ci vuole molto a scoprire che è un sindaco del sud. Si apre uno spiraglio di poesia in sé. Basta l’espressione Sindaco Poeta.  Se conosci la storia del sindaco pescatore, ovvero di Angelo Vassallo trucidato nel Cilento, se hai letto il monologo di Alessandro Baricco Novecento e visto il film La leggenda del  pianista sull’oceano che ne trasse Giuseppe Tornatore, allora sai quanto sia importante il mare. E allora non è più sorprendente che un uomo del sud sappia usare sia la rete a maglia larga che quella a maglia stretta. Ogni volta tira su le parole giuste per condurti nel suo mondo ma anche nel tuo. È così, attraverso questa texture poetica e cinematografica che ricorda la fotografia in bianconero (la sola che dia accesso alla fantasia, senza descrivere il mondo attraverso i particolari colorati), che puoi apprendere quanta felicità possa dare un bambino (nel monologo e nel film il macchinista nero, Danny Boodman, trova un neonato abbandonato in una cassa di limoni nella prima classe del transatlantico Virginian). Non si può credere sia un caso se il libro finisca con Domenico: È nato ‘o ninnillo/è nato ‘o masculillo (…) cerco un catalogo di parole, ma la parola è nata già, pesa tre chili: “felicità”.  Ecco! Se è vero che si tiene tra le mani un bel libro antologico e la parola antologia deriva dalla parola greca  anthología, dal significato originario di raccolta di fiori, allora si può opinare che altri fiori Giovanni Moscatiello saprà regalare. Occorre solo aspettare.

Intanto, logica conseguenza, converrà tenere il libro sul comodino e aprirlo, anche a caso, per respirare il profumo della vita, l’odore della parola poetica davvero.

Alessia e Michela Orlando

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