Dino Buzzati – Il deserto dei tartari


Rimango incantata dalla capacità del Buzzati di tenere incollato il lettore per 202 pagine di apparente immobilità. La trama, si dipana in temi ricorrenti, talvolta ossessivi: l’attesa, il trascorrere del tempo, il senso della morte, l’illusione e la delusione, il vuoto e l’ansia di colmarlo, le infinite sfaccettature del vivere.
La narrazione procede circondata da una coltre di mistero, ma priva di “soprassalti” e senza dar luogo a sostanziali novità, creando un’atmosfera sospesa, surreale, che molti hanno accostato, giustamente, a quella kafkiana.
Né “Il deserto dei tartari”, attraverso metafore, più o meno velate , analogie, sottili processi provocatori ed evocativi, Buzzati segue la vita non vita di Giovanni Drogo.
Giovanni Drogo appena ventunenne è assegnato alla fortezza Bastiani, uno sperduto avamposto di frontiera al di là del quale c’è il deserto, da cui si attende da un momento all’altro l’invasione dei Tartari.
Pieno di speranze, per l’inizio di una vita carica di successi, si avvia a quella che sarà la sua battaglia fatta di nulla. Inglobato nella monotona disciplina militare, sempre uguale, sempre regolare, Drogo lascia scorrere la propria esistenza. Trascorreranno quindici anni prima che il soldato inizi a rendersi conto che il tempo è scappato, prima che riesca a comprendere, che la giovinezza gli è sfuggita di mano: «la prima sera che fece le scale a un gradino per volta».
Un romanzo carico di metafore, già il titolo “Il deserto dei Tartari” è un’allegoria per descrivere “il deserto della vita umana”, che svuotata da tutto ciò che rappresenta illusione s’inaridisce perché manca il nutrimento principale: l’acqua, essenza di vita nelle speranze, sogni che si trovano a combattere con la dura realtà.
Buzzati ci induce a riflettere sulla solitudine, non come distacco fisico dagli altri, ma solitudine come un qualcosa che si rintana nel dentro dell’essere umano dopo che quest’ultimo ha la consapevolezza dell’insensatezza di un mondo avaro, che nega persino le aspirazioni più piccole. Dietro una vita ordinaria, sia pure quella di una fortezza in armi, Buzzati simboleggia il tedio esistenziale, un malessere comune nella società moderna; chi non si riconosce in Drogo? In una vita che trascorre nell’attesa di un riscatto, di un’occasione, di un miglioramento personale?

Titolo: Il deserto dei tartari
Autore: Dino Buzzati
Editore: Mondadori
Prezzo: € 9.00
Collana: Oscar scrittori moderni
Data di Pubblicazione: Gennaio 1998
ISBN: 8804450878
ISBN-13: 9788804450870
Pagine: 256
Reparto: Narrativa > Narrativa contemporanea

Dino Buzzati Traverso (San Pellegrino, Belluno, 16 ottobre 1906 – Milano, 28 gennaio 1972) è stato un famoso scrittore, giornalista e pittore italiano.
Buzzati crebbe in una famiglia tradizionale; la mamma era veneziana, il padre di antica famiglia bellunese, ma vivevano a Milano, dove il giovane Dino frequenterà il ginnasio Parini e poi la facoltà di Giurisprudenza (per assecondare i desideri del padre che lo vedeva futuro avvocato). Secondo di quattro fratelli, amava molto la musica, il disegno e la montagna, che costituiranno elementi fondamentali del poliedrico talento dell’artista. Nel 1928 appena prima di terminare gli studi di univeristari entra come praticante al Corriere della Sera, del quale diverrà in seguito redattore. Sempre nello stesso anno si laurea in giurisprudenza con una tesi dal titolo La natura giuridica del Concordato Nel 1933 esce il suo primo romanzo, Bàrnabo delle montagne; due anni dopo esce il romanzo Il segreto del Bosco Vecchio. Mentre è del 1940 quello che probabilmente è il suo più grande successo, Il deserto dei Tartari, da cui nel 1976 Valerio Zurlini trae il film omonimo.
Fu un autore molto realistico che affrontava la gente con i temi della solitudine e dell’angoscia. Morì di cancro a Belluno il 28 gennaio 1972.

Katia Ciarrocchi

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