A cura di Alberto Figliolia
Il divino si rivela negli umili, Giulio Carlo Argan
Mai più, dopo di lui, la pittura sarebbe stata la medesima. Caravaggio, il genio maledetto, il dipintore del popolo, capace di calare il sacro nella vita reale, reinterpretando motivi e soggetti secondo nuovi modi, modelli (e modelle) e stilemi.
Michelangelo Merisi (o Amerighi), detto il Caravaggio dal luogo d’origine dei genitori (lui era nato a Milano, battezzato in Santo Stefano), nel suo sfolgorante quindicennio creativo sfoderò una sequela d’impagabili capolavori che bene ha illustrato Vittorio Sgarbi nel suo spettacolo/conferenza in scena al Teatro Carcano di Milano sino a domenica 22 novembre.
Il prologo peraltro è estremamente interessante tracciando un parallelo fra la morte-martirio di Pier Paolo Pasolini all’Idroscalo di Ostia e quella del pittore, probabilmente per malaria (o per un’infezione intestinale), a Porto Ercole, delirante di febbre alta, là sbarcato da una feluca (anche se dubbi storici permangono sulla ricostruzione degli ultimi giorni). Caravaggio non aveva ancora compiuto 39 anni.
Risuona nella platea la voce registrata di Alberto Moravia che piangeva Pier Paolo e, in quanto poeta, la sua figura sacra. E Caravaggio da chi fu pianto e rimpianto? Dopo aver seminato e insegnato la rivoluzione della luce, il dramma eterno della vita, la corruzione della materia nella perfezione della forma, il messaggio del supremamente bello pur transeunte, cadde sul milanese una cortina d’oblio, sollevata poi dal celebre critico e storico dell’arte Roberto Longhi e dall’epocale mostra del 1951 al Palazzo Reale di Milano.
Un sobrio, equilibrato (salvo qualche accensione qua e là) e autoironico Sgarbi accompagna la platea in un immaginifico e fascinoso viaggio sulle orme dell’immenso inquietissimo artista: dipinti analizzati con cura e trasporto, con intelligenza e passione, stabilendo alcuni sorprendenti nessi – soprattutto, come detto, fra PPP e il Merisi –, i viaggi a Roma, Malta, Sicilia, Napoli, esule anche in seguito a un omicidio commesso. Insomma, una disamina completa, avvolgente e coinvolgente, forte anche di un suggestivo allestimento con musiche originali (e preziosissime) dal vivo di Valentino Corvino e la scenografia video di Tommaso Arosio.
“Caravaggio – suggerisce Sgarbi – è doppiamente contemporaneo. È contemporaneo perché c’è, perché viviamo contemporaneamente alle sue opere che continuano a vivere; ed è contemporaneo perché la sensibilità del nostro tempo gli ha restituito tutti i significati e l’importanza della sua opera. Non sono stati il Settecento o l’Ottocento a capire Caravaggio, ma il nostro Novecento. Caravaggio viene riscoperto in un’epoca fortemente improntata ai valori della realtà, del popolo, della lotta di classe. Ogni secolo sceglie i propri artisti. E questo garantisce un’attualizzazione, un’interpretazione di artisti che non sono più del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento ma appartengono al tempo che li capisce, che li interpreta, che li sente contemporanei. Tra questi, nessuno è più vicino a noi, alle nostre paure, ai nostri stupori, alle nostre emozioni, di quanto non sia Caravaggio”.
Scorrono ai nostri occhi il Fanciullo con canestro di frutta, I musici, I bari, il Riposo durante la fuga in Egitto – con un taglio totalmente inedito e rivoluzionario: l’angelo (di spalle) e San Giuseppe quali protagonisti della scena –, Giuditta che taglia la testa a Oloferne – nell’atto di farlo, nel pieno dell’eroica tragedia, il fiotto vivo e spaventoso del sangue, dinamismo e urlo… –, la meravigliosa Conversione di San Paolo, la Morte della Vergine – raffigurata con il ventre gonfio: fece da modella un’annegata nel Tevere o era il segno di una gravidanza? Grande lo scandalo e ancor più gravi le polemiche… Un dipinto dalla storia tormentata: rifiutato, fu acquistato da Pieter Paul Rubens, che molto l’aveva ammirato, per conto di Vincenzo I, Duca di Mantova, per trasmigrare poi alla corte d’Inghilterra, al collezionista Everard Jabach, a Luigi XIV e infine, tuttora lì, al Louvre –, la Flagellazione di Cristo, le Sette Opere di Misericordia – mirabilissimo esempio di ubiquità temporale –, la Decollazione di san Giovanni Battista – a La Valletta, nella Concattedrale di San Giovanni –, Davide con la testa di Golia – un Davide vittorioso, ma dolente e malinconico, consapevole che la vita è un’ombra, che quell’uccisione per necessità lo ha comunque irrimediabilmente segnato dentro: un’autorappresentazione psicologica dell’artista, e in effetti il capo mozzato del Golia è il suo volto… –, il Seppellimento di Santa Lucia. E ancora, sebbene non in ordine cronologico, la Cena in Emmaus, il Bacco, la Vocazione di San Matteo, con la sua luce dal potente simbolismo, come Grazia, in contrasto con il buio della morte, il Ragazzo morso da un ramarro… “Non m’importa conoscere la vita privata di Caravaggio […] però mi colpisce la sua ambiguità. Mi colpiscono quei giovani modelli, i suoi Bacco e i suoi Giovanni Battista, allusivi e lascivi come i ragazzi fotografati da von Gloeden. Una omosessualità intinta di cattolicesimo, come quella di Pasolini e di Testori e di altri maledetti nostri contemporanei quali Fassbinder e Genet”, sempre citando Sgarbi. A distanza di quattrocento anni una discussione infinita.
Rissoso, eternamente irrequieto, omicida, frequentatore di bische, prostitute e carceri, la sua pittura si nutriva di vita dal basso, contro ogni idealizzazione, raggiungendo tuttavia sublimi vette. Del resto Il divino si rivela negli umili, come anche in una Canestra di frutta (giacente nella Pinacoteca Ambrosiana), emblema del rapporto che corre fra vita e morte, eppure così perfetta così serena così diversa dalla sua tormentata vita, che ci ha tuttavia lasciato un patrimonio tanto ricco tanto commovente.
E onore a Vittorio Sgarbi che ha saputo creare uno spettacolo rispettoso, fedele ed empatico con l’opera di uno dei più fenomenali artisti di tutti i tempi. Per chi non potesse ammirare il presente spettacolo al Teatro Carcano di Milano esso proseguirà in tournée ad Asti, Alessandria, Genova, Torino, Vicenza, Bergamo, Roma e altrove.
Alberto Figliolia
Caravaggio di e con Vittorio Sgarbi. Teatro Carcano, Corso di Porta Romana 63, Milano. Sino al 22 novembre 2015.
Orari: venerdì, ore 19,30; sabato, ore 20,30; domenica, ore 16.
Info e prenotazioni telefoniche: tel. 02.55181362; e-mail info@teatrocarcano.com, sito Internet www.teatrocarcano.com.