Breve Storia del Cinema Italiano – 7


A cura di Gordiano Lupi

Vittorio De Sica – Tra neorealismo e commedia erotica
Vittorio De Sica (Sora, 1901 – Parigi, 1974) è un regista e attore italiano talmente immenso che non è facile trattare in sintesi. De Sica comincia con il teatro comico – brillante, si afferma nel cinema come attore amoroso e gira le prime pellicole sentimentali seguendo la lezione di Mario Camerini (Rose scarlatte, 1940; Teresa Venerdì, 1941; Un garibaldino al convento, 1942). Vittorio De Sica incontra lo sceneggiatore Cesare Zavattini e insieme formano un binomio indissolubile che realizza grandi cose nel cinema italiano. Tra le migliori citiamo il melodrammatico I bambini ci guardano (1943), gli indimenticabili capolavori neorealisti Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948), la favola surreale di Miracolo a Milano (1951) e quello stupendo apologo sulla vecchiaia che è Umberto D (1953). Tutti film che non è il caso di analizzare in questa sede ma che sono pietre miliari del cinema italiano. In tono dimesso Stazione Termini (1953), Il tetto (1956), mentre De Sica torna a livelli di grandezza con l’ironico L’oro di Napoli (1954, ispirato ai racconti di Marotta) e con il melodrammatico La ciociara (1960), tratto dal bel romanzo di Alberto Moravia. Tra i suoi lavori memorabili va citato Il giardino dei Finzi Contini (1971), premio Oscar per il miglior film straniero, dal grande romanzo di Giorgio Bassani sulle vicissitudini di una famiglia ebrea a Ferrara e sulle leggi razziali. De Sica lavora molto anche come attore, ma come regista resta prigioniero dei suoi capolavori, perché la critica snobba l’onesto artigianato di pellicole interessanti girate negli anni Sessanta – Settanta. Citiamone alcune: Il giudizio universale (9161), I sequestrati di Altona (1962), Il boom (1963), Ieri, oggi, domani (1963), Matrimonio all’italiana (1964), Caccia alla volpe (1966), Un mondo nuovo (1966), Amanti (1968), I girasoli (1969), Lo chiameremo Andrea (1972), Una breve vacanza (1973) e Il viaggio (1974). Tra le prove da attore è indimenticabile il maresciallo dei carabinieri in Pane, amore e fantasia (1953) di Luigi Comencini, ma anche l’interpretazione da protagonista ne Il generale Della Rovere (1959) di Roberto Rossellini.

Cesare Zavattini

Vittorio De Sica è regista e interprete di significativi film neorealisti, così come Zavattini è l’ideatore di tanti soggetti che hanno come caratteristica comune l’analisi del sentimento. Roberto Rossellini è il regista civile dell’impegno politico che testimonia sofferenza umana e storia quotidiana, Vittorio De Sica è il regista dei sentimenti che utilizza tipi al posto di attori per fare il suo discorso cinematografico. Nel cinema italiano non c’è mai stato un personaggio completo come Vittorio De Sica, inimitabile come attore dotato di eleganza e fascino, ma al tempo stesso molto dotato come regista capace di indagare all’interno dell’animo umano. La porta del cielo (1945) è un primo esempio della sua poetica neorealista, girato a Roma nei sette mesi a cavallo della liberazione e sceneggiato insieme a Zavattini, contiene tutti gli elementi veristi cari al nuovo cinema italiano. De Sica racconta le sofferenze delle famiglie, i lutti personali, i problemi interiori, le disgrazie e i rimorsi di un gruppo di pellegrini diretto a Loreto.

Il cinema di De Sica e Zavattini è fatto di piccoli dettagli per raccontare grandi tragedie familiari. Sciuscià (1946) è uno dei tre film manifesto del neorealismo, insieme a Roma città aperta (1945) e Paisà (1946) di Roberto Rossellini. De Sica racconta la storia di due piccoli lustrascarpe coinvolti in un furto che finiscono in riformatorio, ma soprattutto segue le vicende di uno di loro che frequenta cattive compagnie e si mette su una brutta strada. Un finale tragico conclude un film realistico che si caratterizza per i soliti elementi surreali e fiabeschi che Zavattini inserisce nelle sue storie. In questo film l’idea del pedinamento e della distrazione tipica dei film di Zavattini diventa concreta e la macchina da presa segue la vita quotidiana dei protagonisti. Il regista si concentra sull’amicizia, sui sentimenti che legano i due ragazzi e che si modificano con il succedersi degli eventi. La pellicola viene interpretata da tipi, attori non professionisti che recitano loro stessi, ma il lavoro viene giudicato moralistico e in Italia non riscuote grande successo. Negli Stati Uniti Sciuscià ottiene l’Oscar come miglior film straniero, premio meritato sia per la denuncia di strutture repressive come i riformatori, sia per la rappresentazione dell’infanzia attraverso la tragedia della guerra. Franco Interlenghi è il solo interprete del film che diventerà attore professionista.

Ladri di biciclette (1948) è la storia di un padre di famiglia che trova un impiego come attacchino, ma gli rubano la bicicletta e non sa come fare perché è indispensabile nel suo lavoro. L’uomo decide di rubare una bicicletta allo stadio, ma viene bloccato e aggredito dalla folla, che lo rilascia solo perché impietosita dalle lacrime del figlio. La pellicola deriva dal romanzo di Luigi Bartolini che Cesare Zavattini rielabora in un’opera fondamentale del neorealismo. Ladri di biciclette rappresenta un’analisi lucida e spietata della società italiana del dopoguerra, la vita quotidiana viene pedinata dalla macchina da presa e filmata senza concedere niente allo spettacolo e al superfluo. La miseria e i problemi dell’Italia nel primo dopoguerra vengono fuori in maniera evidente e il regista esprime una pietas da grande narratore nei confronti dei suoi personaggi. Tutti gli attori sono non professionisti, come da buona regola neorealista si tratta di tipi che interpretano la loro vita. La pellicola è un vero trionfo dei sentimenti familiari, un dramma della solitudine che innalza un tema come il furto di una bicicletta al rango di tragedia.

De Sica vince il suo secondo Oscar per il miglior film straniero. Miracolo a Milano (1951) è il terzo capolavoro neorealista della coppia De Sica – Zavattini, pure se in questo film la mano dello sceneggiatore si sente in maniera decisiva e la storia prende una piega fantastica da realismo meraviglioso. La storia è tratta da Totò il buono, romanzo di Zavattini che racconta le vicende di un ragazzino che esce dal riformatorio e va a vivere in un campo di barboni dove un giorno si trova il petrolio. Il proprietario del terreno manda la polizia a scacciare i barboni ma l’inventiva di Totò riesce a trovare una soluzione surreale. Miracolo a Milano segna un punto di rottura con il neorealismo perché abbandona lo scavo psicologico dei personaggi e utilizza elementi fantastici. In questo caso possiamo parlare di realismo allegorico e magico, perché le condizioni dei barboni vengono filmate con precisione dalla macchina da presa. Un elogio della follia dei poveri, ma anche della forza della bontà, che dimostra come la vita naturale può salvare dal potere corruttore della proprietà. Gli elementi fantastici del film sono notevoli: Totò nasce sotto un cavolo, Lolotta ha poteri magici, ma soprattutto nel finale vediamo i barboni volare sopra il Duomo a cavallo delle scope. Qualche critico vede nel finale surreale una metafora del comunismo, ma va oltre le intenzioni di Zavattini e De Sica, interessati soprattutto a esporre il contrasto tra ricchezza e miseria. Palma d’oro a Cannes e premio della critica negli Usa, pure se in Italia scontenta tutti per assurdi motivi politici.
 Umberto D. (1952) è uno straordinario film sulla vecchiaia e sulla solitudine narrato senza eccessi, ma utilizzano la tecnica del pedinamento e la poetica del quotidiano tipica del neorealismo. Umberto Domenico Ferrari è un modesto pensionato che non ce la fa a campare con i pochi soldi dello Stato. Assillato dai debiti, ha troppa dignità per chiedere l’elemosina, quindi decide di suicidarsi gettandosi sotto un treno. Non ci riesce perché il cane scappa e lui istintivamente lo insegue. Zavattini e De Sica ci consegnano un film fondamentale interpretato da un attore non professionista come Carlo Battisti che manda su tutte le furie i benpensanti e persino Giulio Andreotti, poco illuminato ministro dello spettacolo.
L’oro di Napoli (1954) è un film a episodi ambientato a Napoli e tratto dai racconti di Giuseppe Marotta che collabora alla sceneggiatura insieme a Cesare Zavattini e lo stesso De Sica. Il film esce dal solco neorealista perché interpretato da grandi professionisti come Totò, Sophia Loren, Paolo Stoppa, Vittorio De Sica, Eduardo De Filippo, Tina Pica e Silvana Mangano. In ogni caso i bozzetti napoletani non sono mai folclorici ma cercano di rappresentare un credibile spaccato di vita quotidiana.
Il tetto (1956) è neorealismo puro e affronta il problema della casa nella Roma degli anni Cinquanta, ma è un film minore rispetto ai precedenti con molte debolezze strutturali. Una coppia non trova casa e decide di costruirsene una in una notte, perché se riusciranno ad arrivare al tetto prima dell’alba nessuno potrà imporre loro di andarsene. I poveri sono troppo solidali, gli elementi fantastici vengono abbandonati e il realismo sociale più che un merito rappresenta il limite più evidente della pellicola.
La ciociara (1960) torna al tema della Seconda Guerra Mondiale, soprattutto al dramma degli sfollati che cercano riparo dai bombardamenti. Nel film troviamo attori importanti come Sophia Loren, Jean-Paul Belmondo, Eleonora Brown, Raf Vallone, Ave Ninchi Renato Salvatori e Pupella Maggio. Il romanzo di Alberto Moravia viene adattato per il cinema da Cesare Zavattini alternando scene madri e momenti naturalistici. Sophia Loren vince l’Oscar e la Palma d’oro a Cannes per l’interpretazione di una madre disperata, violentata insieme alla giovane figlia da un gruppo di soldati marocchini. Non è più neorealismo in senso stretto, perché il film viene costruito sul divismo della Loren e realizzato come dramma naturalistico  proprio per accontentare un pubblico di oltreoceano.
È impossibile analizzare tutta l’opera di Vittorio De Sica, ma le pellicole indicate rappresentano le cose migliori che la sua genialità ha lasciato al cinema italiano. De Sica resta nella storia del cinema come uno dei più talentuosi interpreti del primo neorealismo, pure se la sua personalità ricca e complessa si adatta a girare commedie leggere (Stazione Termini) e versioni cinematografiche di opere letterarie (Il giardino dei Finzi Contini). Il viaggio (1974), ultimo film da regista, porta sul grande schermo una novella di Pirandello per un melodramma vecchia maniera con molto ralenti e colore locale, interpretato da Sophia Loren e Richard Burton. De Sica resta il regista del sentimento, espresso con amarezza, umorismo, ironia, ma sempre presente in tutte le sue opere. Il sentimento della famiglia e dell’unità familiare è il filo conduttore di tutta la sua poetica cinematografica.
Vittorio De Sica offre alcuni contributi nel campo della protocommedia erotica che in questa sede cerchiamo di analizzare. Prima di tutto segnaliamo l’episodio La riffa contenuto in Boccaccio 70, sceneggiato da Cesare Zavattini, interpretato da Sophia Loren, Luigi Giuliani, Alfio Vita e Valentino Macchi. Sophia Loren è la bella Zoe che si offre come premio in una lotteria clandestina per arrotondare i guadagni della coppia con cui gira per le fiere in un baracchino di tiro a segno. Commedia di costume pensata da Zavattini per ironizzare sul moralismo spicciolo di solerti censori, ma l’episodio girato da De Sica non è dei più riusciti.
Ieri, oggi, domani (1963) è una pellicola di produzione italo – francese che si aggiudica il Premio Oscar come miglior opera straniera e rientra di buon diritto nella protocommedia erotica. Vittorio De Sica suddivide il film in tre episodi, realizzando alcuni realistici ritratti femminili. Adelina è ambientato nei quartieri spagnoli di Napoli ed è interpretato da Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Aldo Giuffré, Silvia Monelli, Agostino Salvietti, Tecla Scarano, Carlo Croccolo e Pasquale Cennamo. Sceneggiatori sono Eduardo De Filippo e Isabella Quarantotti che sembrano adattare per il cinema una commedia napoletana. Sophia Loren è una credibile popolana contrabbandiera di sigarette che evita il carcere ricorrendo a sempre nuove gravidanze. A un certo punto il marito (Mastroianni) è stressato, non ce la fa a tenere il ritmo, si rifugia dalla madre per riposare e deve fare una cura ricostituente. Adelina viene condannata e si porta in galera i due figli più piccoli, ma il marito prima le dedica una serenata, quindi raccoglie i soldi per la cauzione e presenta domanda di grazia. Adelina esce di galera e torna al suo quartiere da trionfatrice. Anna è sceneggiato da Cesare Zavattini, tratto da un racconto di Alberto Moravia (Troppo ricca), interpretato da Sophia Loren, Marcello Mastroianni e Armando Trovajoli. Forse è il segmento meno cinematografico, perché si svolge tutto sulla Rolls Royce di una ricca e annoiata signora milanese (Loren) che vorrebbe tradire il marito con una persona di più modeste condizioni sociali (Mastroianni). La signora guida malissimo un’auto di lusso, tampona, rischia di investire persone, non bada a quel che fa e mostra di disprezzare il denaro che possiede. A un certo punto cede la guida al compagno che per evitare di investire un venditore di fiori finisce fuori strada, distrugge una ruota e il parafango. Le distanza sociali si ricompongono, la donna dà dell’incapace al compagno occasionale e si fa portare a casa da un riccone che transita in Ferrari (Trovajoli). Bella la sequenza che immortala il duomo di Milano, ma è notevole anche la fotografia dei navigli. Mara è ambientato a Roma, per la precisione a Piazza Navona, ma il regista realizza uno stupendo piano sequenza della capitale vista dall’alto. La sceneggiatura è di Cesare Zavattini. Gli interpreti sono Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Tina Pica, Giovanni Ridolfi e Gennaro Di Gregorio. Mara (Loren) è una prostituta d’alto bordo che riceve in casa clienti denarosi e uomini politici importanti sotto il paravento di un mestiere da manicure. Un seminarista (Ridolfi) che vive nella casa vicina si innamora di lei e vorrebbe lasciare i voti, gettando nella disperazione la nonna (Pica) che lo sognava come futuro Papa. Mara parla con la nonna, scatta la complicità femminile, incontra il ragazzo e decide di fare un voto: rinunciare alla sua attività per una settimana, pur di farlo tornare sulla retta via. In questo episodio si ricorda il famoso spogliarello di Sophia Loren a tempo di musica sensuale, la bella attrice napoletana resta in slip e reggiseno, ma per i tempi è una sfida alla censura. Mastroianni che ulula come un lupo alla luna mentre la Loren si denuda con malizia è un’immagine che resta nell’immaginario collettivo. La scena viene replicata con autoironia da Mastroianni e Loren in Pret-à-Porter (1994) di Robert Altman. Grande successo di pubblico per un buon film che anticipa molti temi della commedia erotica, ben interpretato da Marcello Mastroianni in tre ruoli maschili diversi (perfetto il cliente bolognese della prostituta vessato dal padre) e da Sophia Loren in tre caratterizzazioni femminili dove sfoggia bellezza e sensualità.  Ottime le musiche di Armando Trovajoli, ma è notevole pure la fotografia di Rotunno, per il primo film in Techniscope messo a punto per la Technicolor italiana.
Il boom (1963) può avere qualche riferimento alla commedia erotica, ma è soprattutto un Sordi movie, critico nei confronti della società dei consumi e del miracolo italiano. Il film è scritto e sceneggiato da Cesare Zavattini, interpretato da Gianna Maria Canale, Alberto Sordi, Ettore Geri, Elena Nicolai, Federico Giordano, Antonio Mambretti e Maria Grazia Buccella. L’idea surreale è quella di un marito che per garantire alla moglie il livello di vita e la spensieratezza di sempre decide di vendere un occhio per settanta milioni. Zavattini denuncia l’Italia dei soldi facili e del boom economico in maniera grottesca, puntando il dito accusatore su un personaggio meschino come il piccolo borghese impersonato da Sordi. Un bel documento dei tempi, anche se la trama è stiracchiata per un lungometraggio. Parte sexy limitata a qualche ancheggiamento di Maria Grazia Buccella.
Matrimonio all’italiana (1964) è la commedia Filumena Marturano di Eduardo De Filippo adattata per il cinema da Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Renato Castellani e Tonino Guerra. Interpreti: Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Aldo Puglisi, Marilù Tolo e Tecla Scarano. Il film è piacevole, tra le cose migliori del De Sica anni Sessanta, anche se rinuncia alla stessa profondità della commedia e fa guadagnare alla Loren – nei panni della prostituta che si fa sposare dal riccone – una nomination per l’Oscar. Troviamo elementi di commedia sexy nei ripetuti equivoci, nei malintesi, nel personaggio conturbante di Sophia Loren che finge di essere in punto di morte e si fa sposare, quindi tiene il marito nell’ansia di sapere quale dei tre figli sia stirpe del suo sangue.
Un mondo nuovo (1965) è una sorta di reportage sul mondo dei giovani girato all’estero, scritto e sceneggiato da Cesare Zavattini. Interpreti: Nino Castelnuovo, Christine Delaroche, Madeleine Robinson, Pierre Brasseur, Georges Wilson, Isa Miranda, Tanya Lopert e Jeanne Aubert. De Sica affronta il tema dell’aborto, parla di libertà sessuale, racconta il mondo dei giovani alle porte del Sessantotto, descrive i rapporti tra studenti e i problemi di una società multietnica. Stile libero e moderno, quasi da novelle vague per un film sulla contestazione studentesca, sui giovani che accusano i padri di aver fatto promesse inutili e che vorrebbero cambiare tutto. La versione italiana è tagliatissima. Migliore quella inglese.
Caccia alla volpe (1966) è una commedia poco riuscita che merita di essere ricordata soltanto per le grazie di Maria Grazia Buccella, mentre l’episodio Una sera come le altre de Le streghe (Visconti, Bolognini, Pasolini, Rossi, De Sica) è interessante da un punto di vista erotico. Gli interpreti sono Silvana Mangano e Clint Eastwood, la sceneggiatura è di Cesare Zavattini. La trama dà il senso del sexy: una donna trascurata dal marito sogna di far l’amore in uno stadio acclamata dalla folla. Silvana Mangano è protagonista assoluta del film, una sorta di monumento alla sua bravura e bellezza.
Sette volte donna (1967) è una commedia in sette episodi scritta e sceneggiata da Cesare Zavattini che presenta alcuni riferimenti erotici. Interprete femminile di tutti gli episodi è Shirley McLaine che passa da una situazione incredibile all’altra in un film di modesta qualità. Corteo funebre vede Peter Sellers come spalla maschile che fa la corte alla protagonista durante un funerale. Amateur Night presenta Rossano Brazzi come marito percosso da un magnaccia mentre la moglie – che aveva deciso di fare la battona per vendetta – soffre per la sua sorte. Due contro uno presenta come interprete maschile Vittorio Gassman che seduce una hostess in un convegno. La super Simone è interpretato da Robert Morley, Lex Barker ed Elsa Martinelli, oltre alla solita McLaine, per una farsa surreale dove la moglie di uno scrittore è gelosa di un’eroina di carta. Una sera all’opera vede interprete Patrick Wymark in una disputa tra due vestiti uguali. I suicidi con Alan Arkin mostra due amanti che alla fine decidono di non suicidarsi. Neve è il miglior episodio, presenta un cast con Michael Caine, Anita Ekberg e Philippe Noiret, pure se non si solleva dalla mediocrità generale ed è il racconto di una donna che scambia un detective per un corteggiatore. Il film è un festival personale di Shirley McLaine, considerata l’attrice più completa di Hollywood, ma De Sica e Zavattini non sono i suoi autori ideali. Il film è modesto.
Amanti (1968) è un film melodrammatico tratto da una commedia di Brunello Rondi e sceneggiata insieme a Cesare Zavattini, che non ha molti riferimenti con la nostra tematica, se non la storia d’amore tra Marcello Mastroianni e Faye Dunaway. La storia è molto rondiana: una turista americana è innamorata di un italiano ma soffre di un male incurabile e nasconde dietro a un muro di egoismo il fatto che non vuole la sua pietà. L’amore supera ogni barriera, porta a sperare nel futuro e la fa rinunciare a propositi suicidi.
I girasoli (1969),  scritto e sceneggiato da Tonino Guerra e Cesare Zavattini, è un melodra sulla guerra di Russia, interpretato da Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Un soldatro non torna dalla guerra ma non è morto, ha perso la memoria e si è rifatto una vita in Ucraina. La moglie lo attende invano, ma quando scopre la verità si ricostruisce anche lei un’esistenza. Finale drammatico che sancisce l’impossibilità di tornare insieme. Stupenda la scena dei reduci che tornano dalla guerra tra i familiari disperati. Significativa la denuncia degli orrori bellici. Ci occuperemo del film in un post dedicato, perchè il film gode ingiustamente di pessima critica. Le coppie (1970) film a episodi girato da Monicelli, Sordi e De Sica – torna alla tematica erotica, ma Il leone (episodio di De Sica), interpretato da Alberto Sordi e Monica Vitti, gioca la carta del surreale con una coppia di amanti assediata da un leone in una stanza d’albergo.
Lo chiameremo Andrea (1972) è una favola ecologica sulla ricerca della bontà sceneggiata da Zavattini, Benvenuti e De Bernardi. Interpreti principali sono Nino Manfredi e Mariangela Melato, una coppia alla disperata ricerca di un figlio.
Una breve vacanza (1973) è importante come ultima collaborazione tra De Sica e Zavattini, ma il film è una storia  poco originale che indaga la poesia del quotidiano. Florinda Bolkan è un’operaia calabrese emigrata a Milano che deve curarsi la tubercolosi ma soprattutto non riesce a vivere in un modo più umano. Christian De Sica interpreta un giovane in treno.
Il viaggio (1974) è l’ultimo film di De Sica, interpretato da Sophia Loren e Richard Burton. Si tratta di una novella di Pirandello adattata per il cinema da Diego Fabbri, Massimo Franciosa e Luisa Montagnana, ma non è un capolavoro. De Sica non lascia un buon ricordo con un lavoro melodrammatico di basso profilo che racconta la fuga d’amore di una donna ormai vicina alla morte.

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