A cura di Gordiano Lupi
Un giallo rosa per signore, una commedia garbata stile anni Cinquanta, girata in un lucido bianco e nero dall’esperto Mattoli, che sfrutta un buon racconto del giallista Franco Enna. Tutto nasce da un patto di sangue stipulato da quattro ragazzine (Koscina, Mondaini, Neri e Gabel) che dai tempi della scuola si promettono eterna amicizia. Quando una di loro (Koscina) viene ricattata da un ex amante tutte si danno da fare per trovare i soldi e soprattutto per non far scoppiare lo scandalo, ma il ricattatore viene trovato morto nella villa in cui dovrebbe avvenire la consegna della somma pattuita. Comincia così questo giallo corale, interpretato in maniera molto teatrale da un gruppo di ottimi attori capaci di stemperare il mistero con esilaranti momenti comici. Le donne sono affascinanti e brave, il regista riesce a conferire un alone sexy alla storia, inquadrando la Koscina e la Gabel con minigonne e asciugamani stretti in vita che fanno intuire forme e nudità. Sandra Mondaini sprigiona una grande vis comica, mentre una Rosalba Neri alle prime armi indossa un inconsueto abito da suora che nella commedia sexy prenderà connotazioni erotiche. Brava anche Elsa Vazzoler, nei panni di Costanza, madre di Rosalba Neri e moglie di Piero Mazzarella. Gli uomini rappresentano la parte comica della pellicola: Piero Mazzarella è un divertente macellaio, Toni Ucci è un avvocato bonaccione, Francesco Mulè è un ingenuo armatore, Sergio Fantoni è il commissario che indaga, Paolo Bonacelli è l’imbranato Gedeon, Lando Buzzanca è il fratello di Laura (Koscina), Franco e Ciccio sono due buffi marinai. Pare che il ruolo di Lando Buzzanca avrebbe dovuto essere affidato a Walter Chiari, ma in un secondo momento Mattoli optò per il giovane attore che riteneva molto cinematografico. Tante le sequenze comiche da ricordare. La moglie dell’avvocato (Mondaini) non vorrebbe che il marito difendesse malfattori e farabutti, per questo il macellaio Mazzarella (esilarante) afferma: “Sarebbe come se io volessi vendere soltanto filetti!”. Il metronotte Bonacelli è un personaggio farsesco, corrotto dalle tre donne con champagne e sigarette per pagare il suo silenzio sul presunto morto. La trama è tipica del feuilleton rosa, che prevede scazzottate, piccole gelosie, tradimenti, incontri galanti, donne disponibili e doppi sensi che modificano la storia in commedia. Franco e Ciccio sono eccellenti, alle prese con un vero testo e una sceneggiatura adeguata. Koscina: “La casa era chiusa”. Franco: “La signora dice che è una casa chiusa”. Franco fa il galletto con la Gabel e insiste sul fatto che andrebbe spogliata per verificare se sia uomo o donna. “Noi in mezzo alla strada ci siamo nati”, conclude, citando la realtà delle loro origini. Ancora doppi sensi tra Franco Franchi e Ciccio Ingrassia: “A me questa storia non mi piace”. Franco. “Se vuoi ti racconto la storia dei tre porcellini”. A un certo punto la trama pare un giallo classico stile Dieci piccoli indiani di Agata Christie, perché tutti i possibili colpevoli sono riuniti in un interno e non si sa chi possa aver commesso il reato. Il finale è affidato a Franco Franchi, che sceglie Scilla Gabel invece del presunto morto, come compagno per una traversata marinaresca: “Io viaggio con lei, tu viaggi con lui. Vediamo chi viaggia meglio!”.
Mario Mattoli è il regista al quale i due comici siciliani devono il lancio cinematografico (Appuntamento a Ischia, 1960) ed è uno degli autori che meglio ha saputo valorizzarli. Callisto Cosulich afferma: “Mattoli era un campione del lasciar fare, non pretendeva di modificare la recitazione degli attori. Per questo è stato uno dei migliori registi di Totò. Si limitava a sfruttare il talento naturale”. Non condivido del tutto l’impostazione teorica dell’illustre critico, perché Mattoli in diverse occasioni si dimostra ottimo direttore di attori e anche in questo film realizza una commedia corale non facile da strutturare. Morti da nascondere in un tappeto, equivoci, amanti, bellezze discinte, serate al night, compongono un copione ricco di colpi di scena. Riferimento obbligato Crimen (1960) di Mario Camerini, interpretato da Nino Manfredi, Alberto Sordi e Franca Valeri. Il finale è da commedia degli equivoci allo stato puro, perché dopo una serie di persone che si autoaccusano si scopre che il morto (Amantini) non è mai morto, ma era solo svenuto per aver battuto la testa in uno spigolo. Il film circola per anni con il titolo alternativo I due detectives, anche se in questo caso Franco e Ciccio sono soltanto comprimari. Il 1964 è per loro un anno di grazia: 16 film in dodici mesi, alcuni di buon livello come I maniaci di Lucio Fulci, Un mostro e mezzo di Steno e I marziani hanno dodici mani di Castellano e Pipolo. Mario Mattoli, dopo aver lanciato la coppia comica in Appuntamento a Ischia, utilizza Franco e Ciccio in altri quattro film: Cinque marines per cento ragazze (1961), Ercole nella valle dei guai (1962), Obiettivo ragazze (1963) e Cadavere per signora (1964), che è la loro ultima collaborazione. Nel 1964, Franco e Ciccio – sempre più sulla cresta dell’onda – cominciano ad affidarsi alle cure di Giorgio Simonelli e Lucio Fulci.
Cadavere per signora è un film garbato, ben sceneggiato, ricco di umorismo inglese e di momenti di suspense, che gode della presenza di una stupenda interprete come Sylva Koscina, nel pieno della sua bellezza. Il vero nome dell’attrice croata è Koskinon (Agram, 1933), ma viene naturalizzata italiana nel 1954, si ribattezza Koscina e nello stesso anno vince il titolo di Miss Tappa al Giro d’Italia. Il suo primo ruolo (un’attrice in cerca di successo) è in Siamo uomini o caporali (1955) di Camillo Mastrocinque, insieme a Totò. Il film che la consacra attrice di successo è Il ferroviere (1956) di Pietro Germi, dove interpreta la figlia del protagonista. Recita in moltissimi film, soprattutto commedie, lavori interessanti come Il vigile (1961) di Luigi Zampa, Giulietta degli spiriti (1965) di Federico Fellini, Vedo nudo (1969) di Dino Risi e Mani di fata (1983) di Steno. Appare spesso in televisione, fa parlare di sé per presunti amori con Jean-Paul Belmondo, Kirk Douglas, Paul Newman, Rossano Brazzi, Alberto Sordi e Nino Manfredi. Sposa il produttore Raimondo Castelli, ma nel 1967 il matrimonio viene annullato per bigamia. La Koscina finisce nuda su Playboy nel 1975: “Questo mese mi scateno io!” ed è un momento memorabile per l’immaginario erotico nazionale. La bella attrice muore il 26 dicembre 1994 per un tumore al seno, manifestatosi già nel 1993 quando interpretava C’è Kim Novak al telefono di Enrico Roseo.
Regia: Mario Mattoli. Soggetto: Franco Enna. Sceneggiatura: Mario Mattoli. Fotografia: Alessandro D’Eva. Costumista: Giuliano Papi. Aiuto Regista: Santo Versace. Montaggio: Renato Cinquini. Scenografie: Riccardo Domenici. Musiche: Gianni Ferrio. La canzone “Anche se mi fai paura” è cantata da Luisella (alias Maria Luisa Catricalà). Organizzatore Generale: Giovanni Minervini. Produzione: DDL spa. Girato a Cinecittà – Istituto Luce. Interpreti: Sylva Koscina, Sergio Fantoni, Scilla Gabel, Sandra Mondaini, Elsa Vazzoler, Francesco Mulé, Toni Ucci, Piero Mazzarella, Rosalba Neri, Angelosanti Amantini, Lando Buzzanca, Paolo Bonacelli, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia.
Gordiano Lupi
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