IL MESTIERE DI AGENTE LETTERARIO Incontro con Juliane Roderer 1


A cura di Barbara Becheroni

Prendiamo un libro. Non uno speciale. Un libro qualsiasi: un romanzo d’amore, una raccolta di novelle, un thriller, la narrazione di un viaggio…
… Tutti sanno come è fatto un libro: ha la copertina e le pagine. Così come ognuno di noi ha ben presente che sotto al titolo dell’opera, di norma, c’è scritto il nome dell’Autore, cioè di colui che si è preso la briga di riempire le pagine di parole. Un po’ più in piccolo, poi, troviamo pure il nome dell’Editore, cioè colui che ha realizzato materialmente il libro che i Lettori potranno comprare, aprire e leggere.
Esiste un’altra “entità”, però, che sfugge la copertina, che non è citata neppure all’interno, il cui nome non si trova neanche a cercarlo col lumicino… Senza questa “entità”, però, molti libri non esisterebbero. Semplicemente perché l’Autore non sarebbe in grado di mettersi in contatto con l’Editore. Cosa determinante, soprattutto in un mondo dove, ormai, i confini nazionali e le diverse lingue non ostacolano praticamente più il commercio. Neanche quello delle parole.
L’”entità” in questione è semplicemente un agente letterario. Una persona capace di fiutare la qualità di un testo e di proporlo all’Editore che sarà capace di valorizzarlo. Scusate se è poco!
Juliane Roderer, in particolare, è una giovane, capace ed attiva agente letteraria, che svolge la propria professione in un ambito piuttosto particolare: scovare il talento made in Italy ed esportarlo nei paesi di lingua tedesca. Che equivale a dire: muoversi in un labirinto di scrittori affermati e sconosciuti, destreggiarsi in una galassia di case editrici grandi, medie, piccole e microscopiche, volteggiare tra mille proposte e riuscire ad uscire sempre con qualcosa di vincente. Impresa, oserei dire, epica.

D) Cosa fa, esattamente, un agente letterario?

R) L’agente letterario fa da intermediario per i suoi clienti, cioè sia case editrici che autori. Nel mio caso, agendo solo in Germania e Italia, stabilisco il punto di contatto tra agenti o autori o editori italiani e le case editrici in Germania interessate alla pubblicazione delle opere rappresentate.
Ciò comprende svariate attività: prima di tutto, individuare nella vasta gamma dell’editoria quegli editori idonei a pubblicare il testo, quindi proporglielo. Nel caso ci sia più di un’offerta, gestire eventuali aste. Quindi, cosa molto importante, cercare di stipulare contratti che assicurino le migliori condizioni per l’autore, magari riuscendo ad ottenere anche un anticipo sostanzioso. Soprattutto, cercare di trovare l’editore più adatto per garantire successo, durata e continuità alla pubblicazione tedesca. Faccio un esempio: a volte è preferibile, nonostante possa sembrare paradossale, che il libro di un autore poco affermato venga pubblicato da un editore di medie o piccole dimensioni piuttosto che da uno di grandi dimensioni. Mi spiego: il grande editore pubblica un numero enorme di titoli all’anno e investe soprattutto nella pubblicità di autori super affermati, quindi l’opera del nostro autore rimarrebbe all’ombra delle firme più conosciute e rischierebbe di passare inosservato. Il piccolo editore, invece, ha un programma più limitato, però cerca in tutte le maniere di sfruttare al meglio quanto pubblica, proponendo tutti i titoli ai media che lo valorizzano grazie alle recensioni.
Dopo che il testo è stato “piazzato” si passa alla preparazione della pubblicazione. In questa fase così delicata, l’agente sostiene l’editor e le altre persone coinvolte, come il traduttore e il correttore di bozze, accompagnando il testo fino alla completa traduzione. Inoltre non si dimentica di sorvegliare i rendiconti e i pagamenti all’autore. Infine incoraggia e segue l’autore nello sviluppo della nuova opera letteraria.
Un altro compito dell’agente è quello di spiegare, nel modo più gradevole e accettabile, all’autore le eventuali richieste degli editor riguardo a possibili, lievi modifiche del testo, facendogli capire che l’editor non le chiede per mancato rispetto dell’opera letteraria ma per renderla più accessibile, più appetibile e coinvolgente al pubblico.

D) Qual è stata la molla che l’ha spinta a intraprendere questa carriera?

R) Da una parte ovviamente la passione per la letteratura, in tutti i suoi generi. In particolare, poi, la mia grande stima per la letteratura italiana unita al fatto che molti miei amici e ottimi lettori a cui volevo consigliare autori e libri italiani non tradotti in tedesco, non erano in grado di leggere l’italiano.
Contribuisce poi anche la grande emozione non solo di leggere, ma anche di veder nascere un’opera letteraria. Emozione che si concreta facendomi raccontare le prime idee direttamente dall’autore, per poi vederle crescere e cambiare forma, svilupparsi fino all’opera compiuta, per la quale divento quasi una “ostetrica” che permette al “parto” dello scrittore di essere tradotto e pubblicato.
D) Che formazione di studio ha avuto?

R) Ho studiato lingue moderne e scienze drammatiche. Inizialmente nel mio programma di studio c’erano letteratura tedesca e inglese come materie principali, però ho abbandonato quasi subito l’inglese per l’italiano.
Nei primi anni dopo la laurea ho lavorato in una holding internazionale con affiliate anche italiane, dove mi sono occupata di diritto contrattuale, un lavoro che poi mi è risultato utile per il lato giuridico della mia attività.
Poi ho lavorato nel Verband Bayerischer Verlage und Buchhandlungen, la sezione bavarese dell’associazione degli editori e librai, e in un’agenzia letteraria che però curava purtroppo solo autori tedeschi. Finalmente, nel 2000 mi sono messa in proprio, cosa mai rimpianta, neanche per un singolo minuto.
D) Quali sono i principali autori, classici e contemporanei, che hanno formato la base della sua preparazione?

R) Devo ammettere che ho scoperto il mio amore per la letteratura moderna solo durante gli studi, prima preferivo di gran lunga quella dell’ottocento. Capitolo a parte è la drammaturgia, che mi appassiona da sempre e mi interessa come espressione di tutto il cammino umano. Devo precisare che in Germania gli studi non costringono lo studente ad occuparsi di tutte le epoche e di tutti gli autori importanti; i corsi non sono organizzati cronologicamente, ma gli studenti scelgono in autonomia i seminari in cui dare esami o scrivere le tesine. In questo modo sono riuscita ad occuparmi approfonditamente di Schnitzler, Shakespeare, Goldoni, Pirandello, la poesia del Barocco e il dramma irlandese a scapito per esempio di Goethe e di Brecht.
D) Quali sono, invece, gli autori, classici e contemporanei che hanno un posto di elezione nel suo cuore? E per quale motivo?

R) I miei grandi favoriti sono da sempre Mark Twain per la sua capacità di criticare la società contemporanea adoperando un meraviglioso umorismo grottesco, Edgar Allan Poe e E.T.A. Hoffmann ambedue per le atmosfere tetre e angoscianti che creano, Oscar Wilde, il maestro dei giochi di parole che ha travestito di leggerezza e superficialità finte la sua critica della società; ognuno di loro è stato un genio nel suo genere.
Poi c’è un meraviglioso autore tedesco del dopoguerra, Wolfgang Koeppen, morto pochi anni fa (quest’anno c’è il centesimo anniversario della sua nascita), che nella sua trilogia del dopoguerra descrive, in uno stile coinvolgente, le enormi difficoltà delle persone che sono sopravvissute alla guerra e devono trovare un nuovo orientamento nella vita, reinserendosi in una società nuova che è inoltre piena di gente con un passato spesso ambiguo o tormentato.
Un altro scrittore tedesco, ancora vivente, di radici altoatesine, è Herbert Rosendorfer, un grande satirico dotato di una straordinaria fantasia.
Degli autori italiani preferisco quelli del novecento, soprattutto Italo Calvino e Vasco Pratolini, mentre fra i contemporanei mi piace citare come esempi – anche loro contrastanti – Dacia Maraini e Stefano Benni.
D) Cosa si chiede ad un romanzo, affinché sia considerato pubblicabile?

R) Non c’è una ricetta che garantisce la pubblicazione, però ci sono alcuni “ingredienti” indispensabili, a mio parere, che variano a seconda del genere.
Per la letteratura d’intrattenimento, di norma, è meno importante lo stile rispetto al contenuto, anche se neppure in un giallo guasta uno stile insolito, i personaggi devono essere comunque particolari, l’ambiente colorito, il protagonista deve avere le qualità giuste affinché il lettore si identifichi facilmente in lui, e il plot va costruito in modo da risultare movimentato e drammatico.
Le grandi opere della letteratura devono distinguersi soprattutto per una scrittura particolare che può essere elegante e raffinata o fresca e giovane o arcaica, ricca d’immagini o laconica e quasi spartana.
Spesso è utile servirsi di uno schema già affermato. Per esempio, parlando di gialli, ultimamente spuntano dappertutto thriller epigoni de IL CODICE DA VINCI, oppure – già da un paio d’anni – quelli che seguono grosso modo il modello della serie scritta da Elizabeth George, con una coppia uomo/donna di investigatori, i quali non solo devono risolvere il caso d’omicidio, ma sono anche alle prese con i problemi personali (uno con il matrimonio in crisi, l’altra con la madre malata di Alzheimer ecc.) e inoltre con le differenze che nascono dalla disparità sociale tra di loro.
Ho dato esempi di scrittori anglofoni perché – specialmente nel genere dei gialli che deve rispettare certe regole – gli autori italiani, al contrario, si sono rivelati molto più individuali, più inclini alla sperimentazione, alla scrittura insolita, all’impostazione meno convenzionale.
Generalmente è decisivo che l’opera letteraria sia in qualche modo originale – ma non troppo stravagante – che crei un’atmosfera affascinante, con caratteristiche credibili e le cui vicende riescano a coinvolgere il lettore.

D) E che cosa, affinché sia considerato molto commerciabile?

R) Anche se esistono modelli di successo, in realtà il successo non è mai veramente prevedibile: libri pubblicati con grande aspettativa ed entusiasmo da parte dell’editore hanno poi delle vendite mediocri, e altri che non sembravano corrispondere al modello vincente diventano dei bestseller a sorpresa. Ci sono moltissimi fattori che influenzano il successo, non solo le caratteristiche inerenti all’opera letteraria: la pubblicità per prima, magari una copertina particolarmente accattivante, ma alla fine è il pubblico a decidere. E talvolta il successo o l’insuccesso del libro dipendono dallo spirito del tempo in cui capita.
Per esempio, parliamo degli italiani che ho proposto e venduto in Germania. Mi sorprendo spesso delle scelte delle case editrici: succede che comprano più volentieri i diritti di traduzione di libri scritti da autori sconosciuti, pubblicati da editori italiani piccoli, che non libri di scrittori molto conosciuti, perfino premiati, pubblicati da grosse editrici.
Comunque una caratteristica a cui gli editori qui in Germania tengono molto è che sia riportata un’atmosfera molto tipicamente italiana, il colore locale della città dove è ambientato il romanzo, possibilmente anche con un certo risalto delle specialità gastronomiche… Non è ben visto, invece, un libro scritto da un italiano e ambientato all’estero – non importa che sia costruito bene, scritto in modo avvincente e divertente ecc. Con la sola eccezione dei gialli di Giancarlo Narciso ambientati in regioni esotiche. Generalmente dall’Italia si accettano solo quelli con l’atmosfera e l’ambiente italiano DOC.
D) Come si scopre un talento?

R) Una visione “romantica” ama far sembrare che i talenti si scoprano per caso, invece occorre sempre muoversi con gli occhi ben aperti, tenendosi informati sempre e subito di novità e di movimenti nella vita letteraria. Sono molto importanti, a mio parere, i buoni rapporti e le collaborazioni con persone di cui mi posso fidare e di cui apprezzo e condivido il pensiero. Naturalmente, spesso, anche il caso ci mette del suo, o la buona sorte, grazie ad amici che gravitano nel mondo dell’editoria. Talvolta sono reazioni a catena: per esempio attraverso Tecla Dozio (rappresento in Germania l’editrice Todaro la cui collana “Impronte” è curata da lei) ho avuto il piacere di andare alla presentazione dell’autore siciliano Roberto Mistretta alla fiera di Torino. Sono subito rimasta affascinata dalla sua capacità di scrivere gialli in cui denuncia gravi problemi della nostra società, come la pedofilia, senza rinunciare all’ottima costruzione dei suoi gialli, cosa che ha recentemente affermato anche la critica tedesca, con protagonisti divertenti che si muovono in un atmosfera credibile e allo stesso tempo affascinante. Il tutto senza rendere banale il problema di fondo.
Roberto Mistretta, da parte sua, mi ha permesso di conoscere, oltre a Valentina Gebbia, già affermata giallista, anche Salvo Zappulla, che a mio giudizio è un grande talento letterario con trovate fantastiche, talvolta persino surreali che mi ricordano in parte Calvino. Non a  caso Salvo Zappulla si è classificato 2° al Premio Massimo Troisi!
Salvo Zappulla mi ha poi presentato una scrittrice di gialli veramente brava, Barbara Becheroni, che ha già vinto parecchi piccoli premi, e che, sono sicura, si affermerà presto anche col grande pubblico.
Spesso è in questo modo che si scoprono i talenti.
Tengo a ribadire che queste “rivelazioni”, apparentemente casi fortuiti, non piovono dal cielo: occorre sempre essere attenti e disposti a cogliere le occasioni, a prendere in considerazione anche autori non ancora pubblicati dai grandi editori e inneggiati dalla critica. Ed è qui che ho la più grande soddisfazione nel mio lavoro: scoprire un autore di talento, vederlo crescere e ricevere il meritato riconoscimento.
D) Due parole ancora a proposito di talenti siciliani…

R) Anche se ne ho appena parlato, voglio sottolineare che i siciliani – non importa a quale genere letterario appartengano – riescono a trasmettere con la loro narrativa un certo spirito, un atteggiamento particolare verso la vita molto caratteristico, caro al pubblico tedesco, che ha per loro una vera e propria predilezione.

D) Pensa che sia più difficile che un giovane autore italiano emerga, rispetto ad un suo collega di un altro Paese europeo?

R) Le mie competenze sono limitate solo alla Germania e, secondo me è più facile per un giovane autore essere pubblicato in Italia. Infatti, in questo Paese ci sono più editori piccoli rispetto alla Germania, editori spesso carichi di una grande ambizione, che lavorano seriamente e hanno voglia di emergere. Il tutto unito al fermo proposito di scoprire nuovi talenti e al coraggio di andare controcorrente.
Grazie ad uno di questi editori, il nostro giovane autore, nonostante il primo libro non gli dia ancora né fama né grandi guadagni, riesce a farsi notare in un certo ambiente, tramite le prime recensioni, per mezzo delle presentazioni organizzate dall’editore, magari anche vincendo dei piccoli premi letterari… Acquista così la possibilità di farsi conoscere/attirare l’attenzione, di essere scoperto da altre editrici più grosse.
Mi dispiace sempre per i piccoli editori che fanno da talent scout, ma…  Hanno ottimo fiuto letterario, ma non i lauti guadagni che meriterebbero!
Attualmente tra queste case editrici che sono anche talent scout, tra gli altri ci sono la Maestrale di Nuoro e la Mobydick di Faenza capaci di scoprire autori poi pubblicati da Einaudi e da Frassinelli.

D) Cosa deve fare un aspirante scrittore per farsi conoscere?

R) Deve fare il cosiddetto “networking” cioè inserirsi nei circoli dei letterati, farsi recensire, partecipare ad iniziative culturali… Così diventa quasi inevitabile incontrare un mentore o un agente che lo aiuti a pubblicare il primo libro, oppure conoscere un collega già affermato che sia disposto a scrivergli la prefazione o un giornalista disposto a leggere i suoi libri e a recensirli.
D) Cosa non deve mai fare, invece?

R) Non deve aspettarsi troppo né troppo presto. È essenziale dare ascolto all’editor che prepara il manoscritto per la pubblicazione: chi fa l’editing può dare consigli preziosi, che giovano al miglioramento del testo e che possono generalmente contribuire allo sviluppo, alla maturazione dello stile dell’autore.
D) E’ vero che gli italiani leggono meno rispetto agli altri popoli europei?

R) Non conosco i dati di tutti i Paesi europei, ma secondo la statistica ufficiale sembra che gli italiani leggano meno dei tedeschi. Però, frequentando il Salone del Libro di Torino ho l’impressione che la situazione non sia così male come vogliono far sembrare! Comunque mi sembra che i lettori italiani siano molto consapevoli della qualità della letteratura, visto il grande numero di piccolissimi editori che riescono a sopravvivere anche piuttosto bene.
D) Se ritiene che sia vero, crede che sia colpa della scuola, oppure di una politica commerciale che favorisce la vendita dei testi dei soliti autori, che scrivono sempre le solite cose, che la gente compra solo per moda e che alla fine non legge?

R) Non è possibile dare la colpa ad uno di quei fattori: sono convinta che sia un fenomeno generale. Oggi abbiamo l’intrattenimento elettronico – tv, videogiochi e internet –  che si mangiano parte del tempo libero che prima, probabilmente, era dedicato alla lettura.
Comunque la situazione (anche in Germania) è dovuta anche alla parziale uniformazione del mondo letterario. I grandi gruppi incorporano editrici medie che oltre alla loro indipendenza,  prima o poi,  perdono spesso anche il loro profilo individuale. Sono tanti a puntare su certe ricette di successo, a rassomigliarsi sempre di più – sia nel disegno delle copertine che nel programma.
Una responsabilità determinante è delle scuole e dei genitori. Purtroppo – almeno in Germania – le ultime inchieste “PISA” hanno dato un quadro spaventoso.

D) Come fare per avvicinare i bambini alla lettura?

R) La cosa più importante è farli crescere con il libri, cominciando da quando sono piccolissimi, con gli appositi libri illustrati, continuando poi con la lettura ad alta voce delle fiabe. Forse non capiranno proprio tutto, però è provato che così cominciano ad imparare una certa sensibilità linguistica. Quando sono capaci di leggere autonomamente, regalare i bellissimi classici per l’infanzia come Pippi Calzelunghe (la mia prima lettura mai dimenticata), Pinocchio ecc.
I genitori devono far loro capire che un libro dona bellissime ore di divertimento, di fantasia, di passeggiate in altri mondi. Naturalmente gli adulti non devono limitarsi a incitare i figli alla lettura, ma devono esser loro di esempio, leggendo con piacere molti libri.
Sono convinta che sia difficile recuperare una mancata ispirazione alla lettura a causa di genitori che non hanno mai preso in mano un libro. Per questo insisto che siano i “grandi” quelli che per primi si dedicano alla lettura.

Barbara Becheroni

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Un commento su “IL MESTIERE DI AGENTE LETTERARIO Incontro con Juliane Roderer

  • Enzo

    Buongiorno Juliane,
    sono (non saprei come definirmi: scrittore-poeta o imbrattacarte),forse meglio, un trascurato che ha tenuto nel cassetto dagli anni ’80 degli scritti: Poesie e articoli pubblicati su una rivista a tiratura locale. Avendo avuto il malsano stimolo di una eventuale pubblicazione di questi e di evitare di affidarli alla custodia di un file sul mio PC, nel vedere la tua presentazione, fatta dalla Becheroni, non ho resistito alla tentazione di stabilire un primo contatto con quello che potrebbe essere il mio “spirito guida” sul percorso, pieno d’ insidie, che porta alla stampa dell’ “opera”. Opera che, al momento, potrebbe essere solo un eufemismo.
    Ringrazio, per il momento, del tempo che dedicherai a questa richiesta e, certo di una risposta, porgo saluti.
    Marvin.