DUE ROMANZI AMERICANI: James Salter / Donna Tartt


A cura di Massimo Maugeri

Gli appassionati di letteratura americana avranno già avuto modo di gustarsi due tra i più importanti romanzi di caratura internazionale pubblicati nei mesi scorsi (viceversa, avranno modo di colmare tale lacuna nel corso di questo scorcio di fine estate). Mi riferisco a “Tutto quel che è la vita” di James Salter (Guanda, traduzione di Katia Bagnoli) e “Il cardellino” di Donna Tartt (Rizzoli, traduzione di Mirco Zilahi De’ Gyurgyokai). Due libri accomunati dalla matrice poetica statunitense e dall’enorme successo di critica che hanno ricevuto sia in patria sia nel nostro Paese, ma del tutto diversi per quanto concerne l’approccio narrativo e la classe biografica degli autori: James Salter, nato a New York il 10 giugno 1925, ha la veneranda età di ottantanove anni; Donna Tartt, nata a Greenwood il 23 dicembre 1963, deve compierne cinquantuno.
Entrambi i romanzi si incardinano su vicende bellicose.

Philip Bowman, il protagonista di “Tutto quel che è la vita” di Salter, è un sottotenente della Marina militare americana. Nel 1944, in pieno oceano Pacifico, si trova coinvolto in uno degli scontri navali decisivi per la risoluzione della seconda guerra mondiale. Ne uscirà vivo e cambierà vita. Diventerà editor, girerà il mondo e sarà implicato in numerose vicende sentimentali.
Theo Decker, protagonista de “Il cardellino” della Tartt, ha tredici anni (la storia è ambientata in tempi vicini ai nostri giorni) quando sopravvive a un attentato terroristico consumato all’interno di un museo di New York dove, però, perderà la madre (“Il cardellino” è il titolo del capolavoro del pittore olandese Fabritius che stavano ammirando poco prima dell’esplosione di un ordigno). Rimasto solo, abiterà con la ricca famiglia di un suo compagno di scuola, prima di finire a Las Vegas, con il padre alcolista (da sempre assente), nell’ambito di ambienti di stampo criminale girovagando da un luogo all’altro in un alternarsi di situazioni complicate.
Storie diverse, vite diverse. Accomunate dai molti incontri e dal fatto che entrambi i protagonisti, a un certo punto della loro vita, approderanno in Europa: Phil Bowman, in Spagna e in Inghilterra; Theo Decker, in Olanda.
Stiamo parlando di due romanzi destinati, in un modo o nell’altro, a lasciare un segno.
Quello di Salter, circa 350 pagine, di certo verrà ricordato come il più importante di questo autore. Del resto, “Tutto quel che è la vita” ha ricevuto numerosi elogi anche da parte di addetti ai lavori celebri: John Irving, per esempio, ritiene che questo romanzo potrebbe «soddisfare perfino Shakespeare»; Bret Easton Ellis lo etichetta come «la miglior prosa che abbia letto negli ultimi anni»; per Richard Ford «frase dopo frase, Salter è un maestro».
La Tartt, con “Il cardellino” (romanzo fluviale di quasi 900 pagine, con una gestazione di circa dieci anni) ha vinto il Premio Pulitzer 2014: riconoscimento che – di fatto – eleva il libro al rango di miglior romanzo statunitense dell’anno. Stephen King, sul New York Times, sostiene che « “Il Cardellino” è una rarità che arriva forse una mezza dozzina di volte per decennio, un romanzo letterario scritto con eleganza che collega cuore e mente». La Warner Bros ha acquistato i diritti e Brad Simpson e Nina Jacobson, i produttori di “Hunger Games”, ne faranno un film diretto da Brett Ratner (regista di “Rush Hour”).
Due romanzi super-acclamati dalla critica, dunque. Due libri di peso, anche in senso fisico (soprattutto quello della Tartt, a meno che non ci si orienti per l’e-book), non certo da sfogliare sotto l’ombrellone (si tratta di letture che potrebbero risultare non compatibili con le distrazioni della spiaggia). Meglio accoccolarsi su una comoda poltrona posta in un punto ben illuminato di stanza refrigerata da un buon climatizzatore. Poi ci si potrà immergere in questo mare di pagine (senza rinunciare ai tuffi tra le onde, per carità) e convincersi che basta poco per trascorrere ore liete. In fondo: tutto quel che è la vita, è un cardellino.

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