A cura di Alberto Figliolia
Medico e scrittore. Scienziato e umanista. Termini nient’affatto contraddittori. Una mirabile sintesi ha saputo operare Francesco Fiorista, cardiologo nella professione e poeta nel cuore. Già noto per i suoi Vangeli in versi e in rima – “rivisitazione poetica in ottave dei Vangeli e della vita di Cristo, in circa trentamila settenari rimati” –, un poema popolare di rara bellezza, ormai giunto alla quarta edizione, Fiorista ha raccolto la restante (I Vangeli in versi e in rima sono un’opera che, data la loro complessità pur nella genuina freschezza che li contraddistingue, può occupare una vita intera), ma corposa, sua produzione lirica in un’ultima edizione, uscita per i tipi di Ancora editrice: Rime dovute il titolo, trent’anni di poesia in cui confluiscono, a detta dello stesso artefice, “momenti unici e strettamente personali della vita dell’autore, eventi di dolore o di gioia corale del popolo italiano, esperienze che hanno suscitato le più varie e profonde emozioni. La memoria personale dalla nascita in poi si intreccia dunque alla memoria collettiva, bella e tragica, dell’Italia dell’ultimo mezzo secolo”.
Un progetto ambizioso svoltosi con naturalezza, con levità e, nel contempo, con una formidabile cifra etica e d’impegno civile. Francesco Fiorista è stato, è, un testimone d’eccezione, sin dai giorni della sua professione in un grande ospedale milanese – medico, oltre alla competenza, di stupefacente umanità –, il suo sguardo si è posato su fatti, persone, eventi, sulle cose del mondo, da cittadino del mondo, curioso e partecipe di storie, idee e sentimenti, esploratore dell’anima.
In Rime dovute si può leggere un canto dedicato alla tragica vicenda dei pellerossa di Woundeed Knee, il cui massacro (29 dicembre 1890) da parte di truppe dell’esercito statunitense è raccontato in versi che toccano le più intime corde (“Vedo la nostra sacra terra che per mille/ Lune e mille soli ci ha nutrito/ Calpestata dai chiodati cavalli/ E le tribù disperse e i magri/ Muscoli degli uomini sollevarsi/ I vecchi sulle spalle e il pianto/ Delle donne nelle notti di gelo./ Seppellite il mio cuore a Wounded Knee,/ Seppellite il mio cuore a Wounded Knee.// Non sopravviverete all’alba fredda/ Quando le sciabole brilleranno/ Al sole e le grida vi strozzeranno/ In gola e il dolore e la morte/ E il vostro sangue scalderà la neve”), così come più avanti scorrono i versi che consacrano e tramandano la memoria di sportivi eccellenti, le gesta epiche di Dorando Pietri, Tazio Nuvolari, Fausto Coppi, Livio Berruti, Nino Benvenuti, Gigi Riva, Ayrton Senna, il Grande Torino. Vale la pena di riportare qui per intero il sonetto dei cui endecasillabi è protagonista il Campionissimo, alias Fausto Coppi: “Ossa di vetro, muscoli di seta,/ E due polmoni che soffiano nell’aria/ Librandoti nel cielo, oltre la meta,/ Davanti a tutti in fuga solitaria.// E t’involi tra mille biciclette/ Senza sforzo apparente sui pedali,/ E respiri l’azzurro delle vette/ Più azzurre dell’acque dei fondali.// In un freddo gennaio ci hai lasciato/ A milioni di giorni sempre uguali/ Di vane attese e inutili domande,// nel silenzioso tuo chiuder le ali/ Questo sappiamo: eri l’airone grande,/ Il più elegante che qui sia mai volato”.
Onnivoro l’interesse verso la società umana di Francesco Fiorista. Onnivoro con gran garbo esistenziale: una delicatezza (che non esclude potenza) che si riflette nella sua raffinata e chiara poesia. Una galleria di meraviglie, di volti e situazioni disparate, talora disperate: dal maestro orfico Dino Campana a Pier Paolo Pasolini (“Il tuo volto scavato, l’espressione// Così profonda e insieme così schiva,/ I tuoi pensieri, il tuo lineare ingegno,/ L’accento della voce ancora viva/ Che andava dritta a cogliere nel segno […] Quanto ci manchi, che vuoto ci hai lasciato…/ A noi resto il ricordo del tuo Cristo,/ Le poesie, i tuoi scritti corsari”; da Totò dalla “faccia oblunga, il mento deragliato”/ Il corpo asciutto come un chiodo,/ I gesti assurdi, lo sguardo rovesciato./ I quattro arti in un unico snodo” a Che Guevara; da Falcone e Borsellino a Voci di bordo, ossia la strage di Ustica, narrata ricostruendo pensieri e parole degli innocenti occupanti le poltrone del volo Itavia I Acca Otto Sette Zero. Sono, questi, versi strazianti. Una poesia divisa in tre capitoli. Capitoli di martirio. Voci di bordo commuove e fa meditare.
Magnifico anche il canto Al ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, preannunciato da… e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi dal Vangelo secondo Giovanni (8, 32). Il libro si chiude con una serie di brevi prose di varia natura nelle quali gli accenti lirici sono tuttavia (piacevolmente) evidenti.
Nonostante la lunga militanza nelle lettere, Francesco Fiorista rimane un poeta sorprendente, come quando ti racconta in versi il Tormento notturno di un basedowiano o propone la Tetralogia di un suicidio o, ancora, rende omaggio al Cinema… “Era bellissimo, ma non si può spiegare./ Era contemporaneamente/ Tutto e niente…/ Come una grande vela,/ C’era sopra dipinta/ L’umanità più vera perché finta,/ Il sogno della vita in un momento,/ Soltanto ombre,/ Ombre in movimento…”. Forse la nostra stessa vita è… “Ombre in movimento”, caduca, impalpabile, transeunte, nonostante la mole di dolori che può attanagliare. Eppure che lenimento da parte della poesia, che olio balsamico sulle piaghe inflitteci dalla ruota dei giorni… E che consapevolezza! Rime dovute riesce a farci questo dono.
Alberto Figliolia
Titolo: Rime dovute
Autore: Francesco Fiorista
Ancora Editrice
pp. 272
2013
euro 19