Oh l’amor della donna! a lei nessuna
Cosa torna più cara e più tremenda;
Gioca sopra quel dado ogni fortuna,
E persa, nulla ha più che la difenda
Dal lungo scherno che su lei s’aduna.
Ben sua vendetta è, qual di tigre, orrenda;
Ma ciò che vai? Quelle ferite istesse
Porta da pria nel proprio fianco impresse.
E il diritto ha seco: l’uomo all’uom si rende
Giusto talor; mai con la donna; eguale
Destin d’inganni ciascheduna attende.
Già vedova tra sé dell’ideale,
A un signor che la sposa ella si vende;
Sleal marito ha quindi e più sleale
Amante, oppur l’abbigliamento, oppure
I figli, o alfin della pietà le cure.
Dassi una al vino e l’altra al confessore
Una è massaia, un’altra corre e danza
V’ha chi scappando via col seduttore
Perde di sua virtù fin la sembianza:
Ma niuna cangia stato in un migliore,
Che un falso stato han sempre: antica usanza
Tutte le volle in falso stato mettere,
C’è alcuna che perfin si dà alle lettere.
Lord Byron, Don Giovanni
Trad. di Vittorio Betteloni, IJE.I., Milano