A cura di Augusto Benemeglio
1. Non sapeva nulla di mare.
Uno come lui , Amerigo Vespucci , che era nato a Firenze il 19 marzo 1454 , dove il mare non si sapeva neppure che fosse , e invece lo percorse in lungo e in largo , in quattro (?) molto discussi e controversi , ma comunque memorabili viaggi oceanici fino a scoprire terre nuove ( Venezuela, Colombia , Brasile , ect, e a capire che non erano le “Indie”, cioè l’Asia , ma un nuovo continente . Uno come lui che sembrava avviato , fin da giovanissimo , alla brillante carriera di banchiere , o quantomeno a seguire le orme paterne, notaio, con quel bel viso chiaro e severo e con un caschetto di capelli ondulati che facevano tanto Botticelli o Piero della Francesca , insomma uno da “rappresentanza”, banchiere , funzionario di governo, agente di commercio , che fece discutere per cinque secoli se fosse stato un autentico navigatore e scopritore di terre, o un vanesio mistificatore. Uno come lui che aveva appreso i primi rudimenti di latino e filosofia da uno zio frate domenicano , e imparato qualche nozione di astronomia dall’altro zio, ( Bartolomeo, professore all’Università di Padova ) , che divenne uno dei più grandi cosmografi del suo tempo .
2. L’amore per la Venere del Botticelli
Uno come lui tutto casa studio e passeggiate sull’ Arno , con l’acqua che carezza e abbraccia , a sognare Simonetta Cattaneo Vespucci , la moglie del cugino , la più bella di Firenze, la modella de “La nascita di Venere” del Botticelli , (amata dallo stesso Lorenzo il Magnifico , e che morì a soli 23 anni ) , e non conobbe altre donne fino alla tarda età , quando sposò l’andalusa nobildonna , vedova, Maria Cerezo, più anziana di lui, piloto major de Castilla , col viso stanco e allungato dalla barba, travolto dalla fama e dalle polemiche sulle sue lettere in cui descrive molti viaggi forse non tutti suoi.
3.Le lettere e i viaggi
Uno come lui , in latino Americus Vespucis , che scippò Colombo dando il suo nome , al femminile , al nuovo continente : America. <“ Non avrei mai offeso Colombo, che ho avuto l’onore di conoscere e servire, è stato il primo a scoprire il continente , anche se non l’ebbe mai compreso. Fu quel cartografo alsaziano, Waldseemuller, che fece tutto. Io non provai nessuna vanità , anzi se fosse stato possibile avrei preferito far cambiare il nome in Colombia , ma poi ci fu Mercatore , con le sue carte, a ribadire che quel nuovo mondo si chiamava così. E tutti a prendersela con me, per secoli , ma io – vi giuro ne avrei fatto a meno”. Sì, ma con le lettere “Mondus novo” pubblicata ad Augusta nel 1504 , e Lettera Soderini stampata a Firenze l’anno dopo , Lei , Ser Amerigo, dice che ha fatto quattro viaggi, ma ne risultano documentati solo due, e pare che quei luoghi da lei scoperti, così minutamente descritti …fossero stati già scoperti da altri navigatori ben più famosi di lei, all’epoca. Dicono che lei abbia esagerato il suo ruolo e romanzato gli avvenimenti , che abbia contraffatto gli originali di altri viaggiatori dell’epoca, sostengono che il primo viaggio lo abbia fatto insieme a Juan de la Cosa e che il comandante non era lei , ma Juan Diaz de Solis.
4. Diventa cartografo e cosmologo.
Uno come lui che ad un certo punto decide di emigrare in Spagna lasciando quella vita di quieto pensiero , di frontiera d’ombra e dolci suoni , fatta di giorni senza novità e persone , di ore senza batticuore, a parte Simonetta, le rare volte in cui riusciva a sbirciarla . Perché lasciò Firenze, la città d’oro, a ventisette ani, quando godeva di un’ottima posizione sociale? C’è chi dice che lo fece per sfuggire alla peste, chi per il dolore che le aveva procurato la prematura scomparsa della bellissima Simonetta, morta qualche anno prima. Fattostà che se ne andò a Siviglia, con una lettera di raccomandazione per lavorare nell’Impresa di Giannotto Berardi un fiorentino che aveva messo su una Ditta Navale specializzata nell’allestimento e nel rifornimento delle spedizioni marittime d’oltremare . E allora tutti gli spagnoli e i portoghesi , dopo Colombo, anelavano fare viaggi nelle “Indie” , per ricavarne montagne di ricchezze, oro, diamanti, schiavi , e conquistare nuove terre. A Siviglia , con l’Alcazar , i giardini di fontane , gli aranci e le palme , Amerigo conobbe Cristoforo Colombo , un suo quasi coetaneo (aveva tre anni di più) che era già un mito , e E’ qui che scattò qualche cosa in Amerigo , in questo clima di avventure, incantamenti , ebbrezze , passione, avidità, curiosità dell’ignoto , riscoperta felicità di un possibile Eden da riconquistare in paesi e terre lontane . Cominciò a sognare forte , non tanto la gloria , quanto le attese per immagini e incanti che lui già vedeva , il vivaio luminoso che aveva nell’anima. E allora lasciò la Ditta , – che ormai dirigeva da solo,- dopo la morte del titolare , – e cominciò a studiare forte, notte e giorno ,a ripassare miglia per miglia rigo per rigo , nota per nota , tutte le spedizioni di Colombo , divenne cartografo , cosmografo , fine ascoltatore di tutte le voci e le impressioni dei marinai che tornavano da quei viaggi “impossibili”; vide quei luoghi e capì che era là, a Cadice, che si sarebbe srotolato il tappeto del suo vero destino. In pochi anni divenne uno dei maggiori esperti di cosmografie, conosceva tutto, ogni minimo spostar d’onde dei viaggi di Colombo . E chiese al vescovo Fonseca – che era la vera mente di tutto il movimento mercantile marittimo della Spagna, di imbarcare su una delle quattro navi della flotta che l’avventuriero Alonzo de Hojeda aveva armato . Pagò anche per questo, investì buona parte del suo patrimonio per le spese di spedizione e questo gli agevolò – e di molto – l’imbarco come cosmografo e piloto da parte di Hojeda a cui il fiorentino non stava troppo simpatico, anche perché non ne aveva bisogno, avendo a bordo della sua nave un grande cartografo e piloto come Juan de la Cosa .
5.Il comandante Vespucci scopre il Brasile e il Venezuela
Probabilmente , Vespucci , anche se non espertissimo di navigazione, ebbe il comando della più piccola delle navi proprio perché ci aveva messo buona parte dei denari accumulati come spedizioniere. Salparono da Cadice il 18 maggio 1499, fecero scalo alle Canarie, e in ventiquattro giorni di traversata raggiunsero le coste dell’attuale Guajana (“Caotiche nubi filacciose e cuori selvaggi. C’era, in quell’oceano della muliebrità, anche lì l’eterna Eva , la sua Simonetta , donna da sempre vagheggiata nella sua preghiera e nella mente del suo poema personale. Ma lui non l’aveva ancora veduta”). Qui si divisero: due navi con Hojeda e il pilota Juan de la Cosa che si diressero verso nord per riconoscere le coste già avvistate da Colombo; due , probabilmente sotto il comando di Vespucci, volsero a mezzogiorno verso il leggendario Capo Cattigare. Amerigo scoprì , sei mesi prima di Pinzòn, il fiume delle Amazzoni, che risalì per decine di miglia e, dopo aver tagliato per primo l’Equatore a occidente, si spinse sin oltre il 6° grado di latitudine, scoprendo il Brasile qualche mese prima di Pedro Alvarez Cabral. Ostacolato dalla corrente equatoriale dei sud est , dovette, sempre procedendo lungo la terraferma, costeggiare la terra di Paria, il Venezuela , da lui ribattezzata così perché gli ricordava Venezia. Raggiunto poi l’Hojeda a San Domingo, ritornò in Spagna verso la fine di giugno del 1500.In poco più di un anno di viaggi non è che riportarono chissà quale bottino, anzi sotto quell’aspetto fu un fallimento ( alcune perle preziose, che Vespucci donò al re e alla Regina ,nonché circa duecento schiavi, che vennero venduti al mercato di Cadice per una somma complessiva di circa 500 ducati. Tuttavia il risultato scientifico e politico del viaggio era stato molto importante ( la scoperta di terre nuove, il rafforzamento della Spagna nel nuovo mondo) ,ma soprattutto per Amerigo Vespucci era stato fantastico come raccontò per lettera all’amico Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici: “Giuro di essere entrato nel paradiso, qui la notte entra con tutti gli alberi e i pappagalli colorati e gli insetti e le belve di seta , il presente è perpetuo, e l’erbe camminano sui morti. C’è tanta bellezza, tanta soavità, sei sulla cima di un mondo nuovo, anche se gli uomini sono antropofaghi, vivono di carne umana, ma non mangiano le donne, madri di tutte le razze erranti, ma solo gli uomini”.
6. La scoperta fondamentale .
Dopo undici mesi, Amerigo fece un’altra memorabile esplorazione, questa volta per conto del re Emanuele di Portogallo . Partì da Lisbona il 13 maggio 1301( “Maggio è il mese dei mille papaveri rossi, ma anche il tessuto ruvido del linguaggio marinaresco”) e il 4 giugno erano già a Capo Verde. Si diresse verso le coste brasiliane dove giunse dopo 64 giorni di navigazione ostacolata dalle bonacce ( le calme equatoriali). Fece scalo a Bahia il 1° novembre e poi a San Sebastian , vicino all’attuale Rio de Janeiro, il 20 gennaio 1502. Dal Rio de La Plata in giù , circa 3200 miglia, non si capisce più quali siano stati gli approdi. Certo il porto di San Giuliano, a 49° e 15’ di latitudine sud, lo stesso in cui vent’anni dopo svernerà Magellano. Il freddo dell’avanzante inverno australe affrettarono il ritorno e impedirono a Vespucci ( così scrive lui ) di proseguire verso mezzogiorno. Di certo sappiamo solo che la flotta riapparve a Lisbona il 22 luglio 1502, tredici mesi abbondanti di navigazione. A questo punto , Vespucci scoprì, calcoli alla mano, che la terra perlustrata non poteva essere l’Asia , come aveva creduto Colombo, ma dovesse appartenere invece a una nuova parte del mondo, ossia il continente che poi sarà battezzato AMERICA . L’idea ovviamente non fu sua , ma del più famoso cartografo conosciuto a quell’epoca , il tedesco Martin Walddseemuller , grande ammiratore del Vespucci, che nel 1507, cinque anni dopo, propose di chiamare le terre da lui scoperte con il nome di battesimo dell’intrepido navigatore fiorentino che le aveva conquistate per conto del re di Portogallo. Vespucci tornò a Siviglia , dove l’aspettava Dona Maria , e i pochi amici rimastigli. Smise di scrivere lettere , ma qualcuno dice che continuò comunque a navigare e in uno dei suoi viaggi contrasse una forma malarica che lo portò rapidamente alla morte; altri dicono che non misei più piede su una nave e condusse vita modesta, e man mano si reintegrò nella vecchia immagine di rispettabile gentiluomo fiorentino , diventato sivigliano, con tanto di cittadinanza. Con la barba ormai bianca e il caschetto di capelli un po’ più rado, ormai vicino ai sessanta, si lasciò prendere per mano dalla morte in un gelido inverno del 1512, il più freddo febbraio della storia della Spagna . Pensò che la vita ci induce in errori e in sofferenze da cui è impossibile sfuggire, e che la felicità e il paradiso non esistono. Forse pensò , (con l’ironia tipica dei fiorentini), che era riuscito a sopravvivere al freddo della terra del fuoco e non all’inverno spagnolo.
Roma, 20 luglio 2013 Augusto Benemeglio