La ragazza di Bube di Luigi Comencini


A cura di Gordiano Lupi

Luigi Comencini realizza uno dei suoi film fondamentali, ben sceneggiato da Marcello Fondato, che non tradisce lo spirito del romanzo di Carlo Cassola (Premio Strega 1960), anche se semplifica la vicenda per usi cinematografici. Siamo al termine della Seconda Guerra Mondiale, l’azione si sviluppa tra il 1944 e il 1946, vediamo la liberazione da parte degli alleati, il referendum tra Monarchia e Repubblica, i primi anni di normalizzazione. Mara (Cardinale) è un’adolescente irrequieta ripresa fedelmente dal romanzo, ha 16 anni, mentre Bube (Chakiris) è un partigiano di 19 anni, proprio come lo descrive Cassola. Tra i due scocca la scintilla dell’amore durante una visita del secondo a casa del padre di Mara. Un omicidio compiuto da Bube, che elimina un maresciallo durante un’azione partigiana, lo mette nei guai e lo costringe a espatriare. Il Partito Comunista lo fa riparare in Jugoslavia, ma dopo la proclamazione della Repubblica, Bube viene espatriato e processato. La condanna è esemplare: quattordici anni di rclusione. Mara comprende che per il suo uomo rappresenta l’ultima speranza di una vita distrutta e decide di attenderlo con pazienza. Mara è la classica donna cassoliana, in apparenza debole ma forte nell’animo, decisa a compiere la sua volontà costi quel che costi, vera colonna della coppia. Mara rinuncia a una possibile storia d’amore con Stefano (Michel) per non abbandonare Bube al suo destino, quando tutti lo mollano, persino il partito.
Ottima l’ambientazione tra colline pisane e Val D’Elsa, passando per Colle, San Donato, Volterra, fino alla stazione ferroviaria di Saline. Incredibile come il regista e lo scenografo siano riusciti a ricreare con tanta fedeltà l’ambiente di un’Italia appena liberata dagli alleati. Un film drammatico venato di neorealismo, interpretato da attori ben calati nella parte, soprattutto da una stratosferica e bellissima Claudia Cardinale.
L’attrice vince con merito un Nastro d’Argento, perché la sua caratterizzazione di Mara è eccellente, credo che abbia soddisfatto lo stesso Cassola, creatore di personaggi femminili indimenticabili. Mara passa dal carattere sbarazzino della ragazzina innamorata, un po’ viziata e cocciuta, alla responsabilità della donna che decide di sacrificare la sua vita per un uomo. La bravura di regista e sceneggiatore sta proprio nel dare un senso e giustificare il cambiamento con la sopraggiunta maturità dovuta a eventi che modificano la vita. Cassola racconta la guerra partigiana, non dà giudizi morali, ma narra una vicenda uguale a tante di quel triste periodo storico. “La colpa è soltanto della guerra e dei fascisti. Non si possono giudicare certe cose come se non fosse accaduto niente”, dice un personaggio. Bube: “I fascisti bisognava ammazzarli tutti!”.
Mara non commenta, da perfetta donna cassoliana non si occupa di politica, lascia certe cose agli uomini, attende con pazienza, soffre, spera e infine si sacrifica. Toccante la sequenza finale alla stazione di Saline quando dopo tanti anni incontra Stefano, ormai sposato con un’altra donna. Mara in fondo non rimpiange niente perché ha scelto la strada del cuore. Importanti le citazioni cinematografiche, l’ambiente delle sale affollate ricostruito dal regista durante la visione di Robin Hood e de Il ponte di Waterloo. Il cinema e il ballo sono i due divertimenti della povera Italia rurale del dopoguerra, così come sono perfette le trattorie popolari, i bar con poche cose da consumare esposte negli scaffali e i negozietti che vendono povere cose a prezzi modici. Volterra e la campagna circostante sono immortalati da un livido bianco e nero del grande Gianni Di Venanzo. Le musiche d’epoca di Carlo Rustichelli sono in perfetta sintonia con la sceneggiatura. Un piccolo capolavoro.
Pino Farinotti concede tre stelle. Morando Morandini due e mezzo (tre di pubblico, un incasso che sfiora il miliardo): “Riduzione fedele del romanzo di Cassola. I rappresentanti dell’estremismo (il padre di Mara, i compagni di Bube) – già in ombra nell’opera letteraria – qui sono quasi al buio, come è sfocato lo sfondo storico. Pur non parlando né camminando (Mario Soldati dixit) da toscana, Claudia Cardinale, finalmente non doppiata, è credibile, docile, tenera. Bellissimo bianconero di Gianni Di Venanzo (1920 – 1966)”. Due stelle e mezzo anche per Paolo Mereghetti: “Marcello Fondato adatta il best-seller di Carlo Cassola e Comencini, dopo Tutti a casa, torna ad analizzare un periodo turbolento della storia italiana. All’epoca le polemiche che aveva suscitato il romanzo si riversarono sul film: la prospettiva sentimentale e intimista sembrava sminuire un mito della Resistenza ancora vivo. Comencini, comunque, non si occupa di ideologia, ma segue con accenti mélo la maturazione di due anime semplici, travolte da una Storia più grande di loro. Grande prova della Cardinale, non doppiata. Audace fotografia di Gianni Di Venanzo”.
A livello di curiosità diciamo che il personaggio di Mara è ispirato alla vera storia di Nada Giorgi, morta nel maggio 2012 all’età di 85 anni, che non ha mai accettato la ricostruzione cassoliana della vicenda. Massimo Biagioni, nel libro Nada, la ragazza di Bube (Polistampa, Firenze) spiega la vera storia della donna, fedele al marito per tutta la vita, in lotta contro le fantasie dello scrittore per riabilitarlo davanti all’opinione pubblica. Nada ha sempre sostenuto l’innocenza del suo Bube (Renato Ciandri e non Arturo Cappellini) nel fatto di sangue, così come ha sempre detto di non aver mai avuto storie d’amore con altre persone. Problemi che capitano quando si vuol romanzare la realtà…

Regia. Luigi Comencini. Soggetto: Carlo Cassola. Sceneggiatura. Luigi Comencini, Marcello Fondato. Fotografia: Gianni Di Venanzo. Montaggio: Nino Baragli. Musiche: Carlo Rustichelli. Scenografia: Piero Gherardi. Produttore: Franco Cristaldi per Vides Lux Film e Lux France. Casa di Produzione: Lux Ultra Vides (Italia), Compagnie Cinematographique de France S.A. (Francia). Distribuzione: Lux Film. Interpreti: Claudia Cardinale, George Chakiris, Marc Michel, Dany París, Emilio Esposito, Carla Calò (doppiata da Vanna Polverosi), Monique Vita, Mario Lupi, Pierluigi Catocci, Ugo Chiti, Bruno Scipioni, Gabriella Giorgelli. Premi: David di Donatello (1964) Miglior Produttore. Nastro d’Argento (1965) Migliore Attrice Protagonista (Claudia Cardinale).

Gordiano Lupi
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