Augusto Benemeglio è un poeta, ma anche un drammaturgo originale, un teorico, un critico appassionato della scena teatrale che lui stesso considera un suo mondo, uno spazio che gli appartiene come un paesaggio interiore, necessario e vitale. E’ un artista che ha fatto della sorpresa, dello scarto dalla norma, della rivelazione inaspettata, la sua ragione di vita; uno che anche quando è immerso nella contemplazione estatica di immagini ineffabili, anche quando viene rapito nel vortice della fantasia, non perde mai il contatto con la terra, le radici nodose, fibrose, che affondano, si abbarbicano al terreno fertile di un’esperienza umana vissuta fino in fondo; quasi con l’ansia di attingere, nutrirsi, corroborarsi con linfe autentiche e vitali, per cui anche l’impegno più comune diventa evento da non dimenticare e, viceversa, i fuochi d’artificio della creatività hanno bisogno di riconoscersi nei brandelli residui raccolti al ritorno sulla terra, per non perdere il contatto con la realtà amata sempre e comunque, nonostante tutto.
Mi viene in mente la sua faccia dolce e severa, gli occhi che sembrano entrarti dentro per scovare ogni traccia di mancanza di umiltà, ogni scoria di presunzione o di arroganza, e allora vorresti dire una parola e subito dopo nasconderla al suo sguardo, per sfuggire al suo giudizio di uomo che ha conosciuto il mare, avendo fatto il marinaio per trent’anni della sua vita, ( è stato Capitano di Vascello della Marina Militare), e conosciuto il mondo; è uno che sa inquadrare al primo impatto le persone e leggere le situazioni intorno a lui, uno che sa rievocare con struggimento, ma anche con ironia, tutti gli arrembaggi e naufragi della sua vita, reali o immaginari che siano, come ha fatto con questo libro-mondo, in cui entra a contatto ravvicinato, faccia a faccia, con i più grandi personaggi della storia del mare e ne traccia rapidamente il profilo. Dall’Odissea di Omero all’Isola del tesoro di Stevenson; da “Il vecchio e il mare” di Hemingway all’Uomo e il mare di Baudelaire; da “Cuore di tenebra” di Conrad, ai grandi navigatori della storia come Amerigo Vespucci , Andrea Doria, Enrico Dandolo; dalla morte del grande ammiraglio Horatio Nelson, nella battaglia di “Trafalgar”, all’impresa di Luigi Rizzo che affondò una corazzata austriaca col suo Mas 15, conservato al Sacrario delle Bandiere del Vittoriano di Roma. Da porre in rilievo l’incredibile impresa del “Donchisciotte del mare”, il Comandante Salvatore Todaro, che, dopo aver affondato , in pieno Atlantico, una nave, il “Kabalo”, si preoccupa dei 26 naufraghi della stessa e li trae in salvo, prendendoli a bordo del suo sommergibile, stipandoli nella falsa torre, e dopo tre giorni di navigazione in superficie, per centinaia e centinaia di miglia, riesce a depositarli nella cala di Santa Maria, nelle Azzorre, tutti indenni. Richiamato dall’ammiraglio tedesco Doenitz per il suo comportamento non consono alle esigenze della guerra, Todaro rispose: “Gli altri comandanti non hanno, -come me-, duemila anni di civiltà sulle spalle”. E per finire c’è l’Ulisse di Dante, l’Infinito di Leopardi; la Tempesta di Shakespeare e “Love after love” di Derek Walcott, l’omerico meraviglioso poeta caraibico: Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo io./Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore/ a se stesso, allo straniero che ti ha amato. I riferimenti mitici e letterari sono tanti, infiniti, o quasi, ma fin dal primo racconto-guida, “Niente Bagagli, siamo Gabbiani”, Benemeglio ci mette in contatto con gli oceani e i rottami, i gabbiani, la natura, i fari, le navi, il Salento, il Sudafrica, il cinema (da Hitchcock a Woody Allen), il teatro (Cechov), ma anche la pittura, la musica, e la Società di oggi, con le sue apocalissi quotidiane e il kitsch imperante, o memorie di catastrofi come Capo Matapan, con 2300 marinai morti per assideramento.
Si parte con la “letteratura”, che “è il pensiero che accede alla bellezza nella luce”, di cui Augusto è intessuto, (ogni cosa in lui si fa poesia) per andare ai “grandi navigatori, ai grandi scrittori di mare”, e poi “il mito”, “la storia”, “l’arte”, “la famiglia”. Si tratta di un lungo viaggio, ricordando che “il mondo è una nave al suo viaggio di andata, non un viaggio completo”, parola di Melville, l’autore del “Moby Dick”, uno dei totem della letteratura .Sessant’anni di “arrembaggi” e “naufragi” in cui si aspetta il “ritorno” per completare il tutto.
Nel tessere e ritessere la sua tela, Augusto non dimentica gli autori c.d. minori che ha conosciuto nella sua lunga esperienza letteraria, i poeti Sovente, Ferramosca, Poggi, Bragagnini, Giustizieri, le letterate Ciarrocchi, Curci e Denti, e molti altri autori salentini, che hanno una loro sezione a parte. La sua tela, alla fine si rivela sempre quella adatta, miracolosamente, come se il lavoro di preparazione portasse un segno indecifrabile d’infallibilità; o spiegare come sia possibile che il massimo dell’originalità si coniughi con una professionalità senza sbavature; o la grande generosità del suo darsi e prestarsi senza invidie, nell’apprezzare il talento dell’altro senza gelosie; o soffermarsi sulla lealtà con gli altri e con se stessi che sconfina in una determinazione a volte ostinata della mente e del cuore; o, infine, ricordare il suo bisogno costante di scoprire, di conoscere e trasmettere verità che stanno al di là della superficie del mondo e delle cose. Ma che cosa rimane, alla fine di questo viaggio? In una folla di volti e di figure, note o meno note, un volto solo rimane, una sola figura, invisibile: l’anima.
Fabrizio Centofanti
Titolo: Arrembaggi e naufragi
Autore: Augusto Benemeglio
Prezzo copertina: € 56.00
Editore: Youcanprint
EAN: 9791221481860
ISBN: 122148186X
Pagine: 482