Recensione: Barbara Fiorio – Qualcosa di vero


Qualcosa di vero di Barbara Fiorio è un libro che parla di favole narrate attraverso una prospettiva diversa, sono favole “vere”, quelle che i grandi ci tengono nascoste perché spesso sono amorali e fanno paura.
Giulia donna di successo, con una carriera avviata e nessuna voglia di una relazione stabile, tanto meno di avere pargoli intorno, si traveste dalla “Signora buonanotte” grazie a Rebecca, bambina di nove anni e vicina di casa, che di notte, per paura di rimanere sola in casa, vaga per il pianerottolo del palazzo.
Un connubio Giulia-Rebecca perfetto per le favole nere e la nascita di un’amicizia; tutto ciò che avviene tra una favola vera e l’altra è vita, che spesso è anche dolore e amarezza, un peso enorme da portare sulle spalle per una bambina.
Qualcosa di vero mi ha incollata alle pagine, una trama semplice che fa riflettere moltissimo, l’autrice riesce a fare incontrare due mondi: quello dell’infanzia e quello adulto, le favole sono il tramite per crescere in entrambi i casi.
Ho apprezzato moltissimo Barbara Fiorio nel voler creare personaggi imperfetti, il lettore riesce a immaginarli come i propri vicini di casa, persone normali che puoi incontrare per strada.
Qualcosa di vero è divertente, fa sorridere e allo stesso modo porta il lettore a importanti riflessioni, la scrittura è scorrevole e diretta, un libro che ho apprezzato veramente tanto e che ne consiglio di leggere.

Titolo: Qualcosa di vero
Autore: Barbara Fiorio
Prezzo copertina: € 9.50
Editore: Feltrinelli
Collana: Universale economica
Data di Pubblicazione: aprile 2017
EAN: 9788807889202
ISBN: 880788920X
Pagine: 249

Citazioni tratte da: Qualcosa di vero

Gli adulti non sono così precisi, vivono tra le sfumature. A volte basta avere un fidanzato temporaneo, giusto qualche mese, per non sentirsi soli, e poi di nuovo in pace con sé stessi senza nessuno con cui litigare e a cui lavare le mutande.

“A me sembra triste. Non è amore.”
No, chiaro, non era amore, l’amore era una chimera che faceva quasi tenerezza.
Quello era realismo, ammise Giulia.
“E a te va bene un fidanzato senza amore?”
Di giorno, mentre la sua vita la indaffarava o quando mangiava da sola, non le pareva un compromesso inaccettabile. Ma di notte, seduta sul letto di una bambina che credeva nelle fiabe, quel compromesso cambiava colore e diventava desolante.

“Credo di sì, è complicato. Gli adulti non sono così precisi, vivono tra le sfumature. A volte basta avere un fidanzato temporaneo, giusto qualche mese, per non sentirsi soli, e poi di nuovo in pace con sé stessi senza nessuno con cui litigare e a cui lavare le mutande.”
Rebecca, ormai completamente sveglia, aggrottò le sopracciglia. “A me sembra triste. Non è amore.”

“Rebecca, non siamo tutte delle principesse. A volte ci si deve accontentare degli stallieri, per farsi compagnia.”

“Era più facile, quando eravamo piccoli. Ora ce la raccontiamo.
Ce la raccontiamo e ci accontentiamo di tristezze meno tristi delle altre.”

Giulia scosse la testa e posò l’e-reader sulla scrivania. “Ci ho provato ieri sera e l’ho trovato brutto.”
“Il libro o leggerlo sul Coso?”
“Il libro. Ho elaborato una teoria di cui sono abbastanza convinta: i libri che si leggono sul Coso sembrano brutti. Secondo me, se li leggessi sulla carta, avrebbero più possibilità di piacermi.”

Era abituata a svegliarsi con molte idee che vorticavano rubandosi lo spazio a vicenda. Era come aprire gli occhi in una nuvola di bolle di sapone: alcune si dissolvevano nel tragitto dal letto al bagno, altre scoppiavano con buffi rumori di pensieri inutili, altre ancora resistevano e salivano verso l’alto. Quelle, di solito, le ripescava e le portava con sé.

Capitava di rado che si svegliasse con una sola idea. Ma quando capitava, non poteva fare a meno di seguirla ovunque fosse diretta. L’unica idea del mattino era monopolizzante come un neonato, un mal di denti o un nuovo amore.

“Shakespeare diceva che il mondo è un teatro e che gli uomini e le donne non sono che attori. Può sembrarti finto, se lo guardi da una parte, ma se cambi prospettiva, capisci che questa è la nostra realtà.”

Anna le piantò gli occhi in volto. Una donna che si presentava per denunciare il marito, superata la sensazione di essere considerata una puttana, veniva scoraggiata dal procedere, si ritrovava a dover spiegare il motivo per cui lui si era arrabbiato così tanto e scopriva di non poter essere protetta a causa di un numero troppo ridotto del personale. In pratica, il modo migliore per far emergere la propria storia di violenza, secondo la più costante e unanime giurisprudenza, era farsi ammazzare.
Salì su un taxi e si godette il viaggio guardando scorrere la città oltre il vetro. Le macchine nella corsia accanto, le luci accese nei palazzi, le persone che camminavano sui marciapiedi, chi aspettava un autobus, chi attraversava la strada.
Gente. Gente che viveva, gente che restava ferma o che correva chissà dove, gente che arrivava, gente che andava, gente che dietro le finestre cenava o litigava, gente che urlava, gente che picchiava, gente che piangeva o si vergognava.
Erano tutti numeri, dati, target e cluster, erano qualcosa da analizzare, da raggiungere con slogan e prodotti, da far canticchiare negli ascensori, da far sognare davanti a una vetrina, da ingozzare di cibo industriale, da strigliare con saponi chimici, da ossessionare con oggetti di tendenza, da rintronare con bevande alcoliche. Qualunque cosa facessero, erano convinti che fosse una loro libera scelta.

Katia Ciarrocchi
© Redazione Lib(e)roLibro

Share This:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.