Recensione: Concetta D’Angeli – Le rovinose 1


Le diapositive del ricordo continuano a scorrere nella sua testa accompagnate da suoni, adesso: compongono brevi flash animati che lai guarda come sequenze di un film, estranee, staccate da sé, tanto oggettive che, a parte lo stupore, non le suscitano emozioni al suo passato.

Le rovinose di Concetta D’Angeli ha una trama interessante e ben sviluppata, rappresenta il vissuto di donne che si incontrano e si ritrovano nell’amicizia, in un contesto storico-sociale che sarà parte integrante della vita delle due protagoniste.
La storia narrata si svolge a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, anni che hanno caratterizzato un cambio sociale epocale per l’emancipazione della donna sia nel sociale che nel contesto lavorativo; periodo di grande violenza nel pieno degli anni di piombo dove le brutalità terroristiche riempivano le pagine della cronaca quotidiana, il periodo più tenebroso del dopoguerra.
Clara e Silvana due universitarie a Siena, donne completamente diverse dai vissuti se pur simili, opposti negli affetti, si trovano a vivere un’amicizia importante.
La protagonista assoluta è Silvana che narra attraverso ricordi, lettere e diari la storia di questa conoscenza, sottolineando le fragilità di Clara e del suo bisogno di accettazione, ma soprattutto di amore.
Silvana non è sola in questo percorso di ricordi, ma accompagnata dalle donne che hanno percorso parte del loro cammino.
Le rovinose è una vicenda ben strutturata soprattutto dal punto di vista psicologico marcando, in molti passaggi, il lento processo di annientamento di sé verso un rapporto sbagliato. Dal punto di vista emotivo rappresenta le donne in tutte le loro sfaccettature, nelle gioie come nei dolori, nella capacità di lottare per affermarsi, come nel bisogno quasi viscerale di apparenza per ritrovare quella parte di se ancora sconosciuta; ma allo stesso tempo Le rovinose ha come sottofondo quella generazione di donne che ha permesso una trasformazione radicale sull’acquisizione della tanto agognata libertà nel poter essere parte di un sistema sociale pima quasi esclusivo per i solo uomini.
Le protagoniste assolute né Le Rovinose sono le donne, gli uomini rivestono ruoli importanti solo nella parte violenta della storia, e questo sicuramente rafforza il messaggio di base dell’autrice: quello della difficoltà avuta nell’indipendenza femminile nonostante tutto e tutti.
Una storia che induce a riflettere, scritta abilmente e con grande cura nei particolari ed è interessante la suddivisione in tre periodi ben distinti: tecnica narrativa che sicuramente centra il bersaglio arrivando dritto al lettore.

Titolo: Le rovinose
Autore: Concetta D’Angeli
Prezzo copertina: € 17.00
Editore:Il ramo e la foglia edizioni
Data di Pubblicazione:luglio 2021
EAN:9791280223050
ISBN:1280223057
Pagine:272

Citazioni tratte da: Le rovinose di Concetta D’Angeli

La buona sorte va condivisa, non è un merito, è un caso fortunato nascere ricchi, col futuro comodo già spianato davanti, con la possibilità di fare le scelte che ti permettono di realizzarti, i mestieri che ti piacciono.

…tutti noi abbiamo dentro un istinto animale che ci avverte dei pericoli e ci suscita una specie di precognizione, si chiama sesto senso.

Esistono limiti che non si devono oltrepassare per nessun motivo, nemmeno per amore; il rispetto è uno di quelli.
Il rispetto di chi si ama a volte è un processo alchemico; può assumere l’apparenza del suo contrario, può essere scambiato dai profani per brutale sopraffazione ma alla fine distilla oro.

La celebrazione del terrore per il terrore, senz’altri fini, l’esaltazione della morte in combattimento come un obiettivo quasi mistico sono fantasticherie mortifere, altro che ideali politici. Chi insegue deliri del genere è gente che rimpiange le ordalie e odia la realtà e le creature che ci vivono.

… un sacco di donne stanno lì vuote o con pensieri informi nella testa, aspettando qualcuno che li riempia di contenuti, o almeno di doveri.

La pretesa dell’esistenza dell’oggetto fuori dalla sua rappresentazione è una contraddizione; la cosa in sé non esiste.

La natura della bellezza non può essere corpo. Perché se ella fosse corpo non converrebbe alle virtù dell’animo che sono incorporali.

Quale amore? si chiedeva. La passione che lacera l’anima? Il focherello coniugale che mette a posto per la vita due spaiati a caso? La sublimazione, ovvero lo spostamento dei sentimenti verso ambizioni carrieriste, o quattrini e potere, o devozioni parareligiose e sconfinamenti mistici? Traccheggiava, restando nel territorio delle supposizioni teoriche e dell’inazione.

Hai ragione, la vita quotidiana ci annebbia, gli avvenimenti ci cascano addosso come pietre, chi ce l’ha l’attenzione e l’energia per valutarli, riconoscerne l’importanza, dargli il giusto rilievo e la giusta prospettiva?

Katia Ciarrocchi
© Redazione Lib(e)roLibro

 

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