Recensione film “Colette” per la regia di Wash Westmoreland
Una donna geniale all’alba del 900
Non c’è l’icona in bustino e fiore thaitiano nei capelli corvini, ma per il resto, dallo sfruttamento delle doti letterarie nel marchio del marito Willy all’emancipazione al Moulin Rouge con la marchesona lesbica Missy, c’è, del mito, ben impaginato ciò che si sa: apprendimento, formazione, liberazione di un’adolescente che diventa donna, e che donna nel primo ‘900: «La sua modernità viene dal fatto che ha saputo trovare un linguaggio per esprimere la fusione tra le sue sensazioni, i desideri, le angosce e l’infinito del mondo» (Julia Kristeva nel celebre Un genio femminile). Di Colette vediamo una sorta di lato A, la ritrovata ambizione della coscienza che scopre come diventare quel che si è, contro ogni convenzione. La regia (il Westmoreland che portò Julianne Moore all’Oscar per Stili Alice) persegue il percorso, incapace però di evitare la tonalità british dei dialoghi in un personaggio di emancipazione parigina. Così Keira, convinta ribelle, inclina un po’ verso la suffragette. Bisogna accontentarsi, perché la vita di Colette è un memorabile romanzo a puntate e questa è solo la prima.
Silvio Danese
Titolo originale: Colette
Nazione: U.S.A., Regno Unito, Ungheria
Anno: 2018
Genere: Drammatico, Biografico
Durata: 111′
Regia: Wash Westmoreland
Cast: Keira Knightley, Eleanor Tomlinson, Dominic West, Fiona Shaw, Aiysha Hart, Denise Gough, Dickie Beau, Al Weaver, Robert Pugh, Ray Panthaki, Caroline Boulton