A cura di Renzo Montagnoli
Vite perdute
Che ci sia un pazzo che si diverta a uccidere e a mutilare i corpi? Potrebbe sembrare così allorché un braccio viene ritrovato impigliato nell’elica di una chiatta ormeggiata a una sponda del canale Saint Martin, tanto più che il palombaro della polizia ritrova sparsi sul fondo altri pezzi (un piede, un altro braccio), insomma quasi tutto un corpo attentamente sezionato, ma quel che manca per poter identificare la vittima è la testa. Appurato che in ogni caso non si tratta di una donna, magari una prostituta, ma di un uomo, il caso si presenta particolarmente difficile e proprio per questo di estremo interesse per il commissario Maigret. Non ci sono denunce di scomparsa e allora vuol dire che c’è chi ha interesse a mantenere l’anonimato di quel corpo smembrato, ma chi?
Maigret ha uno dei suoi intuiti e, visto che lì vicino c’è un bistrot decide di farci un salto, magari per bere un bicchiere di quello buono. Dietro il banco c’è una donna, non giovane, ma che può ancora piacere, e fra una domanda e l’altra il commissario apprende che il marito è partito per affari. L’intuito si trasforma in dubbio, assume le caratteristiche di una pista da seguire ed è inutile dire che piuttosto velocemente si arriverà alla soluzione.
Si tratta di un romanzo asciutto, dallo stile minimalista, un po’ tetro, per quei cieli grigi di Francia e per miserie che si celano in personaggi che dalla vita non hanno avuto nulla e mai l’avranno.
La donna ha due amanti, di cui uno assai più giovane e tutti e tre diventano dei sospetti. Ma chi sarà stato a far sparire l’uomo? Il giovane che vive con la madre una vita senza aspettative, l’altro più anziano, vedovo e stimato impiegato, o la donna, che solo in apparenza si presenta come una maga Circe? Oppure è stata lei con la complicità dell’uno o dell’altro, o di entrambi?
Si arriva alla soluzione in modo logico, ma quel che più conta si riconferma la straordinaria umanità del commissario, con quel senso di pietà che porterà a far luce sulla vicenda, i cui protagonisti appaiono, oltre al morto, essi stessi vittime.
Non c’è soddisfazione in Maigret per aver raggiunto il risultato, c’è invece tanta amarezza per delle vite così crudelmente segnate.
Da leggere, senz’altro.
Titolo: Maigret e il corpo senza testa
Autore: Georges Simenon
Traduttore: Belardetti M.
Editore: Adelphi
Prezzo: € 10.00
Collana: Gli Adelphi. Le inchieste di Maigret
Edizione: 2
Data di Pubblicazione: Novembre 2005
ISBN: 8845920283
ISBN-13: 9788845920288
Pagine: 169
Reparto: Gialli > Giallo classico
Georges Simenon, nato a Liegi nel 1903, morto a Losanna nel 1989, ha lasciato centonovantatre romanzi pubblicati sotto il suo nome e un numero imprecisato di romanzi e racconti pubblicati sotto pseudonimi, oltre a volumi di «dettature» e memorie. Il commissario Maigret è protagonista di 75 romanzi e 28 racconti, tutti pubblicati fra il 1931 e il 1972. Celebre in tutto il mondo, innanzitutto per le storie di Maigret, Simenon è anche, paradossalmente, un caso di «scrittore per scrittori». Da Henry Miller a Jean Pauhlan, da Faulkner a Cocteau, molti e disparati sono infatti gli autori che hanno riconosciuto in lui un maestro. Tra questi, André Gide: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi»; Walter Benjamin: «… leggo ogni nuovo romanzo di Simenon»; Louis-Ferdinand Céline: «Ci sono scrittori che ammiro moltissimo: il Simenon dei Pitard, per esempio, bisognerebbe parlarne tutti i giorni».
Le Centre d’études Georges Simenon et le Fonds Simenon de l’Université de Liège si trovano all’indirizzo: www.ulg.ac.be/libnet/simenon.htm.