Elisa Amadori Brigida – A rigor di stelle


A cura di Alberto Figliolia

A trent’anni ho imparato a camminare
ho impresso le mie impronte sulla sabbia
e mi sono lasciata ricordi scomodi alle spalle.

Ho perso tutti i denti a uno a uno
e c’eri tu di fianco a raccogliermeli
come fossero perle.

La seconda terzina ti colpisce al cuore. Rarissime volte è capitato di leggere versi in cui si miscelino in tal dose dolore e amore… Ho perso tutti i denti a uno a uno/ e c’eri tu di fianco a raccogliermeli/ come fossero perle. Strazianti e, insieme, meravigliosi. Una disperazione buia e infinita, un gorgo nero, i denti che cadono, un cupo dramma che solo s’intuisce e… tu di fianco a raccogliermeli/ come fossero perle. Il trionfo dell’amore, la speranza, la luce. Il vasto mare non più come una minaccia, un porto ad attendere oltre le acque, un’ospitale riva.
Elisa Amadori Brigida, milanese, quarant’anni il prossimo 22 giugno, poetessa, figlia d’arte. Del 2013 è il suo A rigor di stelle, ma la poesia, per quanto segnata dal tempo, e vicissitudini e ricordi e malinconie, prescinde dal tempo, quindi ha un tempo infinito. Parole spesso scabre, scarne, per versi essenziali, senza ridondanze, spietati se occorre eppure vibrano senza posa le corde dell’armonia.
“Elisa Amadori Brigida è una poetessa sempre, non solo quando scrive in versi”, scrive Roberto Malini nella prefazione, “ma anche quando osserva il mondo intorno a sé, quando chiude gli occhi e contempla la propria interiorità, quando respira l’ossigeno della vita. […] Nelle liriche di questa autrice non vi è confine fra anomalia e poesia, perché il suo sguardo – occhio attento, occhio interiore – contempla dimensioni parallele, che non appartengono alla norma, al pensiero comune. Dove non regna la bellezza, si apre l’abisso e dove le nubi molecolari dell’amore non generano stelle si affaccia, simile alla degenerazione della materia astrale, la disperazione. Non esistono, in mezzo, i gradi del compromesso”.
“Il titolo della raccolta, A rigor di stelle”, prosegue Malini, “che relega lo strumento della logica in un’area banalmente mondana, rispetto a quello alato dell’intuizione, ci conduce nel campo del mito. Mito che è onnipresente nei versi di Elisa, dove ogni minimo accadimento è vibrazione e contemporaneamente simbolo, mentre gli orizzonti della vita si spostano continuamente, rendendo incerta la vista. […] Sono versi che parlano al mondo con un linguaggio che definisco ancora “anomalo”, carico di silenzio e musica, di affanni e respiri, di ombre e radiazioni. Versi che ho scoperto al di là del muro e al di sopra del cielo, ‘appesi all’ultima stella’. Ho la fortuna e il piacere, adesso, di accompagnarli nel mondo dagli occhi distratti, dove il peso del vivere che grava sulle anime trova da sempre conforto nella poesia”.

Il nostro deragliare
è un ordine imposto
conficcare la gola
nelle asperità del mondo
e tutto tutto divorare
nutrirsi anche dell’anima
di quello spazio di silenzio
che fa vuoto il cielo

Pareti di simboli si ergono: impenetrabili? Inscalabili? E chi, in solitudine arrampicata, è rinchiuso dentro quelle mura screziate di paura e abbandono? E non c’è il tetto, come in una labirintica prigione. Un volo d’Icaro? Non scorgere orizzonti, ma le stelle sì e il sole abbagliante e la fuga delle nuvole altrove, ai sogni, al momento della genesi. È il mondo una bambola rotta che ripete un’interminabile monotona crudele nenia? O un fulgido allargarsi di nebulose nelle vene?

La bambina rosa
vestiva panni blumagenta
e tesseva i suoi elogi al mondo.

Lei ripeteva: “Fragilefragile”.

Ed ecco alzarsi una grande mongolfiera
e noi essere attoniti
dall’alto:
uomini bianchi gialli neri
a turno si confondevano.

Ed eccoci di nuovo tutti uguali
tutti in fila
tutti a chiedere pane fresco di primavera
a lucidare serrature
a scoprirci le ferite
“nudi”
lei diceva.

La bambina rosa
diventava ogni giorno
meno gracile al mondo
di notte non aveva più paura
del frusciare del vento tra le serrande.

Cresceva mano a mano
come albero
ma anche andando
sempre più nell’involucro:

“Sono lo spirito di ogni tempo
l’anima al di là di ogni dove
il respiro che tutti raccoglie”.

Chi è La bambina rosa? La poetessa? Noi tutti, senza saperlo?
È certo tuttavia che con il vuoto bisogna fare i conti…

[…]
E in questo
vuoto di telefonata
sento tutto
il silenzio
vuoto
di cui ho bisogno.

Vuoto a rendere
di bottiglie
vuote
depositate
in un contenitore
vuoto.

Le mie poesie vuote.
A rendere.
A dare.
Vuoto lo spazio
e vuote le tue labbra
vuote.

Così il mare
così il cielo
così il tempo.

E l’alba.

Ma, al di là del senso d’inutilità, d’inanità, che sembrerebbe talora impietosamente travolgerci, esiste sempre un’alba salvifica, un nuovo incipit.
È una meditazione sofferta, quella di Elisa, ma nel contempo quieta. I sentimenti furiosi hanno lasciato luogo alla ricordanza e alla dolcezza di un pianto antico. Anche se ciascuno può avere nella propria dimora fisica e psichica una scala errante… simbolo di follia. Occorre non dimenticarlo mai. Per trovare il coraggio di vivere una vita piena, un’esistenza empatica, nonostante il dolore immanente e pregresso, e scrivere versi eccelsi, e commoventi e profondi come i pozzi della nostra anima. E anche se il viaggio pare svolgersi nella polvere il deserto stesso può fiorire e la pur lunga sterminata strada condurre là dove pulsa il cuore delle cose, la segreta felicità…

Ho perso tutti i denti a uno a uno
e c’eri tu di fianco a raccogliermeli
come fossero perle.

Alberto Figliolia

(P.S. Lavinia Norcross Dickinson, “Vinnie”, era la sorella minore di Emily Dickinson. Fu Lavinia a trovare, dentro un raccoglitore, in camera di Emily, 1775 poesie scritte su foglietti ripiegati e cuciti con ago e filo. Dedicò ogni sua forza alla pubblicazione e alla divulgazione dell’opera poetica della sorella)

Titolo: A rigor di stelle
Editore: Lavinia Dickinson Editore
Data di Pubblicazione: Dicembre 2013
Prezzo: € 9.90
ISBN: 8867351699
ISBN-13: 9788867351695
Pagine: 80
Reparto: Poesie

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