Eigengrau di Penelope Skinner


eigengrau2A cura di Alberto Figliolia

Eigengrau è una parola tedesca: si riferisce al grigio di fondo percepito dalla vista allorché gli occhi sono immersi in un’oscurità totale. Un concetto fisiologico, ma che ben si attaglia alla sfera psichica e a quella esistenziale. Sovente, giacendo nel vischioso fluido dei giorni, vediamo soltanto un’indistinta sfumatura. Una sfocatura, una sorta di piatto e uniforme grigio… le convenzioni, il monotono, l’accettazione non dialettica, anzi passiva, del mondo: anche nei fatti che contano, anche in ciò che potrebbe fare la differenza. Vedi alla voce amore.
Eigengrau di Penelope Skinner è il titolo in scena al Teatro Filodrammatici di Milano sino al 6 dicembre. Presentato in anteprima alla tredicesima edizione di Trend Nuove Frontiere della Scena Britannica, arriva in Italia nella meravigliosa cornice del Filodrammatici, dietro alla Scala, nel cuore della metropoli, quella che ospita chissà quante consimili storie.
Tragicommedia o black comedy, una scrittura brillante, drammatica, claustrofobica e grottesca (si ride tanto nel sottofondo di disperazione…), con quattro magnifici interpreti – Rose, la romantica cantante di un karaoke bar, squattrinata e ingenua; Cassie, la sua coinquilina, attivista politica strenuamente impegnata nell’idea dell’emancipazione femminista; Mark, “metrosessuale anaffettivo”, di cui è infelicemente innamorata Rose (Mark invece ama Cassie); Tim, il coinquilino, già compagno di università di Mark, sfigato quanto basta, uno che parla con le ceneri di sua nonna, a sua volta innamorato, non ricambiato, di Rose.
Insomma, un gran casino: l’inganno e l’autoinganno sono di casa, e tradimento, paure, ossessioni… “Il linguaggio stesso, fatto di frasi tranciate, sputate e quasi mai portate fino in fondo, sembra indicare come anche le parole abbiano perso la capacità di svelare e raccontare di sé all’altro. Un testo affascinante e misterioso”. Non mancano le scene forti, ben assorbite peraltro nel contesto, e non manca il coraggio a Penelope Skinner nella tessitura della sua tela drammaturgica.
Ma è amore quel che cercano i giovani coinvolti o sono, semplicemente, solitudini da colmare (anche con un sesso strappato, triste)? Inaspettato l’esito, per sfuggire ancora una volta ai propri destini. Oppure la risposta è una serena e fatalistica rassegnazione dei ruoli ritagliati(ci) in seno alla società liquida in cui trascorriamo con sogni (attutiti) e bisogni. E se Eigengrau preludesse alla cecità? In qualche modo visionaria, come quella degli indovini dell’antichità? O forse non c’è risposta. Soltanto un malinconico e ritorto udirsi senza capacità d’ascolto dell’altrui cuore.

Alberto Figliolia

Eigengrau di Penelope Skinner. Regia di Gabriele Di Luca e Bruno Fornasari. Con Tommaso Amadio, Valeria Barreca, Federica Castellini e Massimiliano Setti. Teatro Filodrammatici, Via Filodrammatici 1, ingresso Piazza Paolo Ferrari 1, Milano (MM Duomo linee 1 e 3; MM Cordusio linea 1; tram 1 fermata consigliata Manzoni/Scala; tram 2, 12 e 14 fermata consigliata Broletto/Cordusio). Sino al 6 dicembre.
Orari: lun riposo; mar, gio e sab 21; mer e ven 19,30; dom 16.
Info: tel. 0236727551; e-mail info@teatrofilodrammatici.eu; sito Internet www.teatrofilodrammatici.eu.

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