Fuad Aziz: uomo d’arte a 360° 2


A cura di Alberto Figliolia

“Mio nonno è morto a centosette anni. E solo perché è stato vittima di un incidente. Quand’ero bambino ricordo che in famiglia mi leggevano favole e storie meravigliose da un antico libro scritto in persiano: era così delicato che per non rovinare le pagine queste si giravano utilizzando un coltello da cucina, quello stesso che veniva utlizzato per tagliare e preparare le zucchine ripiene…”,  un incipit che più magico di così non si può, parole e ricordi di Fuad Aziz, artista di origine curda, più precisamente di quella parte del Kurdistan che giace nell’odierno martoriato Iraq.
Illustratore, pittore e scultore, favolista, Fuad Aziz è un uomo d’arte a 360°. Classe 1951, laureatosi all’Accademia di Belle Arti di Baghdad nel 1974 e tresferitosi in Italia, a Firenze, Fuad ha saputo navigare con la sua fantasia fra due mondi in apparenza così distanti e remoti e, invero, più prossimi di quanto si possa credere. Da un lato la Mezzaluna Fertile, il Medio Oriente con tutte le sue suggestioni, la splendida civiltà islamica, il retaggio delle Mille e una notte, il Tigri e l’Eufrate, il deserto; dall’altra il fiammeggiante, per intelletto e psiche, Rinascimento italiano, le due estetiche a coniugarsi (quasi) senza fatica, di certo felicemente.
Erbil (ma anche Arbil o Irbil) è la città nativa di Fuad Aziz, una delle più antiche del mondo:  il primo insediamento risale, a quanto pare, al 23° secolo a.C. Ben conservate sono le mura della vecchia città. Un’aura irresistibile. Da un luogo di bellezza all’altro, da Erbil a Baghdad e da quest’ultima, dai suoi giardini, alla concentrazione di ricchezze d’arte e cultura della nostra Firenze.
Difficile davvero per un ragazzo dotato quale Fuad era non esprimere, infine, tutto il talento ricevuto in dono e coltivato sin da quelle prime letture-ascolto con il coltello da cucina a girare le pagine del voluminoso e prezioso tomo persiano.
Come detto, si tratta di un artista versatile, protagonista di numerose mostre personali e collettive e artefice di opere permanenti nelle più disparate città. Una delle attività predilette dal nostro è l’illustrazione di libri per bambini e ragazzi con l’esito della pubblicazione per diverse case editrici. L’ultima sua fatica è Il cacciatore e l’uccellino (Albalibri, 2013), una fiaba curda da lui raccolta e illustrata. Un testo breve e spiazzante secondo i nostri canoni, sottile, acuto, con immagini sempre ad alto contenuto emozionale. Linee nette e precise e, insieme, colori “esplosivi”, gioiosi, luminosi – senti proprio il sole del Medio Oriente pioverti sulla pelle e nell’anima –, materici e, nel contempo, sognanti.
Non si tratta del primo lavoro da Fuad Aziz realizzato pere con Albalibri, anche se è il primo in cui ha contribuito sia alla realizzazione del testo che alla stesura delle illustrazioni. In due altri volumi precedenti si può ammirare la superba valentia dell’illustratore: La morte e la bambina e Chorbet (2012), autori dei testi, rispettivamente, Çlirim Muça e Sandra Dema. Il primo è un delicato apologo sulla morte, desacralizzata, rimossa e pur colmata di ogni orrore nella nostra superficiale contemporaneità, mentre il secondo è una sorta di fiaba – rinfrescante, deliziosa – sul gelato (chorbet, per l’appunto). Anche qui risaltano la maestria e la fantasia di Fuad. Ne La morte e la bambina cieli ocra e rugosi, piccoli strappi bianchi, macchie di uccelli, nuvole azzurre e muri debordanti, l’arancio del tramonto, palme e pozzi, pietre e sabbia, il manto della notte trapunto di stelle, sogni e levitazioni, il velo di una feconda malinconia e la serena accettazione delle necessità della vita, il significato dell’amore. In Chorbet, un vero viaggio alle origini del gelato: il senso della condivisione, il valore dell’ospitalità e l’empatia e, sempre, il miracolo, diremmo il sapore, dei colori, ombre e profili di villaggi, interni e visioni di sabbia, miraggi, sorrisi e cieli cangianti, l’astrazione che muta in figura e viceversa.
La matita e il pennello di Fuad Aziz, artista della pace, sono poesia pura. Poesia di linee e colori. Come in quel libro di tanti e tanti anni fa, così antico e fragile da doverne voltare le pagine con un coltello da cucina, così colmo di meraviglie e di eventi come quelli che avevano tracciato le rughe sul volto del nonno, fiumi del tempo, scrigni di ricordi, canyon del vento.

Alberto Figliolia

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